LA VERA LIBERTA'
(di Thich Nhat Hanh)
Nel mio eremo in Francia c'è un cespuglio di japonica, il cotogno giapponese. Di solito fiorisce in primavera, ma un inverno il clima era stato piuttosto tiepido e i boccioli erano venuti fuori prima del solito. Una notte arrivò un'ondata di freddo e portò con sé il gelo. Il giorno dopo, durante la meditazione camminata, notai che tutti i boccioli del cespuglio erano morti; mi venne da pensare: «A capodanno non avremo abbastanza fiori per decorare l'altare del Buddha».
Poche settimane dopo il clima ricominciò a intiepidirsi. Camminando in giardino vidi nuovi boccioli: la japonica manifestava un'altra generazione di fiori. Chiesi loro: «Siete gli stessi fiori che sono morti per il gelo, o siete altri fiori?» I boccioli mi risposero: «Thây, non siamo gli stessi e non siamo altri. Quando le condizioni sono sufficienti ci manifestiamo, quando le condizioni non sono sufficienti torniamo a nasconderci. È così semplice!»
È quello che ci ha insegnato il Buddha: quando le condizioni sono sufficienti le cose si manifestano; quando le condizioni non sono più sufficienti le cose si ritirano in attesa che arrivi il momento giusto per manifestarsi di nuovo.
Prima di darmi alla luce, mia madre era rimasta incinta di un altro bambino ma poi aveva avuto un aborto e lui non era nato. Da piccolo le facevo sempre questa domanda: quello era mio fratello o ero io? Chi era che cercava di manifestarsi, quella volta ? La perdita prematura di un bambino significa che le condizioni non sono sufficienti perché il bimbo si manifesti e che quindi lui ha deciso di ritirarsi, in attesa di condizioni migliori. "È meglio che me ne vada; tornerò presto, carissima". Dobbiamo rispettare il suo volere. Se si vede il mondo da quest'ottica si soffre molto meno. Era mio fratello quello che mia madre aveva perso? O ero io che stavo per arrivare ma invece poi ho detto "No, non è ancora tempo" e mi sono ritirato?
- Divenire nulla -
La nostra paura più grande è che quando moriremo "diventeremo nulla". Molti di noi sono convinti che l'esistenza, nel suo insieme, sia solo il periodo di vita che inizia al momento della nascita o del concepimento e finisce al momento della morte. Siamo convinti di essere nati dal nulla e che quando morremo torneremo nel nulla; quindi siamo pieni di paura di questo annichilimento.
Il Buddha concepisce l'esistenza in un modo molto diverso: ritiene che la vita e la morte siano concetti, non qualcosa di reale. Il fatto di pensare che siano reali le rende illusioni molto potenti, che ci fanno soffrire. Il Buddha ha insegnato che non c'è nascita, non c'è morte; non c'è venire, non c'è andare; non c'è lo stesso, non c'è altro e diverso; non c'è un sé permanente e non c'è annichilimento: siamo noi a credere che ci siano. Capire che non possiamo essere distrutti ci libera dalla paura. È un grande sollievo: possiamo goderci la vita ed apprezzarla in un modo nuovo.
- Trovare una persona cara perduta -
Succede lo stesso quando perdiamo una persona che amiamo. Quando le condizioni non sono più adeguate a sostenerne la vita, la persona si ritira. Io ho sofferto molto alla morte di mia madre. A sette, otto anni ci è difficile pensare che un giorno perderemo nostra madre; poi cresciamo e finiamo tutti per perderla. Se sai come praticare, quando arriverà il tempo della separazione non soffrirai troppo: ti renderai conto molto presto che tua madre è ancora viva dentro di te.
Il giorno della morte di mia madre ho scritto nel diario: «Nella mia vita è accaduta una grave disgrazia». Per più di un anno, dopo la sua morte, ho sofferto molto. Una notte, però, mentre dormivo nella capanna del mio eremo fra le colline del Vietnam, mia madre mi comparve in sogno. Mi sedeva accanto e stavamo facendo una bellissima chiacchierata; lei appariva giovane e splendida, con lunghi capelli sciolti. Era così piacevole starsene seduti lì e parlarle come se non fosse mai morta! Mi svegliai intorno alle due di notte con la sensazione di non avere mai perso mia madre: l'impressione che fosse ancora con me era molto chiara. Allora ho capito che l'idea di averla persa era, appunto, solo un'idea; in quel momento era ovvio: mia madre era ancora viva dentro di me.
