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SCHEDA ARTICOLO N. «01001»

CLASSIFICAZIONE: 5
TIPOLOGIA: AFFINE
AUTORE: VARI AUTORI
TITOLO: LE SETTE SOTTO INCHIESTA (MONOGRAFIA LUNGA)
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TESTO ARTICOLO



(lista degli autori, nella bibliografia a fondo pagina)



Flo Conway e Jim Siegelman hanno interrogato persone che avevano fatto parte
di sette e gruppi reli­giosi. Dalle loro risposte è emersa una dura realtà.

... Questa ricerca, condotta su scala nazio­nale tra ex-adepti delle varie
sette, ha messo in luce che molte di queste, nella loro opera di
proselitismo e nei loro rituali, si avvalgono di una nuova forma di
con­trollo mentale, una manipolazione senza precedenti nella storia della
nostra società.
Effettuare un confronto con il lavaggio del cervello sarebbe fuorviante,
poiché tale metodo di condi­zionamento del pen­siero si basa sulla
coercizione fisica come fattore dirompente.

Nelle sette americane, la partecipazione inizia quasi sempre
volontariamente. Dal primo contatto alla conversione e nella vita quotidiana
degli adepti, il controllo non viene esercitato attraverso la coerci­zione
fisica, bensì attraverso un mezzo ancora più potente: l'informazione.

- Strategia dell'alienazione -

Abbiamo studiato per sei anni le tecniche di comunicazione usate da alcuni
santoni delle sette ameri­cane per ottenere il con­trollo mentale delle
persone e abbiamo riscontrato che essi si basano prevalente­mente sull'uso -
e sull'abuso - di informa­zioni: linguaggio ingannevole e distorto,
suggestione studiata ad arte e intense esperienze emozionali, tattiche
alienanti por­tate al limite dello sfinimento fisico e dell'isolamento.

In genere, per arrivare a ciò, le sette svolgono un'intensa opera di
proselitismo con linguaggio imboni­tore: abbacinanti immagini di facili vie
all'estasi e d'incontri personali con Dio, Cristo o altri messia vi­venti
della setta. E quando l'individuo è ormai completamente coinvolto, la
con­versione avviene gene­ralmente nel momen­to di un'intensa esperienza
determinata dalla manipolazione dell'informazione.

All'inizio delle nostre ricerca, abbiamo notato più di venti gravi
alterazioni men­tali, emozionali e fisi­che, conseguenza della vita di
setta. Fra le modificazioni fisiologiche vi sono: elevato aumento o per­dita
di peso, dermatiti esantematiche, eczemi, acne; disfunzioni mestruali nelle
donne, variazioni del tono vocale e dimi­nuzione della crescita della barba
negli uomini. Le pressioni indotte dalla gregarietà portavano anche a sensi
di colpa, fobie, ostilità e crisi depressive, esplosioni di violenza e
tendenze autodistruttive.

Ma gli effetti più inquietanti sono costi­tuiti da turbe della coscienza,
della perce­zione, della memoria e di altre funzioni fondamentali legate
all'elaborazione delle informazioni. Alcuni ex-adepti lamentano
disorientamento fluttuazioni fra stati di coscienza e di obnubilamento,
incubi ricorrenti, allucinazioni e fissazioni; espe­rienze di fenomeni
psichici stupefacenti o snervanti e, assai diffusa fra gli apparte­nenti a
sette note per il loro intenso rituale ripetitivo, un'incapacità a
interrompere i ritmi mentali del salmo­diare, della medita­zione e della
confessione pubblica ...

... Ci si domanda come sia possibile alterare il modo di pensare e di
sentire di una persona con il solo mezzo dell'informazione. Gli studi
condotti nel campo della neurofisio­logia hanno chiarito che, fin dalla
nascita, gli schemi mentali di elaborazione vengono modellati e conservati
da un flusso costante di informazioni. Possiamo andare più in là e affermare
che, a qualsiasi età, è possibile alterare o deteriorare questi stessi
schemi mediante un improvviso bombardamento di informazioni o di esperienze
nuove.

Parlando con alcuni neurofisiologi e specialisti di bio-informatica della
Stan­ford University, Caltech, e dell'University of California, Berkeley,
abbiamo appreso che, in alcuni casi, esperienze nuove e intense possono
innescare una riorganiz­zazione di microstrutture sinaptiche di vecchia
data; in altri, nuovi mo­delli intel­lettuali e psicologici possono superare
o sovrapporsi ai precedenti.

