Sanscrito, una chiave per l'India (di Giulio Geymonat)
Il patrimonio culturale dell'India Classica è scritto in sanscrito, lingua sacra strutturata tra il VII e il II secolo a.C, il cui studio, anche oggi, rappresenta una via di accesso privilegiata alla civiltà indiana classica. Il sanscrito, lingua sacra e culturale dell'India Classica, è stato utilizzato per quasi due millenni come veicolo principale di trasmissione del sapere di un'intera civiltà. Ovunque rivolgiamo la nostra attenzione nell'ambito del vastissimo patrimonio culturale dell'India Classica troviamo testi scritti in sanscrito: i testi dello yoga, quelli medici (e scientifici in generale), l'epica, i testi filosofici e religiosi, i trattati di ritualistica, di legge o di argomenti profani, testi lirici e opere di teatro, romanzi, novelle - in pratica testi riguardanti ogni ambito dello scibile umano: tutto ci è giunto scritto in sanscrito. Fu proprio la "messa a punto" del sanscrito classico da parte dei grammatici antico-indiani in un periodo circa fra il VII e il II secolo a.C. che segnò l'inizio della civiltà indiana classica, civiltà che non è identificata tanto da una collocazione geografica o temporale specifica (come per esempio nel caso della Grecia Classica), quanto dall'adesione ad una serie di principi spirituali, estetici, filosofici e culturali, nonché dall'adozione del sanscrito come unica lingua "all'altezza" di trasmettere la conoscenza. Chi "creò" il sanscrito furono i primi grammatici in assoluto nella storia dell'uomo che, con l'intenzione di preservare la perfetta intelligibilità della lingua attestata nei Veda, testi di natura molto varia e stratificati nel tempo (in un periodo che va dal XV al VII secolo a.C.), considerati sacri ed eterni, misero a fuoco concetti come quelli di radice verbale, suffisso e terminazione, e riuscirono a sviscerare i meccanismi di fondo della lingua. La loro analisi fu talmente precisa e approfondita che poté servire da "ossatura" per una lingua "perfetta", cioè estremamente regolare e spiegabile in ogni suo aspetto, e di conseguenza immutabile nel tempo, il sanscrito classico appunto. Affondando le proprie radici nella lingua attestata nei Veda, il sanscrito traspose sul piano umano la perfezione e infallibilità del Vedico, diventando la sola lingua degna di trasmettere il sapere elevato o comunque "ufficiale" dell'India. Importante in questo senso è il cosiddetto fenomeno della "sanscritizzazione" che permise alla cultura ufficiale di appropriarsi di elementi originariamente esterni dandogli una "veste" ufficiale, il sanscrito appunto (fenomeno che contribuisce a spiegare l'estrema varietà, a volte contraddittoria, di questa cultura). Lo studio del sanscrito rappresenta dunque una via di accesso privilegiata e non trascurabile alla civiltà indiana classica, sia perché è l'unico modo per accedere direttamente ai suoi testi (condizione necessaria per verificare la fondatezza di nostre o altrui interpretazioni e intuizioni), sia perché ci proietta direttamente nel cuore di tale civiltà, essendo il sanscrito parte imprescindibile della forma mentis di tutti i suoi autori e pensatori, ed elemento unificante di una civiltà diffusa su un territorio estremamente vasto e per lo più politicamente disunito (il subcontinente indiano), per un arco di tempo incredibilmente ampio (circa due millenni).
|