Tratto da:
Thich Nhat Hanh IL BUDDHA VIVENTE IL CRISTO VIVENTE
NERI POZZA EDIZIONE TITOLO ORIGINALE LIVING BUDDHA, LIVING CRISTO TRADUZIONE DI FRANCESCO BRUNELLI
*Amare Dio e' amare gli esseri viventi*
Mi piace l'espressione "riposare in Dio". Quando pregate con tutto il vostro cuore, lo Spirito Santo e' in voi e, quando continuate a pregare, lo Spirito Santo continua in voi. Non occorre far null'altro. Fino a quando lo Spirito Santo e' presente, ogni cosa va bene. Riposate in Dio, e Dio operera' in voi. Perche' abbia luogo la trasformazione, dovete soltanto permettere allo Spirito Santo di stare in voi. Lo Spirito Santo e' l'energia di Dio che rifulge all'esterno e mostra la via. Potete avere una visione profonda delle cose, comprendere e amare profondamente.
Se praticato a questo modo, il Padre nostro puo' dare luogo a una vera trasformazione:
"Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volonta', come in cielo cosi' in terra". Un buddhista lo intenderebbe come contatto con la dimensione ultima e comprensione dell'unicita' di dimensione ultima e dimensione storica. E' come l'onda che e' a contatto con l'acqua, che e' la sua stessa natura. Questa comunione elimina la paura, la collera, l'ansia e la bramosia. Il cielo e la terra divengono una cosa sola.
"Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Non indurci in tentazione ma liberaci dal male". Il Padre nostro ci mostra che amare Dio e' amare gli esseri viventi che vediamo e con cui entriamo in contatto nella nostra vita quotidiana. Se possiamo amarli, possiamo amare Dio.
*Vuoto di che cosa?*
La consapevolezza, la capacita' di essere presenti, di testimoniare profondamente cio' che accade nel momento presente, e' l'inizio dell'illuminazione. Lo stesso si puo' asserire dello Spirito Santo. I buddhisti affermano che ognuno possiede il seme della consapevolezza nel piu' profondo strato della sua coscienza, e che la pratica della meditazione aiuta questo seme a manifestarsi. Questo seme della consapevolezza e' la presenza del Buddha in noi, chiamata Buddhata (natura del Buddha), la natura dell'illuminazione. I cristiani affermano che Dio e' nel cuore di ciascuno. Si puo' descrivere lo Spirito Santo come onnipresente nei nostri cuori sotto la forma di un seme. Ogni volta che preghiamo o invochiamo il nome del Signore, quel seme si manifesta come l'energia di Dio. Il Regno di Dio e' in noi come un seme, un chicco di senape. Se non riusciamo ad accettare questo, perche' affermiamo che Dio e' dentro di noi?
Quando il lume e' acceso iniziamo a vedere le cose dentro di noi e intorno a noi piu' profondamente. Secondo gli insegnamenti del buddhismo e' importante avere una visione profonda delle cose e scoprire la loro natura di impermanenza (anitya) e non-se' (anatman). Impermanenza e non-se' non sono negativi. Sono le porte che dischiudono la vera natura della realta'. Non sono le cause della nostra pena. E' la nostra illusione a farci soffrire. Considerando qualcosa che e' impermanente come permanente, trattando qualcosa che e' senza se' come se lo avesse, soffriamo. L'impermanenza equivale al non-se'. Poiche' i fenomeni sono impermanenti, non posseggono una identita' permanente. Non-se' e' anche vacuita'. Vacuita' di che cosa?
Vuoto di un se' permanente. Non-se' significa anche inter-essere. Poiche' ogni cosa e' costituita di ogni altra, nulla puo' essere da solo. Il non-se' e' anche interpenetrazione, perche' ogni cosa contiene ogni altra. Il non-se' e' anche interdipendenza, perche' questo e' costituito da quello: ogni cosa dipende dall'essere di tutte le altre. Questa e' interdipendenza. Nulla puo' essere da se'. Le cose devono inter-essere con le altre. Questo e' il non-se'.
*La natura dell'inter-essere*
La consapevolezza e la concentrazione conducono a una esperienza diretta dell'impermanenza e del non-se', in modo tale che impermanenza e non-se' non sono piu' concetti e immagini, bensi' un'esperienza diretta.
Un monaco zen ha detto: "Prima che iniziassi a praticare, le montagne erano montagne e i fiumi erano fiumi. Nel corso di molti anni di pratica le montagne hanno cessato di essere montagne e i fiumi hanno cessato di essere fiumi. Ora che comprendo esattamente le cose, le montagne sono montagne e i fiumi sono fiumi".