Ma, fin dall'inizio della nostra ricerca, abbiamo osservato uno stretto
rapporto tra la frequenza e la gra­vità degli effetti riscontrati e la
quantità di tempo dedicata alla pratica di riti disgregatori dell'auto­nomia
mentale. Una pratica protratta di queste tecniche sembra imprimersi nella
mente in modo più duraturo. Nelle nostre conversazioni con ex-adepti,
abbiamo sentito parlare di turbe mentali ed emo­zionali che persistevano per
mesi, talora anche per anni, dopo il distacco dalla setta. Testimoni
scon­volti dicevano di aver avvertito un vero e proprio dolore fisico quando
ten­tavano, per la prima volta dopo anni, di prendere decisioni autonome e
razionali; ricordavano periodi d'incapacità a distin­guere fra mondo reale o
esterno e mondo immaginario o interno.

Alcuni ex-adepti affermano di essere diventati incapaci di pensare; di non
essere più sicuri delle pro­prie azioni e di non essere in grado di
ricordare avvenimenti risalenti al periodo di appartenenza alla setta o
precedenti a esso. Una giovane donna che per diversi anni ha fatto parte
della Chiesa della Scientologia si è resa conto che la sua mente aveva
smesso completamente di funzionare. "Ho dormito, La mia mente è rimasta
inerte per quasi se anni e mezzo - ci dice. - La mia personalità ha smesso
di evolversi sia intellettualmente che psicologicamente, non appena ho
incominciato gli esercizi iniziatici. Ero come stordita e ipnotizzata".
I risultati della ricerca

Il nostro studio si è concluso nel 1981 avevamo esaminato oltre 400
ex-appartenenti a 48 diverse sette, incluse le cinque più importanti sette
religiose internazionali, Scientologia, Missione della Luce Divina, La Via,
Chiesa dell'Unificazione Hare Krishna, le sette locali e le sette minori,
quali I Bambini di Dio (o Famiglia dell'Amore), il Grande Faro e seguaci di
guru orientali.

Abbiamo sollecitato 98 risposte precise e 4 risposte pluri-opzionali a
domande che riguardavano ogni fase dell'esperienza pseudomistica:
reclutamento, vita gregaria, de-condizionamento, riabilitazione effetti a
lungo termine.

Le risposte erano assai varie, secondo l'età - dai 15 ai 25 anni (età media:
21 anni - e il periodo di ap­partenenza alla setta - da 3 giorni a 12 anni
(periodo medio: 3 mesi). Erano divise pariteticamente per sesso (51 per
cento uomini, 49 per cento donne), mentre variava ampiamente l'estrazione
religiosa (46 per cento protestanti, 26 per cento cattolici, 21 per cento
israeliti, 7 per cento atei, agnostici o altro).

Dalle risposte alle nostre domande, sulla loro vita quotidiana, emerge una
dura realtà. Per la maggior parte di membri la vita di setta è un moto
perpetuo, un estenuante programma di lavori umili, di rac­colta di fondi e
opera di proselitismo senza sosta, il tutto intrecciato con obblighi rituali
e di devozione. Nella maggior parte delle sette, i rapporti sessuali sono
scarsa­mente importanti. Prevale il celibato (72 per cento), benché un
quarto circa delle persone (24 per cento) riferisca di aver avuto rapporti
eteroses­suali almeno occa­sionalmente.

Lo sfruttamento sessuale a opera dei membri d'alto rango è minimo. Solo il 5
per cento ammette di aver avuto rapporti sessuali coi maggiorenti della
setta. Un'importante eccezione è costituita dai Bam­bini di Dio, alle cui
donne s'im­pone di trasformarsi in pescatrici di uomini e prostitute felici
per Gesù. Il 60 per cento di esse riferisce di aver avuto rapporti sessuali
coi membri d'alto rango.

Le punizioni fisiche, di cui parla circa uno su cinque intervistati,
comprendono digiuni, asservimento fisico, docce e im­mersioni fredde e ore
di fatiche umilianti e degradanti. Un ex-scientologo riferisce: "Fui tenuto
in un 'campo di prigionia' sotto sorveglianza e isolato per quindici mesi.
Per tutto il tempo si cercò di convin­cermi che ero pazzo e malvagio".

Le sette si aspettano però ben altro che contributi spirituali. Il nostro
modesto campione aveva versato oltre I miliardo e ottocento milioni -
risparmi e possedi­menti - al proprio gruppo (donazione media: circa mezzo
milione) e quasi metà degli intervistati era impegnata in campa­gne per la
raccolta di fondi e in lavori esterni che avevano fruttato, nel periodo di
appartenenza, altri 8 miliardi (apporto medio: 1 milione e mezzo).

