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SCHEDA ARTICOLO N. «01085»

CLASSIFICAZIONE: 5
TIPOLOGIA: AFFINE
AUTORE: ANTHONY DE MELLO
TITOLO: CONSIGLI SULLA MEDITAZIONE
SPAZIATORE bianco

TESTO ARTICOLO

Tratto da:

ANTHONY DE MELLO

SADHANA

Un cammino verso Dio

Paoline

--

NOTA

Anthony de Mello è divenuto per tanti di noi una persona amica. Attraverso i
suoi aneddoti, le
sue storie colorate, le sue massime a volte paradossali raccolti nelle opere
'Il Canto degli
uccelli', 'Un minuto di saggezza nelle grandi religioni', 'Alle Sorgenti',
'La Preghiera della rana',
abbiamo capito di più di noi stessi, esplorato i sentimenti più nascosti del
nostro cuore, colto la
vita nella sua semplicità e complessità. C'era solo un libro che non avevamo
ancora pubblicato
per completare il quadro dell'intera opera di De Mello ed è questo che ora
presentiamo, in realtà il primo, in ordine cronologico, scritto dall'autore.

Qui Anthony De Mello si rivela non tanto arguto narratore quanto grande
maestro di vita
spirituale ed è così che lo vogliamo ricordare, colmi di gratitudine per
quanto ci ha
trasmesso. Pensiamo di rendere cosa gradita agli affezionati lettori di De
Mello sigillare con
questo libro, purtroppo dobbiamo aggiungere "l'ultimo", l'eredità lasciataci
da questo grande
gesuita indiano, cioè entrare in contatto con Dio attraverso la piena
consapevolezza di sé.

Firmato L'EDITORE

--

INTRODUZIONE

Ho speso gli ultimi quindici anni della mia vita come istruttore di esercizi
e direttore spirituale, aiutando a pregare.

Ho incontrato molte persone che si lamentano di non saper pregare; pare
loro, nonostante tutti
gli sforzi, di non fare alcun progresso nella preghiera, che trovano
insipida e frustrante.
Nelle loro confidenze, molti direttori spirituali si confessano
desolatamente incapaci, quando
cercano di insegnare a pregare o, per essere più precisi, a trarre
soddisfazione e senso di
pienezza e di realizzazione dalla preghiera.

Tutto ciò mi stupisce perché personalmente ho trovato relativamente facile
aiutare gli altri a regare.

Non lo attribuisco soltanto a qualche mio personale carisma di cui sarei
dotato. Lo attribuisco
soprattutto ad alcune semplicissime teorie che seguo, sia nella mia
personale vita di
preghiera, sia nel guidare altri nel campo della preghiera.

Una prima teoria è che la preghiera è un esercizio che genera pienezza e
soddisfazione ed è
assolutamente legittimo cercare queste cose dalla preghiera.

Una seconda teoria è che la preghiera dev'essere fatta meno con la testa e
più con il cuore.
Difatti quanto prima la preghiera si fa meno cerebrale e intellettuale,
tanto più generalmente
diventa saporosa, gioiosa e fruttuosa. La maggior parte dei preti e
religiosi identificano
preghiera e riflessione. E qui sta il loro errore.

CONSAPEVOLEZZA

ESERCIZIO 1
LE RICCHEZZE DEL SILENZIO

Esporsi al silenzio - sapere e sperimentare - vagabondaggio della mente e
tumulto del cuore -
Grado minimo del silenzio - rivelazione del mio io - cercare e osservare.

"Il silenzio è la grande tentazione", disse Lao-Tse. Secondo il nostro
comune modo di pensare,
la Rivelazione si trova nella Sacra Scrittura. Ed è così. Ma oggi vorrei che
scopriste quale
rivelazione può essere trovata nel Silenzio.

Per penetrare la rivelazione che offre la Scrittura, dovete esporvi alla
Scrittura. Per
penetrare la rivelazione che offre il Silenzio, dovete esporvi al silenzio.
E questo non è
facile. Tentiamo di far questo nel nostro primo esercizio.

Desidero che ciascuno di voi assuma una posizione comoda...

Chiudete gli occhi...

Ora vi inviterò a conservare il silenzio per un periodo di dieci minuti.

Anzitutto vi sforzerete di raggiungere il silenzio più totale possibile del
cuore e della
mente.

Raggiuntolo, esporrete voi stessi a qualunque rivelazione esso vi apporterà.

Alla fine di dieci minuti vi inviterò ad aprire gli occhi e a comunicare, se
lo desiderate,
quel che avete fatto ed esperimentato durante l'esercizio...

Nel partecipare agli altri quel che avete fatto e quello che vi è capitato,
dite quali
tentativi avete fatto per raggiungere il silenzio e se e come sono stati
coronati da successo.
Descrivete il silenzio, se siete capaci. Dite cosa avete sperimentato in
questo silenzio. Dite
tutto quel che avete pensato e sentito durante questo esercizio.

