LIBERTA' DAL CONOSCIUTO
Un'introduzione moderna alla dottrina buddista dell'An-Atman
(di Romano)
IL VELO DI MAYA
Alla luce delle teorie della Fisica del '900, principalmente della Meccanica Quantistica , è ormai certo che quanto percepiamo non è "il" mondo; ma, "un" mondo. Quanto esiste è uno sterminato mare di campi energetici (più modernamente denominate superstringhe), mentre l'essere vivente, composto dagli stessi campi, è una specie di vortice, o bolla, immersa in quel mare.
In tali bolle c'è qualcosa che si amalgama in modo non passiva con l' esterno, dando origine alla percezione, fenomeno che non consiste in una rappresentazione della realtà esterna alla bolla, ma in una sua interpretazione dettata dalle caratteristiche della bolla stessa; come se la bolla, anziché vedere fuori, si rispecchiasse sulle sue pareti.
Il fenomeno è una dei fatti più sperimentati dalla Meccanica Quantistica, dove prende il nome di Riduzione della Funzione d'Onda. Trattasi del mitico velo di Maya, quello che si squarciò davanti al Buddha quando ebbe l' illuminazione e che gli fece esclamare: Finalmente ti ho visto costruttore della casa.
LA BARRIERA DELLA PERCEZIONE
Il meccanismo della percezione (che in termini buddisti equivale alla costruzione della casa) individua, perciò, una specie di barriera della Percezione, al di là della quale vige il Principio di Indeterminazione di Heinsenberg; per cui, avanti-indietro, destra-sinistra, sopra-sotto e perfino prima-dopo sono concetti privi di senso. Colà, cioè oltre la barriera, naufragano, assieme alle nostre possibilità conoscitive, le certezze del nostro mondo quotidiano: tempo, spazio, principio di causa ed effetto.
Gli inequivocabili esperimenti della Meccanica Quantistica, in cui il dopo determina il prima, fanno saltare la logica. In termini filosofici questo sta a dimostrare che la ragione, anziché essere qualcosa di trascendente, risulta essere un semplice, benché potente, strumento di conoscenza, che vale nell'ambito di quel particolare stadio evolutivo di un ramo degli esseri viventi, che è la forma umana.
Negli animali sono presenti altri strumenti conoscitvi, ma la ragione non c' è, così come potrebbe essere sostituita in uno stadio evolutivo superiore dell'uomo. Anche l'uso intensivo della matematica, attuato dalla Meccanica Quantistica, non salva la Ragione. La stessa Matematica, regno della Ragione che permea la Meccanica Quantistica, non ha trovato le regole di funzionamento dell'ignoto, ma quelle dei suoi effetti sul noto; per cui riesce a manovrare il laser, i computer, le telecomunicazioni, la chimica, ma non conosce cosa sono in sé le cose trattate.
IL MOLTEPLICITA' DELLA VITA
Le Scienze Cognitive, la Teoria Generale dei Sistemi e la Matematica della Complessità (quella che studia il Caos e i Frattali), consentono di affermare che la percezione è diversa per le diverse specie viventi, per cui il mondo percepito dalla felce, ovvero la sua interpretazione dell'ignoto, è una cosa ben diversa dal mondo percepito da un batterio, o da un pipistrello.
A loro volta, tali mondi sono ben diversi da quello percepito dall'uomo. La ragione di tale diversità, cioè della soggettività della percezione a livello di specie, è causata dal fatto che nei sistemi complessi, quali sono gli esseri viventi, il rapporto con lo stimolo esterno non è dato dallo stimolo, ma è il risultato della reazione allo stimolo del sistema in base al suo determinismo interno (cioè da come è fatto).
Trattasi di un'interazione, per cui il sistema ha una reazione condizionata dalla sua struttura (o corpo); ma, la reazione consiste, a sua volta, in una modifica di se stesso, cioè della propria struttura per adattarla alla novità dello stimolo. Col tempo, da infinitesime variazioni iniziali, si è giunti ad una quasi infinità varietà e diversità degli esseri viventi, come struttura e, quindi, come percezione. Si noti che l'unità fondamentale che mantiene l'unicità della percezione è la specie più che l'individuo e che il confine tra i tipi di percezione è data dalla possibilità di perpetuare gli adattamenti intervenuti, quindi dalla possibilità di riprodurre se stessi (non è rilevante il modo sessuato o asessuato)
L'UNICITA' DELL'UOMO
Nel Buddismo è essenziale nascere uomini. Secondo le più recenti ricerche delle Scienze Cognitive lo sviluppo e il comportamento degli animali è determinato dalla specie, che memorizza il suo livello evolutivo nel DNA.
Nell'uomo, invece, il DNA ha un ruolo ridotto, perché il comportamento è in gran parte determinato dai lobi cerebrali, dove i collegamenti fra neuroni vengono stabiliti in base alla formazione avuta (trasmessa col linguaggio, specialmente nei primi 12-15 anni di vita) e all'esperienza.
Quei collegamenti sono le sinapsi, i veri agenti che collegialmente determinano la percezione, e sono un milione di miliardi. Per questo, la parte individuale (cioè non determinata dalla specie) nello sviluppo dell' uomo è incomparabilmente più ampia che nell'animale e, sempre a livello individuale, come è stata costruita così può essere destrutturata. E' questo il fondamento biologico della spiritualità, una caratteristica che deriva dal privilegio di possedere una possibilità evolutiva a livello individuale.
IL CONDIZIONAMENTO
Finchè l'individuo non reagisce alla sua formazione è fondamentalmente condizionato come gli animali. Essere governati dal DNA, o da un cervello formatosi nell'infanzia in piatta conformità al gruppo di appartenenza, non sono due cose, poi, tanto diverse. L'unica vera differenza è che dell'una ci si può liberare dell'altra no. Quindi, l'uomo può diventare quello che vuole, l'animale no.