Senza alcuna eccezione, le attività più vincolanti consistono nelle intense
pratiche quotidiane, rituali o terapeutiche, richieste da ogni setta. I
metodi variano largamente da setta a setta: meditazione per la Missione
della Luce Divina; incentramento sugli insegnamenti del reverendo Moon, per
i suoi seguaci; il rituale delle confessioni per La Via; i regimi di
training e la consulenza pastorale per gli scientologi: il canto dei mantra
per i seguaci di Krishna.

I nostri intervistati riferiscono di aver dedicato da tre a sette ore al
giorno all'assolvimento di uno o più di questi obblighi. Vi erano, inoltre,
quotidiana­mente, i riti di gruppo, comprendenti sedute parapsico­logiche.
psicodrammi, e­laborazione di fantasie e una serie di atti­vità religiose ad
alto coinvolgimento emo­tivo. Inoltre, quasi tutti gli intervistati
riferiscono di aver dedicato 20-30 ore settimanali a confe­renze, seminari,
o allo stu­dio privato della loro dottrina.

L'estenuante programma di attività devote va da 40 a 70 ore settimanali
(tempo medio: 55 ore), tra­scorse in varie pratiche di controllo della
mente. Il risultato può essere catastrofico. Quasi tutti i nostri 400
intervistati riferiscono di aver sofferto di uno o piu degli effetti
negativi a lungo termine da noi catalogati nella nostra ricerca iniziale. In
questa parte del nostro studio avevamo ovviamente escluso quelle persone che
avevano avuto precedenti problemi di salute fisica o mentale.
"Quando lasciai la setta - dice uno degli intervistati - mi sentivo
distrutto, scon­volto e atterrito da tutti e da tutto, soprat­tutto da me
stesso". Un ex-seguace di Moon si sfoga: "Sono furioso. Mi sono rovinato la
salute con anni di denutri­zione, di paura, di sensi di colpa, di ten­sione
nervosa".

Ma, come già è stato sottolineato, è nel campo delle turbe della percezione,
della memoria e delle altre funzioni legate all'elaborazione delle
informazioni che la nostra analisi si fa più rivelatrice. Il 52 per cento
degli intervistati riferisce di periodi di disorientamento o di fluttuazione
fra stati di coscienza e di obnubilamento. Il 40 per cento riferisce di aver
incubi sulla setta. Più di un terzo riferisce di non riu­scire a rompere
ritmi mentali del salmodiare, della meditazione e della confessione
pub­blica. Uno su cinque dice di aver sofferto di allucinazioni e fissazioni
per otto anni dopo il distacco dalla setta.

"Pensare fa male, fa male fisicamente". dice un ex membro della Missione
della Luce Divina. La setta ha limitato le mie facoltà immaginaive e
creative in modo forse irreparabile" dice un altro.

Per molti ex-adepti, uscire da queste sette si è dimostrata la più
tormentosa delle prove. In media, una completa riabilitazione richiede più
di sedici mesi. Più di uno su cinque degli intervistati riferisce di aver
avuto quel periodo cruciale tendenze suicide o autodistruttive. e più di uno
su tre ha dovuto ricor­rere a terapie di sostegno anche nel periodo
successivo.

Questi diffusi resoconti di effetti traumatici starebbero dunque a
dimostrare che le sette provocano turbe informazionali? Di per sé, no. Ma la
nostra ricerca ha messo in luce quello che sembra essere un rapporto
numerico diretto fra le ore settimanali dedicate ai riti e
all'indottrinamento e gli effetti a lungo termine. Inoltre abbiamo
riscontrato un'analoga correlazione fra ore settimanali dedicate ai rituali
e all'in­dottrinamento e tempo di riabilitazione. Detto in parole povere: i
nostri dati sem­brano confermare che il trauma psicologico inferto dalle
sette ai loro membri è direttamente proporzionale al tempo dedi­cato
all'indottrinamento e ai riti di controllo della mente.

Ma vi è un secondo fattore, ancor più sorprendente: in molte sette, dopo il
primo periodo di tre-sei mesi di noviziato, le conseguenze del rituale e
dell'indottrinamento variano di poco, qualunque sia il periodo di permanenza
nel gruppo. In altri termini: la maggior parte del danno sembra verifi­carsi
nei primissimi mesi ...