Grazie alla pratica spirituale questo monaco era riuscito a vedere la natura dell'inter-essere. Non era piu' imbrigliato dalle nozioni di se' e non-se'. Alcune persone dicono che la pratica buddhista consiste nel dissolvere il se'. Costoro non comprendono che non esiste alcun se' da dissolvere. Esiste soltanto una nozione di se' da trascendere.
Appena riconoscerete che le montagne sono costituite da fiumi e da ogni altra cosa e che i fiumi sono costituiti da montagne e da ogni altra cosa, sarete sicuri nell'uso delle parole "montagne" e "fiumi". Nella pratica buddhista, cio' che e' essenziale e' rendersi conto della natura dell'inter-essere e trascendere la nozione di se' e tutte le sue costrizioni. Quando si attinge la realta' del non-se', si attinge nello stesso tempo il nirvana, la dimensione ultima dell'essere, e ci si libera dalla paura, dall'attaccamento, dall'illusione e dalla bramosia.
*Il fondamento dell'esperienza*
E' necessario morire al fine di rinascere. Appena si sperimenta l'impermanenza, il non-se' e l'inter-essere, si rinasce. Ma se la pianta non va in letargo in inverno, non puo' rinascere in primavera. Gesu' disse che a meno che non si rinasca bambini, non si puo' entrare nel Regno di Dio. Thomas Merton ha scritto: "L'esperienza vivente dell'amore divino e dello Spirito Santo... e' autentica consapevolezza, secondo la quale si muore e si risorge in Cristo. E' un'esperienza di rinnovamento mistico, una trasformazione interiore completamente generata dall'energia dell'amore misericordioso di Dio, che implica la "morte" dell'ego autocentrico e autosufficiente e la comparsa di un nuovo io liberato, che vive e agisce nello Spirito".
Per un monaco o un laico sarebbe impossibile avere quest'esperienza se non praticasse il riposo in Dio, se prendesse rifugio solo nel lavoro, smarrendovisi. Quale che sia la pratica - psalmodia, lectio, oratio, contemplatio o meditatio -, la presenza reale dello Spirito Santo nell'essere di un individuo e' il fondamento che rende possibile quest'esperienza, anche se affermiamo che l'esperienza e' un dono di Dio.
*Preghiera concreta*
La mente del principiante, la mente dell'amore o la mente dell'illuminazione (bodhicitta) sono assolutamente essenziali per il buddhista praticante. Sono la fonte d'energia che aiuta il monaco a concentrare tutto il proprio essere sulla pratica di meditazione. Il percorso del praticante e' il percorso dell'illuminazione. Qui, illuminazione significa attingere l'assoluto, il nirvana. La pratica quotidiana aiuta a consolidare quella mente e le impedisce di venire erosa. Se la sua mente dell'illuminazione e' forte, il monaco seguira' il sentiero della pratica naturalmente, al pari dell'acqua che scorre in una corrente.
Nel buddhismo questo viene chiamato "vincere la corrente". Qualsiasi cosa il monaco incontri dopo essere penetrato nella corrente diviene l'oggetto della sua meditazione: una nube fluttuante, un cadavere, persino la sua stessa paura. La sua profonda concentrazione lo aiuta a incontrare e penetrare gli oggetti della sua meditazione e a rivelarne la vera natura.
Monaci o laici che praticano rettamente la consapevolezza osservano sempre i Cinque Nobili Precetti, i Cinquantotto Precetti dei Bodhisattva o i Duecentocinquanta Precetti Pratimoksa. Queste linee di condotta sono l'espressione della comprensione e dell'amore del praticante. Non si tratta di regole imposte dall'esterno. Sono le pratiche concrete della consapevolezza che lo aiutano a concentrare tutto il suo essere sugli oggetti della sua meditazione. I precetti (sila) rendono possibile la concentrazione (samadhi) e la concentrazione genera illuminazione (prajna). L'illuminazione e' l'apertura di un varco verso la vera natura della realta'.
Anche l'osservanza dei Dieci Comandamenti nella vita quotidiana e' la pratica concreta della preghiera e della meditazione. La Preghiera del Cuore non e' possibile per colui che non osserva coerentemente i comandamenti. Se non si osserva, per esempio, il comandamento "Non uccidere", come sara' possibile "Amerai il Signore Dio tuo"?