Aprii la porta e uscii. Il fianco della collina era bagnato dalla luce della luna. La collina era ricoperta di piantagioni di tè; la mia capanna si trovava dietro il tempio, a metà pendio. Camminavo lentamente, nella luce lunare, attraverso i filari di piante del tè e notavo che la mamma era ancora con me: era la luce della luna, che mi accarezzava come aveva fatto così spesso con quella tenerezza, quella dolcezza... splendido! Ogni volta che i miei piedi toccavano terra sapevo che la mamma era lì con me. Sapevo che questo corpo non era solo mio ma era la prosecuzione vivente di mio padre e mia madre, dei nonni e dei bisnonni, di tutti i miei antenati. Quei piedi che vedevo come i "miei" in realtà erano i "nostri" piedi. Insieme, la mamma ed io stavamo lasciando impronte nel terreno umido.
Da quel momento in poi l'idea di avere perso mia madre svanì nel nulla. Bastava che mi guardassi il palmo della mano, che sentissi una brezza sulla faccia o che guardassi la terra che avevo sotto i piedi per ricordarmi che mia madre era sempre con me, raggiungibile in ogni momento.
Quando si perde una persona cara si soffre; ma se si sa osservare in profondità, si ha la possibilità di rendersi conto che la vera natura di quella persona, in realtà, è la natura della non-nascita e della non-morte. Esiste la manifestazione ed esiste la cessazione della manifestazione affinché sia possibile un'altra manifestazione. Per riconoscere la nuova manifestazione di una data persona devi essere molto attento e molto perspicace, ma con la pratica e con l'impegno ci puoi riuscire.
Prendi per mano qualcuno che conosce la pratica, dunque, e insieme fate una meditazione camminata. Presta attenzione a tutte le foglie, a tutti i fiori, agli uccelli, alle gocce di rugiada; se riesci a fermarti e a osservare in profondità sarai in grado di riconoscere la persona amata che si manifesta ancora e di nuovo in molte forme. Riabbraccerai la gioia di vivere.
- Nulla nasce, nulla muore -
Uno scienziato francese di nome Lavoisier ha dichiarato che nulla si crea e nulla si distrugge. "Nulla nasce, nulla muore". Non praticava come buddhista ma come scienziato, eppure scoprì la stessa verità che aveva scoperto il Buddha.
La nostra vera natura intrinseca è al di là della nascita e della morte. Solo quando entriamo in contatto con la nostra vera natura possiamo trascendere la paura di non essere, la paura dell'annichilimento.
Il Buddha ha detto: una cosa si manifesta quando le condizioni sono sufficienti, e allora diciamo che esiste; quando mancano una o due condizioni, la cosa non si manifesta nello stesso modo, e noi allora diciamo che non esiste. Secondo il Buddha, dunque, è un errore qualificare una cosa come esistente o non esistente: in realtà non c'è qualcosa di simile alla completa esistenza o alla completa inesistenza.
Possiamo rendercene conto facilmente se pensiamo alla radio e alla televisione. Possiamo trovarci in una stanza in cui non c'è né radio né televisione, ma sappiamo tutti che lo spazio nella stanza è pieno di segnali: i segnali di quei programmi riempiono l'aria in ogni angolo. Basta una sola condizione in più, una radio o un televisore, perché appaiano suoni, forme e colori.
Sarebbe sbagliato dire che quei segnali non esistono perché non abbiamo una radio o un televisore per riceverli e renderli manifesti! Sembrano non esistere solo perché le cause e condizioni non sono sufficienti per rendere manifesto questo o quel programma televisivo, e dunque in quel dato momento, in quella data stanza, noi diciamo che i segnali non esistono. Non è corretto dire che qualcosa non esiste solo perché non la percepiamo. È il nostro concetto di essere e non-essere a confonderci le idee; è il nostro concetto di essere e non-essere a farci pensare che qualcosa esista o non esista. Le nozioni di essere e di non-essere non possono venire applicate alla realtà.
- Non sopra, non sotto -
È la stessa cosa con i concetti di "sopra" e "sotto". Anche dire che c'è un sopra è un sotto è sbagliato. Quello che è sotto per noi è sopra per qualcun altro da qualche altra parte.
