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SCHEDA ARTICOLO N. «00310»

CLASSIFICAZIONE: 5
TIPOLOGIA: AFFINE
AUTORE: ANNA CONDEMI
TITOLO: PERDERE... SENZA PERDERSI
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TESTO ARTICOLO



(di Anna Condemi)

Perdite e distacchi sono esperienze comuni, fanno parte della nostra vita e
fanno male, al punto che spesso reagiamo un po'... come le lucertole: se una
parte soffre, la tagliamo via. Distaccandoci da noi stessi e dagli altri. Ma
esiste un altro modo.

Quale esistenza non vive piccole e grandi perdite, piccoli e grandi
distacchi? Da persone amate, da oggetti cari, dal proprio lavoro, ma anche
dal paese di nascita, dalla casa a cui eravamo affezionati... sono eventi
abbastanza comuni. E c'è di più: il distacco non è solo perdere qualcuno o
qualcosa, è anche perdere un proprio modo di essere. L'esperienza del
crescere, ma anche quella d'invecchiare: il corpo che si trasforma... non è
forse un distacco da un modo d'essere, da un'immagine di sé?

Sono emozioni ed esperienze comuni a tutti noi che ci riportano al più vasto
tema del cambiamento, della trasformazione che è poi il tema della vita:
luoghi, relazioni, rapporti, ruoli sociali mutano, come cambiamo noi stessi
insieme al nostro corpo e al nostro modo di pensare, di percepire, di
sentire. La vita è tutta sostanzialmente un processo di cambiamento, un
percorso del divenire, un aggiustamento consapevole di come siamo fatti:
creare armonia dentro di sé, sintesi nella definizione di Roberto Assagioli,
psichiatra e fondatore della psicosintesi. E questo cambiamento comporta
tanto la speranza della trasformazione quanto il timore della perdita.

Dobbiamo allora evitare i distacchi? Impossibile. Neutralizzarli in modo da
anestetizzarci e non sentire più nulla, né nell'animo né nel corpo? Oppure
ancora cristallizzarci, immobilizzarci nella sofferenza, solo per il fatto
che la continuità, persino se dolorosa, ci dà un senso d'identità?

La psicosintesi propone esattamente il contrario: nessuna anestesia, nessuna
chiusura ai sentimenti, tanto meno a quelli pesanti. Queste emozioni
purtroppo non sono rare, ma sono emozioni da condividere: solo così, pur
essendo dolorose, non sono distruttive. Non è il dolore che ci distrugge
dentro, ma l'isolamento, la chiusura.

Il dolore allora si può, si deve condividere e prima di tutto con noi
stessi: come? Semplicemente permettendoci di provarlo. Fermiamoci,
concediamoci tempo, lasciamolo parlare questo nostro dolore... e se le
parole si esprimeranno in pianto, ascoltiamolo ma facciamolo con affetto:
questo di oggi forse richiamerà lacrime più antiche che non ci eravamo
permessi di provare, alle quali non avevamo concesso sfogo, espressione
perché non potevamo concedercela. "Simile a pianta che non ha più fiori,
ormai tronco, posso contorcermi. Salice piangente." E' il sentimento
doloroso di una poetessa giapponese del '600, scritto dopo la scomparsa di
tutti i suoi familiari... ma lei ha potuto permetterselo, ha potuto
contorcersi, sostare nel suo dolore! Il dolore espresso, anche poeticamente,
non distrugge, non lacera.

Scrivere, parlare, raccontare... raccontarsi agli altri: a qualcuno che ci
ascolti, che ci stringa una mano, che ci accompagni nella sofferenza, che
condivida i nostri sentimenti. E' la chiusura, il non parlare a scavare un
abisso tra sé e se stessi, tra sé e l'Altro, per il credente tra sé e Dio o
qualsiasi forma di trascendenza. Parlare, al contrario, fa rientrare nel
relativo. E quello che era un dolore assoluto, che c'invadeva totalmente,
diventa relativo proprio perché, raccontandoci all'Altro, entrando in
relazione scopriamo che accanto all'emozione dolorosa c'è il conforto, la
simpatia, la tenerezza, l'empatia, la comprensione, la commozione. E con la
commozione riemerge il ricordo delle persone amate, dei momenti belli.
L'animo si solleva, si eleva.

Per Assagioli come per Buber noi siamo esseri di relazione, non siamo esseri
soli: non esiste l'io se non esiste il tu. Solo se siamo in relazione siamo
noi stessi, siamo sulla strada dell'essere umano, siamo nella direzione del
cuore: quell'intenzione profonda, quella consapevolezza nel vivere per cui
ogni azione, ogni gesto, ogni incontro, ogni cosa che ci circonda racchiude
e imprigiona in sé preziose scintille che noi siamo in grado di liberare.

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