Vivere di fretta
(di Francesco Aleo)
Oggi bisogna seguire ritmi quotidiani frenetici. La giornata tipo di ognuno di noi è colma di cose da fare: dagli appuntamenti di lavoro agli impegni personali. Da dove deriva questa fretta? Esiste un antidoto?
Sono gli stili di vita della società contemporanea a imporre ritmi pressanti o l'origine della fretta è nella natura umana?
Oggi, per non essere emarginati, esiste il tacito obbligo sociale di essere all'avanguardia e competitivi. Questo causa un'inspiegabile paura di perdere tempo che rende difficile godersi l'attesa oppure rallentare il ritmo. Perfino il relax - il cosiddetto tempo libero - viene messo in agenda e spesso anche la vacanza diventa un calendario intenso, con il dovere inconsapevole di divertirsi o di conoscere, e vedere, il più possibile.
Nel Seicento, il filosofo francese Blaise Pascal scriveva: "Quando mi sono messo talvolta a considerare le diverse agitazioni degli esseri umani e i pericoli e le pene a cui si espongono, alla Corte, in guerra, da cui nascono tante liti, tante passioni, imprese ardite e spesso malvagie, ho scoperto che tutta l'infelicità degli esseri umani deriva da una sola cosa e cioè non saper restarsene tranquilli in una stanza...".
Se l'origine della fretta è nella natura umana, può darsi che l'attuale situazione si sia incancrenita con il progresso tecnologico, che porta sì vantaggi e comodità, ma è anche maschera che nasconde le antiche paure: la solitudine, la malattia e la morte. Eppure, paradossalmente, proprio nel rifuggire queste realtà, la fretta dello stile di vita contemporaneo le trasforma in rischio ancora più concreto. Come uscire da questo circolo vizioso?
"Abbiamo un bisogno urgente di rallentare, riprendere fiato, di sbarazzarci dell'angoscia di non arrivare a fare tutto quello che si deve fare nell'arco delle ventiquattro ore che fanno la giornata. Nella ricerca della tranquillità, il primo passo è il divorzio dal mito della velocità. Quello va bene per i programmi software e i gran premi di Formula Uno. Noi piccoli uomini, lasciamoci attrarre dal richiamo della lentezza.
Cominciamo a praticare la sosta, le pause lunghe, il passo pigro".
Così recita l'inizio di una recensione a un breve saggio di di Christoph Baker "Ozio, lentezza e nostalgia" (Editrice missionaria italiana, 2001), che affronta un tema che tutti sentiamo, ma che non abbiamo tempo di approfondire (sic!).
Un suggerimento concreto, per cominciare: Provate a camminare nel centro di una città all'ora di punta. Ignorate gli altri attorno a voi e, preso coraggio, cominciate a muovervi lentamente, senza fretta. Adesso alzate gli occhi e guardate...
Siete in un'altra dimensione. La fretta degli altri vi apparirà nella sua insensatezza, mentre voi potrete notare sotto un'altra luce le tante cose che ci circondano.
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