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SCHEDA ARTICOLO N. «00661»

CLASSIFICAZIONE: 5
TIPOLOGIA: AFFINE
AUTORE: ANONIMI
TITOLO: OTTIMISMO E PESSIMISMO: ORIGINI E INFLUENZA SUL BENESSERE
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TESTO ARTICOLO

OTTIMISMO E PESSIMISMO: ORIGINI E INFLUENZA SUL BENESSERE

Non tutte le persone guardano al futuro e alla vita nello stesso modo.
Esistono
ad esempio persone che tendono a guardare la vita con preoccupazione e
ansia,
focalizzando la loro attenzione più sulle difficoltà incontrate o da
affrontare
durante la giornata, piuttosto che sulle gioie da assaporare o sui successi
ottenuti; viceversa, ce ne sono altre che tendono a considerare la vita con
serenità ed entusiasmo e sanno affrontare le difficoltà con spirito
combattivo,
come momenti di opportunità e crescita, più che come insidie e ostacoli
insormontabili.

Queste ultime, in particolare, sanno essere costanti nel perseguire gli
obiettivi, al di là degli ostacoli incontrati e degli errori commessi, e
sono
capaci di puntare più sulla speranza di successo che sulla paura del
fallimento.
In genere qualifichiamo le prime come persone pessimiste, le seconde come
ottimiste.

Nell'ambito della psicologia molte ricerche hanno cercato di capire se e
come
questi due diversi modi di guardare la vita possano avere delle
ripercussioni
sulla salute, il successo nell'ambito lavorativo, e nella vita in genere, e
in
definitiva il benessere psico-fisico delle persone.

I risultati di queste indagini sono spesso sorprendenti. Infatti, svariati
studi
hanno messo in luce come i pessimisti si arrendano più facilmente di fronte
alle
difficoltà, abbiano meno successo nel lavoro, cadano più spesso in
depressione e
si ammalino più facilmente.

Al contrario si è visto come persone ottimiste rendano meglio nello studio,
nel
lavoro e nello sport. Inoltre sembra che gli ottimisti siano più abili nei
test
attitudinali e tendano ad essere scelti più spesso dei pessimisti quando
concorrono a cariche politiche o dirigenziali.

Infine si è rilevato come le persone ottimiste godano di uno stato di salute
eccezionalmente buono: infatti sembra che il loro sistema immunitario sia
più
efficiente per cui si ammalano di meno, invecchiano meglio, in quanto
risentono
meno dei consueti malanni fisici della mezza età, e quindi vivono più a
lungo.

Da quanto si è detto appaiono immediatamente evidenti i vantaggi dell'essere
ottimisti.

Tuttavia, a questo punto, è quasi d'obbligo porsi alcune domande:
innanzitutto,
perché alcune persone sono ottimiste e altre sono pessimiste? E ancora, nel
momento in cui ci si dovesse scoprire pessimisti, dobbiamo ipotizzare di
essere
destinati a rimanerlo tutta la vita o possiamo sperare di poter diventare
ottimisti?

Queste domande sono molto complesse, tuttavia è possibile cercare di dar
loro
una risposta sulla base di quanto Martin Seligman, un autorevole studioso
del
settore, ha messo in luce nel corso dei suoi studi decennali.

Innanzitutto, questo autore sostiene che alla base di queste due modalità di
guardare la vita ci siano due elementi: da un lato la sensazione di poter
esercitare o meno un controllo sugli eventi, dall'altro il modo con cui ci
spieghiamo ciò che ci accade.
In questo senso, le persone che si vivono come impotenti, ossia le persone
convinte che qualsiasi cosa possano fare non servirà per raggiungere quanto
vogliono, saranno con maggiore probabilità più pessimiste delle persone che,
al
contrario, credono di poter modificare circostanze ed eventi così da
raggiungere
obiettivi e successi ipotizzati.

Tuttavia la percezione di sentirsi impotenti o meno, capaci di controllare
ciò
che ci accade o meno, non origina dal nulla, ma si costruisce a seconda del
modo
in cui ciascuno si spiega gli eventi negativi o positivi con cui ha a che
fare
nella vita.

Seligman, a questo proposito, ritiene che ciascuna persona abbia un proprio
stile esplicativo, cioè una propria modalità di interpretare le cause degli
eventi. Tale modalità, a suo avviso, origina dalla visione che ciascuno ha
del
proprio posto nel mondo, dal percepirsi come persona degna di valore e
meritevole oppure indegna e immeritevole. Nel primo caso avremo facilmente a
che
fare con una persona ottimista, nel secondo con una pessimista.

Nello specifico lo stile esplicativo è caratterizzato da tre dimensioni
cruciali: la permanenza, la pervasività e la personalizzazione. Vediamole in
dettaglio:

La permanenza riguarda il tempo e quel modo di spiegarsi gli eventi secondo
cui
le cause dei propri successi o fallimenti perdurano nel tempo e non sono
modificabili.

Da questo punto di vista, le persone pessimiste sono portate a credere con
facilità che la causa dei loro fallimenti sia da ricercarsi in aspetti
negativi
della loro persona o nella mancanza di abilità che non riusciranno mai ad
avere.
A partire da questi presupposti è facile capire come questi individui
giungano
ad arrendersi più facilmente di altri di fronte alle difficoltà.

Al contrario le persone ottimiste, quelle che persistono nel cercare di
raggiungere un obiettivo anche in presenza di errori o fallimenti, sono
quelle
che da un lato, credono di avere abilità e qualità personali che le
porteranno
prima o poi a raggiungere il risultato sperato e che, dall'altro,
identificano
come causa dei loro successi qualità e abilità che appartengono loro.