Noi stiamo qui seduti e diciamo che il sopra è la direzione al di sopra della nostra testa e pensiamo che la direzione opposta sia "sotto". Coloro che siedono in meditazione dall'altra parte della terra non sarebbero d'accordo a dire che quello che noi chiamiamo "sopra" sia davvero il sopra: per loro quello è il sotto. Non stanno certo seduti sulla testa! I concetti di sopra e sotto, dunque, implicano sempre un essere al di sopra di qualcosa o al di sotto di qualcosa; e le idee di sopra e sotto non possono essere applicate alla realtà dell'intero cosmo: sono soltanto concetti che ci aiutano a rapportarci all'ambiente che ci circonda. Sono concetti che ci danno un punto di riferimento, ma non sono reali: la realtà è libera da ogni concetto e idea.
- Prigionieri di un concetto -
Il Buddha ha esposto un'interessante parabola sulle idee e i concetti. Un giovane commerciante tornò a casa e vide che l'abitazione era stata svaligiata e incendiata dai banditi. Davanti ai suoi resti c'era un corpicino carbonizzato; l'uomo pensò che si trattasse di suo figlio piccolo. Non sapeva che suo figlio era ancora vivo, non sapeva che dopo avere incendiato la casa i banditi si erano portati via il bambino. Nello stato di confusione in cui si trovava, il commerciante credeva che il corpo che vedeva lì fosse quello del figlio: piangeva, si batteva il petto e si strappava i capelli dal gran dolore. Più tardi dette inizio alla cerimonia di cremazione.
Quell'uomo aveva adorato il suo bambino, che era la sua ragione di vita: ora ne sentiva così tanto la mancanza da non riuscire a separarsi neanche per un attimo dalle sue ceneri. L'uomo fece una borsa di velluto e vi mise le ceneri del piccolo; e la portava con sé giorno e notte senza mai separarsene, al lavoro come nel riposo. Una notte il bambino riuscì a sfuggire ai i banditi e a raggiungere casa sua, che il padre aveva ricostruito; bussò eccitato alla porta, alle due del mattino. Il padre, che stava piangendo sempre tenendosi accanto la borsa con le ceneri, gridò: "Chi è là?"
"Sono io, sono tuo figlio!" rispose il bambino da fuori.
"Ah, perfido, tu non sei il mio piccolo. Mio figlio è morto tre mesi fa. Ho proprio qui con me le sue ceneri". Il bimbo continuò a bussare piangendo sempre di più. Implorò più e più volte di farlo entrare, ma il padre continuò a rifiutarsi di aprirgli. L'uomo era tenacemente aggrappato all'idea che il suo bambino era morto e che quest'altro bimbo era una persona senza cuore andata da lui per tormentarlo. Alla fine il bambino se ne andò, e il padre perse suo figlio per sempre.
Il Buddha ha detto: se rimanete intrappolati in un'idea e considerate che quella sia "la verità" perdete l'occasione di conoscere la verità. A quel punto anche se arriva la verità in persona e bussa alla vostra porta, vi rifiuterete di aprire la mente. Dunque, se siete vincolati a un'idea sulla realtà o su un'idea sulle condizioni necessarie per la felicità, state attenti! Il primo Addestramento alla Consapevolezza tratta proprio della libertà dalle opinioni:
Consapevoli della sofferenza creata dal fanatismo e dall'intolleranza, siamo determinati a non vincolarci e a non idolatrare alcuna dottrina, teoria o ideologia, nemmeno quelle buddhiste. Gli insegnamenti buddhisti sono mezzi che ci guidano, aiutandoci ad imparare a osservare in profondità e a sviluppare la nostra comprensione e compassione. Non sono dottrine per cui combattere, uccidere o morire.
Questa pratica intende liberarci dalla tendenza a essere dogmatici. Il nostro mondo soffre molto a causa del dogmatismo. Il primo Addestramento alla Consapevolezza è importante perché ci aiuta a rimanere persone libere. La libertà è, sopra ogni altra cosa, libertà dai nostri concetti e dalle nostre nozioni: se restiamo prigionieri di concetti e nozioni possiamo far soffrire noi stessi e anche coloro che amiamo.
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