L'aspetto devozionale ha impedito a molti aspiranti di raggiungere obbiettivi apprezzabile sulla via iniziatica.
Molte testi che vengono commercializzati e trasmessi non sono opera di Maestri ma sono frutto della devozione di un Discepolo.
Ma da un Maestro la devozione non è considerata un pregio. Sappiamo quanta confusione e danno ha causato l'eccesso di zelo. Si pensi alla devozione di Giuda, che ha indicato il proprio Maestro ai sacerdoti del sinedrio, non per tradirlo, ma perché lo amava e gli credeva in forma scriteriata. Per questo voleva che reagisse all'oppressione teocratica collusa con l'imperialismo di Roma.
Giuda era uno zelota, guerriero e ribelle, e voleva che il Figlio di Dio a "facesse qualcosa" , un gesto rivoluzionario o qualcosa del genere: ma sappiamo come finì.
Gli aspiranti discutono spesso d'amore e rinuncia e sacrificio. Ma spesso non sono educati a riconoscerne i significati, che appartengono al mondo materiale ma non a quello concreto.
Vedo di spiegarmi.
Per esempio, alla domanda: "... forse per sacrificio e rinuncia si intende qualcosa di diverso dal dover abbandonare i propri cari, lasciare tutti i propri averi etc.?" risponderei che, spostando il ragionamento dal piano concreto su quello delle idee, si comprenderebbe che il significato esoterico di "rinuncia" è diverso da quello di dover lasciare il proprio lavoro, il televisore, gli amici, il fidanzatino o fidanzatina.
La rinuncia in realtà è il distacco, è rompere la dipendenza con le idee materiali, non con oggetti o concetti utili.
Rompere la dipendenza con l'effimero è una questione mentale. E non essere più coinvolti emotivamente nel "pos-sesso" di cose materiali non significa rinunciare al loro uso, compassato, utile e necessario.
Essenzialità non significa punizione né masochismo tecnologico. L'essenzialità (la grande sintesi dell'Iniziato) , nell'ignoranza delle regole iniziatiche, è stata spesso confusa con la povertà. Ma essenzialità e povertà sono concetti appartenenti a due piani diversi.
L'essenzialità è frutto di un livello intellettuale al confine con quello spirituale. La povertà, invece, è un concetto materialista, sinonimo d'indigenza e sofferenza, ma non di arricchimento spirituale Allora, confondere la rinuncia col rinunciare alle "cose" utili e necessarie è un'interpretazione "povera" , sì ma d'intelligenza.
La rinuncia è sacrificare a priori (quando non si è ancora consapevoli della propria natura spirituale) i propri presupposti mondani in nome di un ideale più alto, ma sostanzialmente ancora confuso. Rinunciare ad idee, aspettative e significati che ci sono propri "disintegrando" i presupposti su cui si poggiano: i modelli culturali inflitti dalla cultura profana.
La rinuncia ai modelli mondani non è, però, una perdita come parrebbe vista al di qua del guado. Perché, osservata dall'altra parte del guado, il "sacrificio" della propria parte profana comporta l'abbraccio con la "cultura dell'anima", cercando di farsi infondere dalla sua (nostra) intelligenza.
Ed è questo il significato di illuminazione, che non dipende dallo sviluppo delle facoltà raziocinanti in "dotazione" alla personalità fisica ma dall'integrazione tra i diversi "comparti di coscienza" che compongono l'essenza umana, ad ogni livello, attributo e aspetto. Per ottenere questo - primo risultato- ("integrazione", con l'anima naturalmente), è necessario sviluppare la capacità d' "interiorizzarsi", e la visualizzazione è uno strumento indispensabile per "scendere" in se stessi e farvi ordine e luce. E tutto viene facilitato dall'unione con un primo prezioso alleato: l'Ego superiore (quella che sentiamo "nel silenzio" è la sua voce).
I ponti di coscienza che verranno a collegare la personalità all'Ego come lui è collegato all'anima sono l'Antahkarana. Ma la sua edificazione non può avvenire in presenza di una qualsiasi forma d'egocentrismo narcisistico. E l'aspetto devozionale è un aspetto "personale ed egocentrico" con cui, pensando di fare piacere ad un "maestro" (di proprio gradimento??) serve, invece, a fare piacere solo a se stessi.
Il culto materiale (santini, immagini, profumi e talismani) e la devozione personale verso una persona specifica, e non verso l'idea o l'insegnamento che questa persona ha voluto rappresentare, sono gli aspetti di una stessa forma di narcisismo. Una formula materialista, con cui il devoto vorrebbe separare l'IDEA Archetipa (l'Insegnamento o il Maestro) dal contesto sovramondano che gli compete, per portala in basso verso sé e tenersela dappresso tutta per sè.
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