L'esperienza di coloro che tentano questo esercizio è infinitamente varia. I
più scoprono, con
loro grande sorpresa, che il silenzio è qualcosa cui semplicemente non sono
abituati; che,
qualunque cosa facciano, non riescono a calmare il vagabondaggio continuo
della mente o ad
acquietare il tumulto emotivo del cuore.

Altri sentono di avvicinarsi alle frontiere del silenzio; ma poi, presi dal
panico, si
ritirano: il silenzio può essere un'esperienza terrorizzante.

Nessuna ragione di scoraggiamento. Anche questi vostri pensieri vagabondi
sono una grande
rivelazione, non è vero? Il fatto che la vostra mente divaghi, non è forse
una rivelazione su
voi stessi?

Ma SAPERE ciò non basta.

Dovete prender tempo per SPERIMENTARE questa vostra mente perennemente
distratta.

E' il TIPO di divagazione cui la mente indulge - anche questo quanto è
rivelatore!

Ancora qualcosa di incoraggiante per voi: il fatto che eravate consapevoli
del vostro divagare
mentale o del vostro intimo tumulto o della vostra incapacità di
acquietarvi, dimostra che
avete in voi un qualche piccolo grado di silenzio - perlomeno quanto è
sufficiente per essere
consapevoli di tutto ciò.

Ora chiudete di nuovo gli occhi e rendetevi consapevoli della vostra mente
divagante...
soltanto per due minuti...

Poi percepite il silenzio che rende a voi possibile di essere consapevoli di
tali
vagabondaggi... infatti tale consapevolezza può esistere soltanto dove è
silenzio.

E' questo silenzio minimale dentro di voi che dovremo costruire negli
esercizi seguenti. Nella
misura in cui il silenzio cresce, esso rivelerà a voi più e più su voi
stessi. O, più
precisamente, il silenzio rivelerà voi stessi a voi. Questa è la sua prima
rivelazione: il
vostro io. E dentro a e per mezzo di questa rivelazione vi saranno donate
cose che il denaro
non può comprare, quali saggezza e serenità e gioia e Dio.

Se desiderate possedere queste cose, non serve che voi soltanto riflettiate
su di esse o ne
parliate. Quel che vi necessita è lavoro. Bene, mettetevi subito al lavoro.

Chiudete gli occhi...

Cercate il silenzio ancora per cinque minuti...

Alla fine dell'esercizio chiedetevi se il vostro tentativo questa volta è
stato coronato da un
successo maggiore o minore.

Il silenzio vi ha rivelato, questa volta, qualche cosa che la volta
precedente vi era sfuggito?

Non cercate qualcosa di sensazionale nella rivelazione apportata dal
silenzio - illuminazioni,
ispirazioni, introspezioni. Anzi non cercate affatto. Limitatevi ad
osservare tutto quello che
affiora alla vostra consapevolezza, non importa se banale o ordinario. Ciò
che osservate può
consistere soltanto nel fatto che le vostre mani sono sudate, o che avete
urgenza di cambiare
posizione, o che siete preoccupati della vostra salute. Non importa. La cosa
importante è che
voi personalmente diventiate consapevoli di ciò. Il contenuto della vostra
consapevolezza è
meno importante della sua qualità. Man mano che la qualità migliora, il
vostro silenzio si
approfondirà. E, approfondendosi il vostro silenzio, sperimenterete un
cambiamento. E
scoprirete, con vostra grande gioia, che rivelazione non è conoscenza.
Rivelazione è potere; un
misterioso potere che trasforma.

Ed ora una parola su quel veleno che intossica tutti coloro che praticano la
meditazione: le
distrazioni.

Alcuni, concentrandosi, trovano difficoltà quando chiudono gli occhi. E'
come se le palpebre
chiuse formassero uno schermo bianco su cui la mente proietta ogni sorta di
pensieri, che li
distraggono dal loro esercizio. Di qui il suggerimento di tenere gli occhi
socchiusi, fissi su
un punto del pavimento a circa novanta centimetri (tre "piedi"). Ma fate
attenzione a non
concentrarvi su tale punto. Concentratevi sul vostro esercizio.

E seguite questo consiglio solo se vi è di aiuto. Potreste essere di quelli
che si trovano
esposti a distrazioni, sia con gli occhi semiaperti, che con gli occhi
chiusi!

Un altro aiuto per combattere le distrazioni è, credetelo o meno, avere la
schiena eretta!
Finora non ho scoperto alcuna ragione scientifica per questo fatto. Ma so
dall'esperienza mia
e di altri che è così.