- Il decondizionamento -

Alcuni dei commenti più appassionati ci vennero in risposta alle nostre
domande sul distacco e sul de­condizionamento. Dall'inizio degli anni '70,
quando si è cominciato ad allontanare a forza, su richiesta delle famiglie,
i giovani che avevano aderito alle varie sette, il decondizionamento è
sempre stato un punto dolente all'interno del dibattito sui diritti civili.
I portavoce delle sette lo condannano come vio­lazione brutale dei diritti
individuali e delle garanzie costituzionali sulla libertà di culto, mentre
gli ex-aderenti l'approvano come intervento provvidenziale che aiuta i
giovani a ritrovare la loro autono­mia mentale.

A propria difesa, gli psicologi che operano il decondizionamento affermano
che l'allontanamento for­zato è solo un mezzo esterno e il processo di
decondizio­namento è una pura e semplice maratona di domande e risposte.

Ai membri vengono fornite informa­zioni sulle pratiche di culto e sui loro
pos­sibili effetti sulla mente; essi sono inoltre incoraggiati a esaminare i
loro dubbi e problemi. Attraverso questo procedimento, quasi tutti i giovani
emergono dal loro stato di trance nel giro di pochi giorni.

La nostra inchiesta ha confermato che il decondizionamento è il primo e
vitale passo sulla via del recu­pero dello stato di indipendenza mentale.
Durante questo processo si passa attraverso tre fasi distinte: anzitutto la
separazione, che, per chi è sotto controllo mentale, può comportare il
distacco forzato dalla setta: poi, il decon­dizionamento vero e proprio;
infine, un più lento processo di riabilitazione, nel quale l'individuo
ricostruisce gradualmen­te le proprie indebolite capacità di pen­siero e
decisionali, nello stesso modo in cui si riallenerebbe un muscolo
atrofizzato.

Più dei due terzi (il 71 per cento) degli intervistati sono stati
decondizionati, ma di essi solo il 40 per cento è stato allontanato a forza.
In genere, quelli che sono stati decondizionati si sono ripresi più
rapi­damente e hanno risentito meno degli altri degli effetti a lungo
termine. I giovani decondizionati hanno richiesto, in media, un periodo di
riabilitazione di dieci mesi più breve (14 mesi anziché 24) e presen­tato,
in media, meno della metà degli effetti a lungo termine.

Non abbiamo trovato prove che suffra­gassero talune affermazioni secondo le
quali il decondiziona­mento avverrebbe in modo violento. Solo il 5 per cento
parla di minacce, di insulti e di maltrattamenti fisici durante la
separazione o il decondizionamento e in 6 di questi casi si trattava di
lesioni autoin­ferte.

Il campo del decondizionamento resta il punto cruciale del dibattito, ma i
respon­sabili della salute pub­blica si sono fermamente rifiutati di
riconoscerlo formal­mente. Malgrado i molti problemi e alcune gravi
deficienze da parte di decondiziona­tori inesperti, questa terapia resta il
solo rimedio ora disponi­bile per molte vittime del controllo mentale.

- SETTE: IDEE E VITA (3) -

E' un fatto elementare, ma spesso di­menticato, che ogni setta ha almeno due
aspetti: un'ideologia e una prassi. Non si possono capire i Testimoni di
Geova, ad esempio, se ci si dimentica che aspettano la fine del mondo.
Questo è l'aspetto "ideologico", con tutta una storia che gli studiosi
possono analizzare.
Chi non conosce direttamente le sette tende a guardare soprattutto le loro
idee. Le sette tendono a pub­blicare molto materiale di propaganda di facile
reperimen­to, che una persona colta può confrontare con altro materiale di
altri gruppi per ricostruire dei filoni culturali o ideologici.

E' insomma un lavoro che si può fare in "casa" senza sforzi eccessivi. Ma
questo approccio ha alcuni limiti.

Spesso ci sono due gruppi con le stesse idee, però con comportamenti
radicalmente diversi. Ad esem­pio, nel­la Società Teosofica e in Nuova
Acro­poli si dicono le stesse identiche cose. Ma nella Società Teosofica ci
si riuni­sce sì e no una volta al mese per una chiacchierata, mentre i
seguaci di Nuo­va Acropoli finiscono sulla cronaca dei giornali per campi
paramilitari, traffico di reperti archeologici e pos­sesso di armi da fuoco.
Si cercherebbe invano una spiegazione in termini di meri "filoni culturali".