Le sinapsi tra neuroni "sono", non rappresentano soltanto, la formazione ricevuta; più propriamente sono la registrazione del passato, quindi la memoria. Il sistema sinaptico è mantenuto vivo mediante il pensiero (quello che Casteneda chiama "dialogo interno", cioè con se stessi).
Ed è tramite il dialogo interno che agisce sul presente. Di fronte ad un stimolo nuovo le sinapsi reagiscono in base alla loro organizzazione in atto, cioè in base al passato che le ha determinate. Noi, in effetti, parliamo sempre con noi stessi e affrontiamo ogni stimolo nuovo alla luce del passato, attualizzato tramite il pensiero.
Quindi, il rapporto col nuovo non è un qualcosa di vivo, ma un semplice adattamento del vecchio, cioè della propria conformazione. Quindi, come avviene a livello fisico, lo stimolo nuovo non è percepito in sé, ma trasformato in esperienza, che costituisce una interpretazione dello stimolo nell'ambito del vecchio.
LA COSCIENZA
Lo "screaming" (scrematura) è quel fenomeno per cui la percezione raduna più elementi per strutturali in uno solo, cioè in una nuova percezione. Un albero, ad esempio, è un insieme di percezione; ma, noi riusciamo a percepirlo come una cosa sola. A livello psicologico avviene la stessa cosa che con l'albero avveniva a livello visivo: l'insieme dei pensieri, per meglio articolarsi, dà origine ad una nuova struttura, che è la nostra coscienza, il nostro io.
In altri termini il dialogo interno si costruisce un suo interlocutore (alcuni bambini in via provvisoria inventano l'amico immaginario). Quindi, l 'io, o coscienza, non ha una realtà oggettiva, ma è l'insieme dei pensieri. Noi riteniamo che esiste la coscienza, palestra dove i pensieri si muovono, ma che ha una sua esistenza autonoma. Invece la coscienza senza il suo contenuto non esiste.
LA RADICE DELLA SOFFERENZA
La sofferenza deriva direttamente dalla necessità animale di prevenire gli ostacoli (paura) e venire a conoscenza dei danni ricevuti (dolore). Ma, mentre nell'animale la fase si limita alla reazione fisica , in cui l' organismo fornisce la necessaria adrenalina , l'uomo interviene su di essa con l'equivoco della dualità tra pensatore (la coscienza o io) e i pensieri; quindi, viene proiettata nel tempo, ben oltre il momento in cui è attiva l' adrenalina.
Quelle che vengono chiamate angosce, tribolazioni, ecc.. non sono che dialogo interno: se riuscissimo a non parlare con noi stessi potrebbe esistere la sofferenza? Siamo nel cuore della dottrina buddista dell' An-Atman (=inesistenza dell'io).
La cessazione del dolore, punto focale di tutto il Buddismo, passa per di qua.
Chiese un discepolo: "Maestro, se l'io non esiste, chi godrà del Nirvana?"; la risposta: "Nessuno perché finchè c'è un 'chi' non c'è il Nirvana".
LE REGISTRAZIONI INUTILI
La coscienza è quella continuità virtuale che collega passato, presente e futuro: il passato come conoscenza; il presente come adattamento della realtà al passato per poterla ri-conoscere, trasformandola da ignoto a noto; il futuro come speranza come fonte di sicurezza.
Il collegamento col passato è indispensabile per il cervello, perché tale collegamento costituisce la conoscenza, necessaria per vivere. Anche l' animale, che nel suo DNA non ha l'immagine dell'automobile, impara a conoscere che si tratta di una cosa pericolosa.
Il cervello, per pigrizia, si adagia sulla sicurezza, che dà il passato e non riesce più a distinguere tra registrazioni necessarie per vivere e altre non necessarie.
Se il mio passato vede una buca nella strada, in base al suo condizionamento interno sa che ne può derivare un danno e la evita; poi, memorizza quell' esperienza, cioè arricchisce la sua conoscenza e la proietta nel futuro, stando attento a non passare da quella parte della strada.
Ma, questo tipo di registrazione è sempre necessaria? Se uno mi offende è necessario che il cervello registri quella offesa? Non è in gioco la sopravvivenza, ma solo il nostro io, la coscienza, quello che non esiste. E questo se ben osservate dà la stura ad una devastante serie di sofferenze.
LIBERTA' DAL CONOSCIUTO
La fuga dal dolore viene cercata nell'ambito della coscienza, del meccanismo passato-presente-futuro: vengono inventate tutte le droghe psicologiche, si cercano maestri, ideologie.
Se un maestro dà una ricetta spirituale lo si ascolta col conosciuto e lo accettate se è conforme ad esso, poi con quell'insegnamento si programma il futuro.
Ci sono possibilità di salvezza in questo modo?
No perché il meccanismo è lo stesso e la radice del dolore "è il" meccanismo (non "sta nel"); cioè è la coscienza. Bisogna cioè a livello psicologico guardare il fluire del pensiero senza una coscienza che l'osservi. E' inutile cercare di fermare il dialogo interno solo perché è evidente che sta in quello la sofferenza; è necessario invece comprendere "chi" vuol fermare il dialogo interno, comprendere quindi che non è necessario avere un futuro in termini psicologici, che una soluzione alle nostre angosce non c'è.
Perché deve esserci una soluzione? Se si accetta che nessuno può fornire una soluzione perché una soluzione non c'è, se si vede che un futuro non c'è, se si guarda il presente senza il passato, perché è inutile preparare il futuro, allora crollerà l'io, crolleranno i muri della casa, quelli che impediscono di vedere fuori, la luce.
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