Georges Ivanovič Gurdjieff: Tecniche per la conoscenza di sè
- I principi dell’autoconoscenza impartiti da Gurdjieff poggiano su ipotesi filosofiche sull’uomo, la natura e l’universo, da verificare nell’esperienza, così da trasformare l’uomo stesso e la natura: lo scopo dell’autoconoscenza è infatti quello di “essere”, ovvero staccarsi dal branco e “essere differenti”.
Il presupposto fondamentale è che tutto è energia, la materia è energia, l’uomo è energia.
Come parte dell’universo l’essere umano è un organismo vivente dinamico e non statico, in continua auto-trasformazione Essendoci unità tra tutto ciò che esiste, le leggi che regolano la natura sono le stesse che governano l’uomo.
A differenza di tutte le altre creature naturali, che hanno solo uno sviluppo meccanico, l’uomo ha però la possibilità di uscire dall’automatismo della sua esistenza, con l’unica evoluzione possibile, quella della coscienza. Che possieda la possibilità di farlo, non significa però che sia un processo facile da attuare, soprattutto per l’uomo moderno. Scrive Gurdjieff nel 1915:
“L’essere di un uomo moderno si caratterizza soprattutto per l’assenza di unità in se stesso e per l’assenza della benché minima traccia di quelle proprietà che specialmente ama attribuirsi: la “lucidità di coscienza”, la “volontà libera”, un “Ego permanente” o “lo” e la capacità di fare ( "porre mano al lavoro"). Vi dirò, per quanto stupefacente ciò possa sembrarvi, che la caratteristica principale dell’uomo moderno è il SONNO, e ciò spiega tuffo ciò che gli manca”.
Per risvegliarsi dal sonno l’uomo deve conoscere se stesso così com’è, pura apparenza.
Qual' è il primo passo per vincere le proprie illusioni? Smascherare le tre illusioni più grandi, sulle quali poggiano le apparenti certezze dell’uomo:
1) Quella di essere uno. L’IO non é una realtà unitaria, ma in esso convivono molte personalità, che s’identificano nei diversi ruoli in cui l’uomo si cala.
2) Avere una volontà. Nell’uomo in verità non c’è niente di stabile e permanente
3) Credere di poter fare. L’uomo non fa: tutto accade.
Per scardinare le sue certezze apparenti, l’uomo deve studiare se stesso. Il metodo fondamentale per lo studio di sé è l’osservazione di sé, che si può realizzare in due modi:
1- L’analisi, cioè il tentativo di trovare una risposta al “da che cosa dipende questo? Perché si verifica?”: esso va utilizzato come strumento d’indagine solo quando la conoscenza di sé è già avanzata. All’inizio della ricerca infatti, non avendo ancora compreso le leggi generali dell’essere, l’urgenza di trovare una risposta finisce col restringere il campo della conoscenza, impedendo di fare ulteriori auto-osservazioni e spostando l’asse dell’interesse su fenomeni isolati, non riconducibili a un principio unitario.
2- Il metodo delle constatazioni, che consiste semplicemente nel registrare nella propria mente tutto ciò che si osserva nel momento presente. Perché funzioni, “è necessario cominciare dal principio, cioè osservare se stessi come se non ci si conoscesse affatto, come se non ci fossimo mai osservati prima”. Ma come si fa ad osservare se stessi?
Sintetizzando, quando ci si osserva ci si deve dividere in tre funzioni:
- pensieri
- sentimenti
- sensazioni-movimenti
L’osservazione deve isolarle, mentre di solito vengono attivate in modo confuso. La difficoltà di distinguerle è data dal fatto che spesso in ogni uomo ne prevale una, che diventa dominante nella sua personalità: per es: l’intellettuale, l’emotivo, il concreto, ecc...
Quali sono le cause che determinano la disarmonia tra le tre funzioni generando disagio psicologico e malattia?
Gurdjieff segnala i diversi tipi di comportamento meccanico che ci impediscono di allargare il campo di coscienza:
- per il corpo le tensioni inutili che si creano continuamente.
- per il centro emozionale la tendenza a ripetere esperienze piacevoli del passato e a evitare quelle spiacevoli.
- per il centro intellettuale i pensieri e le parole inutili e la mancanza di attenzione; nonché il rimuginare su pensieri automatici e le fantasie ad occhi aperti.
- le abitudini
Per Gurdjieff ogni disturbo della personalità, fino alla malattia mentale, é riconducibile al cattivo funzionamento delle tre funzioni. Per riarmonizzarlo é indispensabile portare a coscienza ogni attimo che stiamo vivendo. Chiedersi: “Sto vivendo l’attimo? E se non lo sto vivendo, quale inganno mi tiene prigioniero della mente?
Gurdjieff chiama questo processo di osservazione ininterrotta "ricordarsi di se".
Per liberare l’uomo da queste “trappole” e renderlo cosciente dell’illusorietà della sua personalità, Gurdjieff crea una serie di esercizi pratici, volti a far riacquistare a ciascuno il dominio di sé, disidentificandosi dai ruoli che incarna . Per esempio, un buon modo per riuscirci é “chiamarsi in terza persona”, come se si stesse alludendo a un personaggio esterno.
Solo così, con uno sforzo cosciente, l’uomo riesce a svincolarsi dai condizionamenti esterni ed interni e fare il grande salto che lo trasforma in quello che Gurdjieff chiama l”egoista cosciente”, l’unico che per la consapevolezza di sé acquisita può essere d’aiuto a se stesso e agli altri.
Gurdjieff muore a Neuilly, il 29 ottobre 1949
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