*Abbandono totale*
Nel buddhismo la vera natura delle cose viene chiamata nirodha (cessazione) o nirvana (estinzione). Cessazione e' innanzi tutto la cessazione di tutte le nozioni e illusioni, ed estinzione e' l'estinzione delle nozioni e delle percezioni errate. L'estinzione dell'illusione genera la cessazione della bramosia della collera e della paura, e la manifestazione della pace, della fermezza e della liberta'. Tutte le nozioni che si riferiscono al mondo fenomenico - quali creazione, distruzione, essere, non-essere, uno, molti, venire e andare - vengono trascese. Il piu' grande sollievo che possiamo ottenere e' a nostra disposizione quando attingiamo l'assoluto, il "fondamento dell'essere" di Tillich. Non identifichiamo piu' la durata del nostro corpo con la durata della nostra vita. Non pensiamo piu' che la vita inizi quando nasciamo o cessi quando moriamo, perche' i concetti di nascita e morte sono stati trascesi. La vita non e' piu' confinata nel tempo e nello spazio. In cio' consiste l'abbandono della nozione di "durata di una vita".
Attingere il nirvana, attingere la dimensione ultima, e' una resa totale e incondizionata a Dio. Se sa che il suo fondamento d'essere e' l'acqua, l'onda vince ogni paura e sconforto. Nel momento in cui il monaco s'arrende con l'intero suo essere a Dio quale fondamento dell'essere, tutte le sue paure svaniscono. Ascoltate Thomas Merton: "Nel linguaggio dei padri cenobiti, tutte le preghiere, la lettura, la meditazione e ogni attivita' della vita monastica mirano alla purezza del cuore, a un abbandono totalmente umile e incondizionato a Dio, a una completa accettazione di noi stessi e della nostra situazione in quanto da Lui voluta. Cio' significa la rinuncia a tutte le immagini illusorie di noi stessi, a tutte le valutazioni eccessive delle nostre stesse capacita', al fine di obbedire alla volonta' di Dio quale a noi si presenta".
*Due tipi di causalita'*
Una volta attinto l'assoluto, tutti i concetti sono trascesi: nascita, morte, essere, non essere, prima, dopo, uno, molti ecc. Domande quali "Esiste Dio?" o "Esiste il nirvana?" non hanno piu' fondamento. Dio e nirvana, in quanto concetti, sono stati trascesi. L'esistenza (essere) e la non-esistenza (non-essere) in quanto concetti sono stati pure trascesi. Persino un'unica nozione (Dio/nirvana) basta a ostacolare l'accesso all'assoluto, e dunque perche' aggiungerne un'altra (esistenza/non-esistenza)?
Per colui che ha avuto esperienza di Dio o del nirvana, la domanda "Esiste Dio?" e' un indizio della mancanza di intuizione. Tutte le soteriologie appartengono innanzi tutto alla dimensione storica. Ma quando l'osservazione si fa piu' profonda e viene attinta la dimensione ultima, i concetti di principio e fine sono trascesi.
Secondo il buddhismo esistono due tipi di causalita': la causalita' all'interno della dimensione storica e la causalita' fra la dimensione storica e la dimensione ultima. Quando affermiamo: "Sono nato dai miei genitori e sono stato allevato e nutrito dalla mia famiglia e dalla societa'", parliamo di causalita' entro la dimensione storica. Quando affermiamo: "Le onde nascono dall'acqua", parliamo della causalita', quale relazione fra la dimensione storica e la dimensione ultima.
Quando Gesu' si attribui' l'appellativo di Figlio dell'Uomo, parlava di causalita' in termini di dimensione storica. Quand'Egli si riferiva a Se' stesso quale Figlio di Dio, parlava della relazione fra la dimensione storica e la dimensione ultima. Non possiamo parlare della dimensione ultima nei termini di quella storica. Non possiamo trattare il noumeno, il fondamento ontologico, come un particolare, o un aspetto dei fenomeni. La relazione Padre-Figlio non e' la relazione padre-figlio. Dio non creo' l'universo nel modo in cui un fornaio fa il pane. Samsara e nirvana sono due dimensioni della medesima realta'. Esiste una relazione, ma e' una relazione fenomeni-noumeni, non una relazione fenomeni-fenomeni. I buddhisti ne sono consapevoli. Ecco perche' parlano dell'investigazione separata di noumeni (svabhava) e fenomeni (laksana). Eppure, allo stesso tempo, sono consapevoli che i due regni sono una cosa sola.
Ascoltiamo il "Quicumque vult", una professione di fede che risale al V-VI secolo, in lingua latina.
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Chiunque vuole essere salvo, anzitutto deve ritenere la Fede cattolica, e se non la manterra' integra e pura, senza dubbio perira' in eterno.
