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SCHEDA ARTICOLO N. «00971»

CLASSIFICAZIONE: 3
TIPOLOGIA: YOGA
AUTORE: DARIO D'ELIA
TITOLO: L'INDIA VUOLE SALVARE LO YOGA DAI BREVETTI
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TESTO ARTICOLO


(Nota: Sull'argomento della commercializzazione della spiritualità,
leggete questo articolo. E' molto triste vedere che in occidente si fa
vile merce degli insegnamenti più alti che l'umanità abbia mai avuto,
e propone con estrema superficialità delle verità eterne,
trasformandole in ginnastica da palestra o in giochini emotivi
affrontati con infantilismo.)

L'India vuole salvare lo Yoga dai brevetti

L'antica disciplina rischia di finire in mano a squali occidentali:
per evitarlo Nuova Delhi lancia una task force anti-brevetto. Al
centro database e digitalizzazione documentale

Nuova Delhi - L'India ha istituito una task force per proteggere lo
Yoga dai brevetti. Secondo lo U.S. Patent and Trademark Office,
sull'insieme delle tecniche che dovrebbero "consentire il
congiungimento del corpo, della mente e dell'anima con Dio" gravano
negli USA già la bellezza di circa 150 rivendicazioni di copyright,
134 brevetti di accessori e 2315 marchi. Insomma, un'ombra lunga di
proprietà intellettuali che Suketu Mehta, autore di "Maximum City:
Bombay Lost and Found", considera senza senso.

Il suo recente editoriale pubblicato dall'Herald Tribune, ironizza
proprio sul fatto che il popolo indiano non si sia mai reso conto di
stare seduto su un tesoro che ogni anno genera negli Stati Uniti 3
miliardi di dollari. "È incredibile per la maggior parte degli indiani
sapere che qualcuno possa fare così tanti soldi con l'insegnamento di
una conoscenza che non si crede acquistabile o alienabile come le
salsicce", ha sottolineato Metha.

La priorità per il Governo di Nuova Delhi è ora catalogare l'intera
Conoscenza tradizionale, inclusi i rimedi ayurvedici e le centinaia di
posizioni Yoga, per realizzare un documento digitale in cinque lingue
di facile consultazione. In questo modo gli uffici brevetti di tutto
il mondo non rischierebbero di cadere nella trappola dei
"brevettatori" estremi.

"La conoscenza nell'antichità era protetta della Caste e non dagli
ambiti economici o legali. Il temine proprietà intellettuale era un
ossimoro. L'intelletto non poteva essere la proprietà di qualcuno.
Forse è per questo che gli indiani non si sentono obbligati a pagare
per la conoscenza", ha spiegato lo scrittore indiano. "Le copie pirata
del mio libro sono vendute liberamente sulle strate di Bombay a un
quarto del prezzo ufficiale".

Insomma, la copia illegale parrebbe tollerabile ma non
l'appropriazione intellettuale. La saggezza indiana non ha prezzo. E
se si considera che molti farmaci occidentali sono il frutto di rimedi
naturali noti da millenni i conti, forse, non tornano. L'India, fino a
poco tempo fa, era il principale produttore di farmaci low-cost tra i
paesi in via di sviluppo, ma dopo l'adesione alle normative sul
copyright del World Trade Organization questo canale di attività è
stato pressoché interrotto.

"Se la riproduzione delle medicine occidentali è illegale, dovrebbe
essere lo stesso per i tentativi di brevettare lo Yoga. Si tratta di
pirateria intellettuale, in verticale", ha concluso Mehta.

Dario d'Elia

Fonte:
http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1981121
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