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SCHEDA ARTICOLO N. «00337»

CLASSIFICAZIONE: 3
TIPOLOGIA: YOGA
AUTORE: SWAMI KRIYANANDA
TITOLO: L'ETERNO PRESENTE
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TESTO ARTICOLO

L'eterno presente

(Da 'La promessa dell'immortalità' )

Le esperienze divine sono al di fuori del tempo e dello spazio. La loro
verità, apparentemente distante per lo meno nel tempo, è sempre presente
sotto la superficiale irrequietezza della vita. Paramhansa Yogananda soleva
dire che il tempo è come un film. Può essere mandato avanti o indietro
secondo la volontà di chi lo proietta, il cui senso del tempo è scollegato
dagli episodi del film. Si tratta di una similitudine imprecisa, ovviamente,
così come lo sono tutte le similitudini. Se pensiamo a Dio come
all'operatore
cinematografico, per Lui il tempo non trascorre mentre il film viene
proiettato. In Dio non esiste alcun tempo, solo l'eterno ora. Non esiste
alcuno spazio, solo il qui.

Queste verità possono sembrare astratte, ma assumono un'utilità pratica
quando comprendiamo che, nel cercare Dio, dobbiamo elevarci al di sopra
della coscienza del tempo e dello spazio. Non c'è bisogno di viaggiare qua e
là, di visitare questo santo o quel luogo sacro per realizzare Dio. Se serve
del tempo per conoscerLo, è solo perché viviamo sotto l'ipnosi del tempo. Se
pensiamo che sia importante fare visita a qualche santo, è perché non
vediamo che egli, se è veramente un maestro, è con noi in coscienza già
adesso.

Come disse una santa dell'India moderna in risposta a un invito proveniente
dall'America: «Io sono già lì!».

L'intenzione non è certo quella di denigrare il reale valore del
pellegrinaggio, specialmente ai santi viventi, o la necessità di attendere
pazientemente una risposta divina alle nostre preghiere. Abbiamo toccato
questo punto solo per aiutare i lettori a sollevarsi mentalmente al di sopra
dell'illusione che vi sia qualcosa di nuovo che li aspetta a una qualche
distanza, o nel futuro. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è di soffiare via,
con una combinazione di concentrazione e amore, la nebbia dell'illusione che
racchiude la nostra percezione della realtà. Alle nostre menti, il tempo
sembra semplicemente un fatto concreto; deve quindi passare del tempo
affinché la nostra coscienza possa cambiare.

Tuttavia, nel nostro amore per Dio - e non c'è altro modo per conoscerLo
tranne l'amore - dovremmo ripetere costantemente a noi stessi: «Io Lo
possiedo già!». Non potremo mai, neppure minimamente, essere più vicini a
Lui di quanto lo siamo già adesso. Egli è il nostro stesso Sé.

Così, quando siamo afflitti dai guai e sentiamo che il nostro spirito viene
attratto verso il basso, dovremmo ricordare con fermezza a noi stessi che
questa sofferenza non potrà durare per sempre, sebbene in quel momento possa
sembrare così.

Un uomo, una volta, stava guidando l'auto per andare a sciare. Arrivato al
punto in cui cominciava la neve frenò, senza rendersi conto che i pneumatici
erano lisci.

La macchina fece testa-coda su una lastra di ghiaccio e si scontrò con la
fiancata di un grosso pullman. L'autobus non ebbe neppure un graffio, ma la
macchina fu messa fuori uso per sempre. Intenzionato a continuare la sua
gita sulla neve, l'uomo salì sul pullman. Mentre stava salendo, un
passeggero esclamò con tono di commiserazione: «Che peccato! Ha distrutto la
sua auto!». L'uomo, tuttavia, distaccato di natura, stava osservando
l'incidente
solo come un evento astratto, riguardo al quale avrebbe ovviamente dovuto
fare qualcosa, ma non subito. Sorpreso dall'emozione contenuta
nell'osservazione
di quel passeggero, rispose con un sorriso: «In ogni caso sarei di nuovo
felice tra una settimana. Perché sprecare quel tempo commiserandomi? Sono
felice già adesso!».