La posizione ideale per questo è la posizione del loto, che viene insegnata
agli studiosi dello
yoga: gambe incrociate con il piede che poggia sulla coscia opposta e la
spina dorsale eretta.
Chi riesce a raggiungere questa posizione mi dice che ha così poche
difficoltà con le
distrazioni che ha invece addirittura difficoltà a far funzionare la propria
mente
raziocinante. Perciò essa è detta la posizione ideale, perfettamente adatta
per la
contemplazione.

Molti di voi tuttavia, non avranno la resistenza per dominare questa
posizione estremamente
difficile, sebbene ricompensi lo sforzo.

Dovrete accontentarvi di star seduti diritti su una sedia con schienale
verticale o sul bordo
di una sedia col dorso eretto. Ciò non è così scomodo come appare a prima
vista. Al contrario
vi accorgerete, col passare del tempo, che la spina dorsale curva è molto
più scomoda. E
probabilmente scoprirete che il dorso eretto farà per la vostra
concentrazione un mondo di
bene.

So da esperti che alcuni maestri Zen, passeggiando in una stanza di
meditazione, sono capaci di
dire, soltanto dalla posizione del dorso, se uno è distratto o no. Questa a
me pare una pretesa
un tantino esagerata, perché posso certamente ricordare le volte in cui il
mio dorso era
lontano dall'essere eretto, eppure io non ero distratto.

Alcuni fanatici della schiena eretta vanno tanto oltre da suggerire di
giacere supini sul
dorso, su una superficie piana e rigida (il pavimento o una tavola di
legno), se non vi è altro
modo in cui riuscite a tenere la schiena diritta. Un suggerimento prezioso,
per quanto può
servire, e da sperimentarsi.

Contro di esso ho una sola riserva: giacere sulla propria schiena
generalmente porta molti ad
addormentarsi, uno stato mentale, il sonno, che è ancora più disastroso per
la contemplazione
che non le distrazioni.

E' molto probabile che, dopo tutti i tentativi di dominare le distrazioni
con un'adatta
posizione degli occhi e del dorso, sarete ancora tormentati da una mente
errabonda. Non
allarmatevi: una mente vagabonda è un fastidio professionale che ogni
contemplativo serio deve
affrontare. La lotta per il controllo della mente è lunga e ardua, ma
assolutamente degna di
essere intrapresa per i grandi frutti che alla fine essa apporta. Perciò,
francamente, non
esiste sostituto a molta pazienza e perseveranza - e fiducia che alla fine
ci riuscirete, a
dispetti di molta scoraggiante evidenza del contrario.

Terminerò con il metodo che ho trovato essere più efficace per combattere le
distrazioni.

Chiudete gli occhi, o lasciateli socchiusi, se lo trovate più giovevole.

Ora osservate ogni pensiero che penetra nella vostra mente...

Vi sono due maniere di trattare i pensieri: una è di seguirli in giro, come
un damerino per la
strada segue ogni paio di gambe che trova in movimento, non importa in quale
direzione esse
sgambettino.

L'altra è di osservarli come un uomo che, seduto alla finestra, guarda i
passanti per la via.
Questa è la maniera in cui desidero che osserviate i vostri pensieri.

Dopo aver fatto ciò per un po' di tempo, rendetevi consapevoli che state
pensando. Potete
addirittura dirvi interiormente: "Io sto pensando... io sto pensando..." o,
più brevemente,
"Pensando... pensando... pensando..." per mantenervi consapevoli del
processo di pensare che si
sta svolgendo dentro di voi. Se vi trovate senza pensieri nella vostra mente
e questa è vuota,
aspettate che il prossimo pensiero faccia la sua apparizione. State
all'erta, e appena il
pensiero appare, rendetevi consapevoli dello stesso o del fatto che state
pensando.
Insistete in questo esercizio per tre o quattro minuti.

Durante questo esercizio forse farete la scoperta sorprendente che, quando
siete consapevoli
del fatto che state pensando, il pensiero tende ad arrestarsi!

Questo quindi è un modo semplice per trattare una mente vagabonda. Fate una
breve pausa e fate
attenzione al fatto che state pensando e il pensiero cesserà
temporaneamente.

Riprendete di tanto in tanto questo esercizio quando siete distratto più
del solito. E' quasi
impossibile non essere frequentemente distratto, quando inizialmente ci si
lancia nel campo
della contemplazione. Ma la maggior parte delle distrazioni si eliminano
semplicemente
richiamando la mente al suo compito ogni volta che siete consapevoli che
essa è distratta.

Vi è un tipo di distrazione che è carico di forte emozione: amore, paura,
risentimento o
qualche altro forte impulso. Questo tipo di distrazione, a forte base
emotiva, non si arrenderà
facilmente all'esercizio or ora suggerito. Bisogna utilizzare altri metodi.
Ma di questi ne
parlerò più in là.

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