La Fede cattolica consiste nel venerare un solo Dio nella Trinita', e la Trinita' nell'unita', non confondendo le persone, ne' separando la sostanza: altra infatti e' la persona del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito Santo; ma una sola e' la divinita', uguale e' la gloria, coeterna e' la maesta' del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Quale il Padre, tale il Figlio, tale lo Spirito Santo: increato il Padre, increato il Figlio, increato lo Spirito Santo... eterno il Padre, eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo.
Cosi' il Padre e' Dio, il Figlio e' Dio, lo Spirito Santo e' Dio; eppure non si hanno tre Dei, ma un solo Dio...
Il Padre non e' stato fatto, ne' creato, ne' generato da alcuno; il Figlio e' dal solo Padre, ne' fatto, ne' creato, ma generato; lo Spirito Santo e' dal Padre e dal Figlio; non fatto, ne' creato, ne' generato, ma procedente...
La Fede retta consiste nel credere e confessare che Nostro Signore Gesu' Cristo, Figlio di Dio, e' insieme Dio e uomo: e' Dio, generato dalla sostanza del Padre prima dei secoli, ed e' uomo, nato dalla sostanza della Madre nel tempo; perfetto Dio e uomo completo, sussistente di anima ragionevole e di carne umana; uguale al Padre secondo la divinita', inferiore al Padre secondo l'umanita'.
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L'intuizione dell'inter-essere, la natura del se', si puo' sperimentare quando si ascolta questa preghiera. La stessa intuizione si pu0o' conseguire anche quando si contemplano i fenomeni: una magnolia, uno scoiattolo o una nuvola.
*Chi non e' unico?*
Nel libro "Varcare la soglia della speranza", Giovanni Paolo II insiste sul fatto che Gesu' e' l'unico Figlio di Dio, "che Cristo e' assolutamente originale, che e' unico e irripetibile. Se fosse soltanto un "saggio" come Socrate, se fosse un "profeta" come Maometto, se fosse un "illuminato" come Buddha, senza dubbio non sarebbe cio' che e'. Ed e' l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini".
Quest'affermazione non sembra riflettere il profondo mistero dell'unita' della Trinita'. Non riflette nemmeno il fatto che Cristo e' anche il Figlio dell'Uomo. Quando pregano Dio, tutti i cristiani si rivolgono a Lui come Padre. Naturalmente Cristo e' unico. Ma chi non e' unico? Socrate, Maometto, il Buddha, voi e io siamo tutti unici. L'idea sottostante, tuttavia, e' la nozione secondo cui il cristianesimo offre l'unica via di salvezza e tutte le altre tradizioni religiose sono inutili. Quest'atteggiamento esclude il dialogo e fomenta l'intolleranza religiosa e la discriminazione. Non e' di alcun giovamento.
*La differenza sta nell'accento*
E' una tendenza naturale dell'uomo quella di personificare qualita' come l'amore, la liberta', la comprensione e anche l'assoluto. Nel buddhismo, la Prajnaparamita- (Perfezione della Saggezza) viene descritta come la Madre di tutti i Buddha, e i buddhisti indiani la rappresentano davvero sotto forma di essere femminile. La dottrina del Buddha, il Dharma, viene anche rappresentata come un corpo, il Dharmakaya.
I buddhisti fanno offerte al Buddha storico in quanto Dharmakaya. Ma sanno che il Dharmakaya non e' una persona nel senso dei cinque aggregati: forma, sensazioni, percezioni, stati mentali e coscienza. E' come la Liberta' che viene rappresentata quale una dea. La Liberta' non e' un corpo costituito dai cinque aggregati. L'assoluto puo' essere rappresentato come una persona, ma l'assoluto non puo' essere soltanto un'unione dei cinque aggregati.
Il vero corpo di Gesu' e' il suo insegnamento. L'unica via per entrare in comunione con Lui e' la pratica del suo insegnamento. L'insegnamento di Gesu' e' il suo corpo vivente, e questo corpo vivente di Cristo si manifesta quando e dove il suo insegnamento viene praticato.
I buddhisti e i cristiani in egual misura, nel dialogo, vogliono riconoscere le somiglianze, nonche' le differenze nelle loro tradizioni. E' bene che un'arancia sia un'arancia e un mango sia un mango. I colori, i profumi e i sapori sono differenti, ma a una visione profonda scopriamo che entrambi sono dei frutti genuini. Osservando ancora piu' in profondita', possiamo vedere i raggi del sole, la pioggia, i minerali e la terra in tutti e due i frutti. Soltanto le loro manifestazioni sono differenti. L'esperienza religiosa e' soprattutto esperienza umana. Se le religioni sono autentiche, contengono gli stessi elementi di stabilita', gioia, pace, comprensione e amore. Le somiglianze sono presenti al pari delle differenze: le differenze sono solamente di accento. In tutti i frutti esistono il glucosio e l'acido, ma le loro quantita' differiscono. Non possiamo affermare che uno soltanto e' un vero frutto e l'altro non lo e'.
