Riflessioni di una doratrice
(di PATRIZIA MICOLI)
Riflessioni di una doratrice (dopo giorni di silenzio con tante domande, sfide, sorprese, amore, durante la preparazione di un nuovo quadro composto da parti colorate e parti gessate intarsiate d'oro):
China sull'oro che sto brunendo mi sento stupita di capire come la vita sia uguale a quel pezzo di gesso pazientemente steso (otto-nove volte) e scartavetrato prima di ogni nuova passata così da risultare liscio, senza buchi o pieghe che possano far rompere la foglia d'oro zecchino che ho appena applicato.
Attenta, curiosa del lavoro, dopo aver calcolato il tempo tra la stesura dell'oro e l'inizio della lucidatura, reggo la pietra d'agata mentre le note di un disco mi entrano nel corpo e fanno muovere, quasi in accordo con esse, la mano che lievissima deve portare la luce su quel piccolo pezzo di semplice gesso.
Non forte per non spaccare l'oro, non troppo debolmente perché altrimenti la luce non può uscire, mi adeguo alle forme, felice di ogni sfavillio che riesco a portare fuori e mi accorgo che dorare, vivere, amare sono la stessa cosa: un atto infinito di curiosa, stupita attenzione, fatto di presenza totale in ogni piccolo gesto, senza poter indugiare perché c'è un tempo (come nell'oro che può essere lucidato solo entro alcune ore dall'applicazione) oltre il quale non si può andare, cura preziosa per quell'oro che è il nostro essere, che è l'altro con cui le circostanze della vita ci pongono in relazione.
È una sfida amorosa nel silenzio che parla e risponde, non reagisce aggredito ma curato parla e fiduciosamente si lascia portare alla luce mentre la paura lascia il posto all'abbandono che ti prende se davvero sei attento a ciò che c'è, a quel pezzettino di gesso lumino- so. Sono felice dell'amorosa passione nella quale non perdo e non raggiungo niente ma totalmente vivo, grata di ogni nuovo barlume e se c'è ombra va bene, sarà trasformata in un disegno, in una macchia che può dire qualcosa. Non pensiamo quanta luce può uscire da quel metallo opaco, ci vuole tanta cura, è proporzionale, ma quando è uscita non si oscura più per secoli, si può solo appannare un po', scalfire un po', resta lì nell'adesso infinito.
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