Poi, chi appartiene a una setta di so­lito non sa nulla di "filoni
culturali". E' in genere una persona piut­tosto semplice, e per lui le idee
della sua setta non hanno storia: sono una rivelazione personale del
fondatore. Egli ignora che altri gruppi hanno idee simili, e se lo sa, li
considera degli imitatori.

Infine, nessuna setta considera le proprie idee fini a se stesse.
Parafra­sando Marx, il loro scopo non è inter­pretare il mondo, ma
cambiarlo. Il loro ragionamento è semplice. Nel mio gruppo, è possibile
tro­vare la salvezza o la realizzazione, vivendo in un certo modo. Questo
costituisce una espe­rienza. Ma un'esperienza non si può trasmettere: si può
solo fare un po' di "poesia" che ne renda vagamente l'idea, e che attiri la
gente a fare la stessa esperienza. Quindi il materiale pubblico di una setta
è spesso uno specchietto per le allodole.

Appartenere ai Testimoni di Geova non significa solo credere in "Geova":
bisogna esserne anche "Testimoni", cioè vivere in un certo modo. Questo
significa una vita intera fatta di obbedienza ad una organizzazione con sede
a Brooklyn; signi­fica farsi sbattere le porte in faccia, giorno dopo
giorno, mese dopo mese, anno dopo anno; significa che il massimo di
crea­tività ammessa consiste nel leggere pubblicamente discorsi scritti da
sco­nosciuti; significa vivere nel quotidiano terrore del "mondo"; significa
allevare i propri figli a obbedire a mille piccoli divieti, come ad esempio
partecipare alla festa di compleanno di un compa­gno di classe; signi­fica
non andare al cinema, separarsi dai parenti, senza po­ter nemmeno crearsi
una vita alternati­va che soddisfi le esigenze fondamen­tali della vita
umana. Cosa che com­porta un grado altissimo di frustra­zione, che ogni
tanto esplode in atti di violen­za. Studiare la vita quotidiana e
l'organizzazione di una setta è molto più dif­ficile che leggerne i testi
pubblici.

Ogni setta si propone come gruppo perfetto. Ogni setta ha quindi qualcosa di
fondamentale da nascon­dere: il di­vario tra questa presunta perfezione e la
realtà, ed ogni membro della setta è mobilitato per tenere questo segreto.
Un segreto che può consistere sempli­cemente nel fingere di essere felici
quando si e infelici, oppure in reati, o almeno in pratiche che "il mondo
non potrebbe capire": la setta della "Gran­de Madre" non parlerà mai
pubblica­mente del fatto che essa divide le cop­pie, ne "rieduca" i figli in
austere scuole in India e fa risposare i genitori secondo i capricci della
"Madre" stes­sa. Tutte cose che la setta considera "buone", ma che la
società ripudia.

Per una setta, svelare uno di questi "segreti" costituisce un grave delitto:
I'adepto che lo fa diventa un nemico morale del gruppo.

Se un ricercatore viene a conoscenza di uno di questi segreti, può parlarne
o tacere. Se parla, diventa automaticamen­te nemico della setta e si
preclude l'ami­cizia dell'oggetto delle sue ricerche. Se tace, di­venta
complice. A una setta non preoccupa una critica "ideologica", an­che
profonda e seria; preoccupa sola­mente lo svelamento dei suoi segreti.

Alcuni ricercatori, di grande capacità intellettuale, scelgono la via più
como­da: quella di limitarsi a di­scutere con spirito critico le idee di
questi gruppi, ma accettando di tacere della loro realtà organizza­tiva. A
questo punto, questi ri­cercatori corrono il rischio di diventare dei
"testimoni" della stessa, che può di­re: "Vedete, questo grande studioso
cri­tica la nostra ideologia, ma non presta orecchio alle ca­lunnie contro
di noi".

Per arrivare a capire cosa è veramente una setta, bisogna avere molta
pazien­za. Bisogna diffidare di un loro even­tuale rancore, certo, ma
bisogna anche capire che questo rancore ha spesso fondati motivi. Un cane,
tenuto per una vita a guinzaglio corto, può essere un cane furioso; ma la
sua stessa furia è un in­dizio di quello che ha subito.

Bisogna capire che il materiale pubblico delle sette è materiale
propagandistico, e quindi bisogna impa­rare a leggere il materiale interno e
segreto delle sette.