La pervasività riguarda invece lo spazio. Si tratta in particolare, dello
spiegarsi gli eventi in modo specifico. Ad esempio, alcune persone riescono
a
mettere tra parentesi i loro problemi e ad andare avanti anche quando
subiscono
un'avversità in un campo importante della loro vita, ad esempio il lavoro o
un
legame affettivo. Altre invece tendono a fare di tutto una catastrofe, così
che
quando un aspetto della loro vita fallisce, tutto va in rovina.

Queste ultime, qualificabili come persone pessimiste, tendono a dare
spiegazioni
universali ai loro fallimenti: in tal modo quando sperimentano un insuccesso
in
un'area della loro vita si arrendono anche su ogni altra cosa; viceversa, le
persone ottimiste, quelle che sanno dare spiegazioni specifiche, sebbene
possano
anche diventare impotenti nel campo in cui hanno sperimentato un insuccesso,
sanno comunque mantenersi attive e risolute in altri ambiti della vita.

Anche avere o non avere speranza è connesso a questi due diversi modi di
spiegarsi gli eventi: infatti è più facile riuscire a sperare quando si
trovano
cause temporanee e specifiche alle avversità. Da questo punto di vista,
spiegarsi gli eventi con cause temporanee limita l'impotenza nel tempo e
spiegarsi gli eventi usando cause specifiche limita l'impotenza alla
situazione
d'origine, impedendole così di dilagare in tutti i campi dell'esistenza.

Un ultimo aspetto dello stile esplicativo è quello della personalizzazione.
Da
questo punto di vista, quando si manifestano degli eventi negativi, possiamo
accusare noi stessi o fattori esterni a noi per averli provocati.

Le persone che si autoaccusano quando falliscono hanno come conseguenza una
diminuzione dell'autostima. Pensano di essere senza valore, prive di talento
e
spiacevoli; con più facilità saranno pessimiste. Viceversa le persone che
attribuiscono gli eventi negativi a fattori esterni, a patto che lo facciano
con
cognizione di causa e senza perdere di vista le proprie responsabilità, non
perdono l'autostima e tenderanno ad essere più ottimiste.

In questo senso, mentre la pervasività e la permanenza riguardano le cose
che si
fanno, la personalizzazione riguarda come ci si percepisce.

Come si è visto, a partire da questa prospettiva, le origini dell'ottimismo
e
del pessimismo sono da far risalire ad un particolare modo di interpretare
le
cause degli eventi che ci accadono: in questo senso gli ottimisti da un
lato,
tendono ad interpretare gli insuccessi come occasionali, circoscritti e
impersonali; dall'altro tendono ad interpretare i successi come personali,
cioè
dovuti alle loro qualità, generali e permanenti. I pessimisti fanno
esattamente
l'opposto.

Da questo punto di vista, possiamo anche dire che ottimisti o pessimisti non
si
nasce, ma lo si diventa. In effetti, secondo Seligman, l'ottimismo può
essere
appreso e quindi, con sollievo di tutti i pessimisti, anch'essi possono
sperare
di diventare un giorno ottimisti. a patto che imparino una serie di abilità.
Si
tratta di abilità che consentono alla persona di passare da uno stile
esplicativo pessimista ad uno ottimista attraverso il "dialogare" con se
stessa
quando deve affrontare una sconfitta.

Come è possibile?

Ci sono diverse strategie che possono essere utilizzate. Innanzitutto
occorre
riconoscere che, per spiegarsi un determinato evento negativo, si sta
utilizzando uno stile esplicativo pessimista.

Dopo aver raggiunto tale consapevolezza, è possibile adottare due strategie
per
trattare la credenza o spiegazione pessimista.
La prima è molto semplice: consiste nel distrarsi, nel focalizzare la
propria
attenzione su pensieri diversi da quelli legati alla propria credenza,
cercando
per quanto possibile di interrompere i pensieri negativi. In questo senso
può
essere utile, in presenza di pensieri pessimisti, visualizzare nella propria
mente l'immagine di un grosso STOP rosso che contrasti i pensieri negativi.
La seconda strategia al contrario, sebbene sia un po' più difficile, è
probabilmente più produttiva a lungo termine: consiste nel cercare di
mettere in
discussione le proprie credenze pessimiste.

In questo caso la prima operazione da compiere è quella di prendere le
distanze
dalle credenze qualificandole appunto come "credenze" quindi come assunti
che
possono corrispondere o meno alla realtà.

Per fare un esempio, solo perché si ha paura di non essere adatti ad un
determinato impiego, non è detto che sia effettivamente così.

In questo senso è opportuno innanzitutto, prendere le distanze da questa
credenza, sospendendo il giudizio; in secondo luogo è necessario mettere
tale
credenza in discussione, così da stabilire se essa sia vera o meno. Per fare
ciò
si possono seguire le 4 modalità indicate:

1 Raccogliere prove che dimostrino la fondatezza o meno della credenza.

2 Raccogliere spiegazioni alternative alla credenza. Ad esempio un
insuccesso
può essere spiegato in molti modi, non necessariamente con la credenza
pessimista che abbiamo in mente.

3 Evitare di catastrofizzare. Anche se ci si dovesse accorgere che i fatti
non
sono sempre dalla nostra parte è importante, come si suol dire, "non fare di
tutta l'erba un fascio!" e quindi circoscrivere l'insuccesso o la credenza
ad un
determinato ambito.

4 Imparare dagli errori. In questo senso è importante saper imparare
dall'esperienza e quindi utilizzare gli errori commessi come suggerimenti
che
possano esserci d'aiuto a migliorare la prestazione in futuro.

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