La saggezza aiuta a placare le onde del successo e della delusione, della
vittoria e della sconfitta, del piacere e del dolore, che si sollevano e
ricadono incessantemente. Con la saggezza, infatti, giunge il riconoscimento
che ogni reazione è seguita dal suo intrinseco opposto, proprio come la
notte segue il giorno. Quando senti crescere dentro di te il piacere, dì
fermamente a te stesso: «Non durerà. Mi rifiuto di lasciare che la mia
felicità sia condizionata da qualcosa di esterno». Perché essere schiavo
delle circostanze? Allo stesso modo, quando arrivano i dolori, dì a te
stesso: «Questo inconveniente è solo temporaneo. Alla fine lascerà il posto
alla sua soddisfazione opposta».

Questo non significa che bisognerebbe vivere senza gioia, o essere
indifferenti alla sofferenza e alle apparenti ingiustizie della vita. La
gioia, tuttavia, dovrebbe essere rivolta all'interno, verso la sua fonte,
nel Sé. In questo modo, il piacere può nutrire la gioia interiore. Se invece
ci si abbandona al piacere, quel godimento un po' alla volta diminuirà,
perché l'energia che lo sostiene verrà fatta defluire dalla sua fonte. La
felicità è una proiezione, dal nostro intimo, su ciò che crediamo ci darà
piacere. Così come la luce diventa più fioca con la distanza, lo stesso
accade con la gioia, quando è diretta al di fuori del Sé.

Sia la felicità che la sofferenza dovrebbero essere indirizzate all'interno,
non verso l'ego, ma verso la percezione dell'anima. Lì, esse nutrono la
fontana della gioia interiore, ricordandoci quanto siano temporanei tutti
gli stati emozionali. [...]

Quando gli stati opposti di dolore e piacere si risolvono nell'eterno qui e
ora, nell'anima irrompe una gioia oceanica. Sorge allora la comprensione che
la gioia è sempre stata con noi, sottilmente nascosta dietro ogni emozione,
pensiero e azione. Ogni cosa che abbiamo mai cercato, ogni appagamento che
stiamo cercando di raggiungere, è già con noi, nel cuore della nostra
consapevolezza, anche se ai margini di essa non potremo mai trovarlo.

Come possiamo ottenere la perfetta libertà? Soprattutto, dobbiamo meditare
regolarmente, per stabilire un contatto con la supercoscienza. Finché ci
identifichiamo con il nostro limitato stato di veglia attuale, non potremo
mai ritirarci completamente dalla periferia del nostro essere, ma rimarremo
legati ai sensi e al mondo esterno. Il nostro ego deve essere purificato,
fino a quando, osservando il mondo, non gli imporremo più la nostra
consapevolezza egoica. Vedremo allora ogni cosa come una manifestazione
dell'unico,
eterno Sé. [...]

Molti sono i sentieri verso Dio, sebbene il loro numero diminuisca via via
che la mente viaggia verso l'interno. Tutti quei sentieri, alla fine, ci
chiedono di vivere nell'eterno presente. Alcuni ricercatori spirituali
raggiungono questo stato con il processo descritto finora in questo
capitolo, vale a dire, eliminando gradualmente la coscienza di un "lì" e di
un "poi". In India, questa pratica è conosciuta come neti, neti: né questo
né quello.

Così come, pelando una cipolla, la si riduce a un niente, con la graduale
eliminazione del "lì e poi" si scopre l'eterno presente. Il tempo e lo
spazio vengono completamente eliminati. Ciò che rimane è la coscienza
divina.
Esiste un altro modo per raggiungere quello stato senza tempo e senza
spazio: non rimpicciolendo la consapevolezza del proprio ego fino a farla
scomparire (cosa che si ottiene con la pratica dell'eliminazione, neti,
neti), ma espandendola all'infinito. In questo caso, si applica la
descrizione che Paramhansa Yogananda fece della visione divina: «centro
ovunque, nessuna circonferenza».

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