Bisogna notare piccoli particolari - la setta della "Grande Madre", ad
esem­pio, nel suo dépliant dice esplicitamen­te che non ci sono "divise"
nell'orga­nizzazione, ma nelle conferenze si ve­de che tutte le ra­gazze
appartenenti al gruppo portano gonne molto lunghe. Nulla da ridire - ma il
fatto che le por­tino tutte vuol dire che c'è una diretti­va in questo
senso. Lo stesso dépliant dice che i corsi della setta sono gratui­ti, ma è
stampato a colori su una bella carta patinata. E così via.

Uno studio obiettivo di una setta non può piacere alla setta stessa. Perché
deve inclu­dere una ricerca proprio sulla vita quotidia­na,
sull'organizzazione e sui "segreti".
La setta si ritiene perfetta; se viene vista come meno che perfetta, si
offende ed entra in una condizione paranoica, perché crede di essere
aggredita. Sicco­me ogni setta si dà una grande impor­tanza, ritiene che
questa aggressione provenga da qualche potente nemico. La "Grande Madre" -
nota a ben poche per­sone - ritiene che esista una congiura diabolica in
tutto il mondo contro di lei. Quindi chi ne svela i se­greti è un nemi­co
del progresso dell'umanità.

Nuova Acropoli ritiene che la stessa "Inquisizione che ha messo al rogo
Gior­dano Bruno" le stia fa­cendo la guerra.

Scientology crede che esista una con­giura mondiale di psichiatri ai suoi
danni.

Quindi chi studia le sette seriamente diventerà automaticamente non solo un
estraneo, ma anche un "agente" di queste "cospirazioni", e sarà trattato di
conseguenza. Un prezzo che non tutti i ricercatori sono disposti a pagare.

- Un suggerimento di Roberto Gervasio (4) -

Tutto ciò che posso fare, ora, è di tentare di mettere in guardia con i
mezzi a disposizione la gente, cer­care di evitar loro esperienze
traumatizzanti.
Questi mistificatori non sono una teoria astratta, sono vicini, vicinissimi
a noi. Hanno persone incari­cate di fare proseliti ovunque, utilizzano tutti
i sistemi moderni di comunicazione.

I mercanti dell'occulto, quelli che vi promettono (a pagamento)
I'illuminazione, la conoscenza, addi­rittura la remissione del Karma, il
risveglio Iniziatico, vivono fra noi.

Quelli che vi promettono di cambiare in meglio la vostra vita, che dicono di
curare il cancro ed ogni altro male, sono persone reali, mettono su giornali
e riviste lusinghiere inserzioni, diffondono opuscoli mielati con fotografie
e disegni accattivanti. Spesso hanno consulenti psicologi, esperti in
messaggi subliminali che impostano le loro campagne pubblicitarie!

Attenzione! Usate la massima, assoluta attenzione! Andateci cauti prima di
fare qualunque scelta. Prima di prendere decisioni in loro favore pensate e
ripensate ...
Fate questo semplicissimo ragionamento che è tratto dal Vangelo. Quando
chiesero a Gesù come fare per riconoscere i falsi profeti, Gesù rispose: "Un
albero si riconosce dai frutti che porta".

Sulla base di questa similitudine ribaltate il discorso e chiedetevi:
"Costui mi sta promettendo mari e monti, perché lo fa? Quale è il suo
tornaconto? A chi, o a cosa giova? Cosa guadagna lui da questo e cosa
guadagno io?".

Fate questo discorso a mente fredda. Valutate quanto di vostro può passare a
lui, quanto beneficio ma­teriale può provenirgliene e quanto beneficio
effettivo potrà invece venire a voi.

Le cose dello spirito, dovrebbero essere date con amore e per amore. Non
vendute, mercificate e stra­pagate. Fate prima il calcolo di quanto denaro
può ricavarne l'altro e quanto potete benefi­ciarne voi. Lucidamente.

Fatta questa semplice operazione allora decidete cosa fare o non fare.
Questo purtroppo è un vortice che non avrà mai fine perché la massa di
persone che brancola nel buio alla ricerca di qualcuno dispo­sto a dar loro
una mano, un appoggio morale, è enorme!

-

- Riferimenti bibliografici -

1) Articolo di Paolo Anselmi su Science Digest, luglio 1983, pag. 74
2) Estratto da un articolo di Flo Conway e Jim Siegelman su Science Digest,
luglio 1983, pag. 74
3) Articolo di Giulio Franceschini su Presenza Cristiana, novembre 1974.
4) Giuditta Dembech, Quinta Dimensione, pag. 156 - Edizione L'Ariete (1989)

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