*Il dialogo reale porta la tolleranza*
L'assenza di esperienza autentica genera intolleranza e mancanza di comprensione. Di conseguenza, per fiorire, le religioni organizzate devono creare condizioni che siano favorevoli alla vera pratica spirituale e alla vera esperienza. Le pratiche ecumeniche autentiche aiutano le differenti scuole nell'ambito di una tradizione religiosa ad apprendere reciprocamente e a reintegrare gli aspetti migliori della tradizione che possano esser stati intaccati.
Questo e' vero nell'ambito sia del buddhismo sia del cristianesimo. Oggi, in Occidente, sono presenti tutte le scuole di buddhismo, e grazie alle loro vicendevoli interazioni sta prendendo piede l'apprendimento reciproco, e gli elementi che sono stati perduti in una tradizione possono essere rinvigoriti da un'altra.
La chiesa cattolica, la chiesa ortodossa d'Oriente e le chiese protestanti potrebbero fare lo stesso. Ed e' possibile spingersi persino oltre. Le differenti tradizioni religiose possono impegnarsi a dialogare l'una con l'altra in un autentico spirito ecumenico. Il dialogo puo' essere fruttuoso e redditizio se le parti sono veramente aperte. Se davvero credono all'esistenza di elementi preziosi in ciascuna tradizione e alla possibilita' di apprendere reciprocamente, riscopriranno anche molti validi aspetti della propria fede grazie a un tale incontro. La pace sara' un magnifico fiore che sboccera' su questo campo di pratica.
Il dialogo vero ci rende piu' aperti, tolleranti e comprensivi. I buddhisti e i cristiani amano entrambi condividere la loro sapienza e la loro esperienza. Una simile condivisione e' importante e andrebbe incoraggiata. Ma condividere non significa volere che gli altri abbandonino le proprie radici spirituali e abbraccino la vostra fede. Sarebbe una crudelta'. Le persone sono equilibrate e felici soltanto quando sono saldamente radicate nella propria tradizione e cultura. Lo sradicamento le farebbe soffrire. Oggi sono gia' abbastanza gli individui sradicati dalla propria tradizione, e costoro soffrono enormemente, errabondi come fantasmi affamati, alla ricerca di qualcosa con cui soddisfare i propri bisogni spirituali. Dobbiamo aiutarli a ritornare alla loro tradizione.
Ogni tradizione religiosa deve istituire un dialogo innanzi tutto con il suo popolo, in special modo con quei giovani che sono smarriti e alienati. Durante gli ultimi quindici anni, mentre condividevo il Dharma del Buddha in Occidente, spronavo sempre i miei amici occidentali a ritornare alla propria tradizione e a riscoprire i valori in essa presenti, quei valori che prima non erano riusciti a incontrare. La pratica della meditazione buddhista puo' aiutarli in questo compito, e per molti i risultati sono stati positivi. Il buddhismo e' costituito di elementi non buddhisti. Il buddhismo non ha un se' separato. Se siete cristiani sinceramente felici, siete anche buddhisti. E viceversa.
Noi vietnamiti abbiamo appreso queste lezioni dalle nostre stesse sofferenze. Quando i missionari cristiani vennero in Vietnam, diversi secoli or sono, ci spronarono ad abbandonare il culto degli antenati e la nostra tradizione buddhista. In seguito, quando ci offrirono di aiutarci nei campi di rifugiati in Thailandia e a Hong Kong, ci incitarono anche ad abbandonare le nostre radici.
La buona volonta' di aiutarci e salvarci era presente, ma non c'era una retta comprensione. Le persone non possono essere felici se sono prive di radici. Possiamo arricchire vicendevolmente la nostra vita spirituale, ma non c'e' alcun bisogno di estraniare uomini e donne dai loro antenati e dai loro valori. Questa situazione richiede maggiore comprensione. Le autorita' della chiesa devono adoperarsi per comprendere la sofferenza del proprio popolo. La mancanza di comprensione genera la mancanza di tolleranza e di autentico amore, che si risolve nell'estraniazione del popolo dalla chiesa. L'autentica comprensione deriva dalla pratica autentica. Comprensione e amore sono valori che trascendono tutti i dogmi.
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