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SCHEDA ARTICOLO N. «00725»

CLASSIFICAZIONE: 5
TIPOLOGIA: AFFINE
AUTORE: FABIO GABRIELLI
TITOLO: COME ACCOSTARSI AL MONDO EMOZIONALE DELL'ALTRO
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TESTO ARTICOLO

Come accostarsi al mondo emozionale dell'altro

(di Fabio Gabrielli)

Il cuore è il viscere più nobile perché porta con sé l'immagine di uno
spazio, di un" dentro" oscuro, segreto e misterioso che, in alcune
occasioni, si apre. M. Zambrano, "Verso un sapere dell'anima"

Le emozioni, pur nel complesso intreccio di elementi cognitivi e
fisiologici, sono stati dell'anima, subitanei fin che vogliamo rispetto ai
sentimenti, ma sempre espressivi della nostra interiorità e che, come tali,
collimano con la vita stessa, ci accompagnano fin dal nostro primo stare al
mondo.

Le emozioni si configurano, dunque, come stati affettivi intensi,
fondamentalmente transitori, ma specchio fedele della nostra parte più
intima e, quindi, più fragile, vulnerabile. Esse emergono dal nostro"
viscere più nobile", il cuore, del quale i segni somatici (il pianto, il
riso, il pallore del volto o il rossore...) sono eloquenti ma parziali
traduzioni esterne di un "dentro" nascosto, segreto, appunto intimo: stiamo
parlando dell' "essenziale" della persona di fronte al quale dobbiamo
accostarci con pudore, reverenza; insomma, con un cuore straordinariamente
leggero.

Il cuore diventa, allora, veramente il centro spirituale della persona,
l'organo da cui germinano le dinamiche relazionali più genuine,
l'espressione più alta di una comprensione umana integrale perché
rispettosa, pudica nell'accostarsi agli altri mondi interiori, consapevole
che lo spazio emotivo è distanza da accorciare con delicatezza e non da
annullare.

Giuseppe Colombero, con indubbia finezza psicologica, afferma che: "Alle
emozioni ci si accosta sempre con rispetto, pulendosi le scarpe e in punta
di piedi; esse rivelano come e quanto la persona sente ciò che narra e che
cosa questo significa per lei. Sono le emozioni che permettono di
comprendere l'esatto valore che il fatto descritto riveste per colui che lo
descrive; esse rivelano in definitiva ciò che per la persona conta e ciò che
non conta, ciò che la fa godere e ciò che la fa soffrire, i valori e i non
valori che essa assegna alla sua vita".

Se le emozioni germinano dal cuore, dalla sua parte più segreta e se il
termine segreto significa originariamente "cosa separata", quindi nascosta,
preziosa, il pudore si configura, allora, come vero luogo dell'ascolto del
mondo emozionale dell'altro.

Pudore, infatti, è parola eticamente "sacrale", che rinvia ad una
sospensione della parola di fronte all'emozione dell'altro, a un rispetto
temporale, a una dilazione del nostro intervento, sia pure per consolare o
per gioire insieme con sincerità; sovente, infatti, il nostro intervento è
precipitoso, maldestro, rischia di affogare lo stato emotivo dell'altro
nella nostra stessa ansia di compartecipazione, senza frapporre la "distanza
giusta".

Ecco cosa dice ancora Colombero: "L'empatia è proprio la capacità di
"sentire con" ponendosi alla "distanza giusta": la distanza giusta è quella
di chi compartecipa senza lasciarsi ingorgare e sommergere dalla emotività
altrui, con il risultato di affondare entrambi".

È qui che entra in gioco l'attenzione, intesa come impercettibile movimento
del cuore che sa arrestarsi con pudore di fronte alle terre segrete, intime
delle emozioni dell'altro; come dice Simone Weil l'attenzione è "uno sforzo
negativo", un trattenerci con rispetto, letteralmente "un guardare
indietro", un riguardare l'emozione che mi è comunicata stando in semplice
ascolto delle sue vibrazioni più segrete, senza pretendere di esaurirla con
la mia comprensione concettuale o emozionale.

Pudore e attenzione divengono, allora, i luoghi autentici dove le diverse
emozioni e i diversi sentimenti possono solo sfiorarsi, rispettando, quasi
con una tensione mistica, quelle zone del "non detto" che l'anima vuole
custodire nel suo fondo per conservarne intatta la purezza e
l'irriducibilità.

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