Tratto da:
LOUISE L. HAY" "IL POTERE E' IN TE
ARMENIA
Molte persone fanno al bambino "interiore" lo stesso male che 2i genitori fecero loro nell'infanzia: continuano, cioè, ad esercitare violenza, e questo è molto triste. Quando eravamo bambini e gli altri ci maltrattavano, non avevamo molte alternative: ma se, una volta adulti, facciamo ancora del male al bambino interiore, è spaventoso.
Perdonandomi, imparai anche ad avere fiducia in me stessa e scoprii che, se non ci fidiamo della vita e degli altri, è perché non ci fidiamo di noi, del nostro Io Superiore che ci guida in ogni situazione. Affermiamo pertanto che non ci innamoreremo più per evitare di soffrire; o che faremo di tutto perché un fatto non si ripeta; in realtà, non ci fidiamo abbastanza di noi stessi e, di conseguenza, cerchiamo di isolarci da tutto.
Alla fine riuscii ad avere piena fiducia in me e scoprii che, quanto più mi fidavo, tanto più mi amavo; il mio corpo stava guarendo, come anche il mio cuore. La mia crescita spirituale era avvenuta in un modo del tutto inatteso. Quale ricompensa, iniziai a sembrare più giovane; i miei pazienti erano quasi tutti disponibili a lavorare su loro stessi e facevano progressi considerevoli senza che io dicessi nulla poiché percepivano che mettevo in pratica i miei insegnamenti. Per loro era, quindi, facile accettarli e ottenere in tal modo buoni risultati: la qualità della loro vita era infatti migliorata. Facendo pace con noi stessi, la vita diviene più piacevole.
Che cosa mi ha dunque insegnato questa esperienza? Mi ha insegnato che possiedo l'energia per cambiare la mia vita e che, a tale scopo, devo essere pronta a modificare la mia mente, liberandone gli schemi che mi tengono legata al passato. Mi ha insegnato che, se siamo veramente disposti a operare con serietà, possiamo modificare considerevolmente la nostra mente, i nostri corpi e le nostre vite.
Indipendentemente dal punto in cui siamo giunti, da quello che abbiamo creato, da ciò che succede, facciamo sempre del nostro meglio basandoci sulla comprensione, sulla consapevolezza e sulla conoscenza. E quando si acquisisce più conoscenza, si agisce diversamente, come è successo a me. Non rimproveriamoci perché siamo giunti dove siamo o perché abbiamo agito troppo lentamente o troppo in fretta; ripetiamo, piuttosto, che "Stiamo facendo del nostro meglio" e che "anche se ora siamo nei guai, ne usciremo in qualche modo." Se continuiamo a darci degli stupidi e degli incapaci, non otterremo mai nulla; se vogliamo cambiare, dobbiamo amarci.
Le tecniche che utilizzo non sono mie: la maggior parte di esse sono della Scienza della Mente; si tratta di principi vecchi come il mondo: leggendo qualsiasi testo antico di argomento spirituale, si ritrovano infatti gli stessi concetti. Io sono stata istruita come un adepto della Chiesa della Scienza Religiosa, anche se non ho una dottrina: sono infatti uno spirito libero. Tengo le mie lezioni in un linguaggio semplice, facilmente comprensibile dalla gente. E' un modo meraviglioso per riflettere, per capire che cosa sia la vita veramente e come utilizzare la propria mente per assumersi la responsabilità della propria vita. Quando iniziai ad occuparmi di questi problemi, circa venti anni fa, non immaginavo minimamente che sarei stata in grado di portare aiuto e speranza agli altri. - L'energia della parola -
Ogni giorno dichiara a te stesso che cosa vuoi nella vita. Dichiaralo come se già lo avessi!
- La legge della mente -
Esiste la legge di gravità, come del resto altre leggi fisiche, di cui, generalmente capisco poco.
Esistono anche leggi spirituali, come quella di causa ed effetto - ciò che dai ti viene restituito- e quella della mente: non la conosco esattamente,come non conosco le leggi fisiche; so solo che quando accendo l'interrutore, la lampadina si illumina immediatamente.
Quando elaboriamo un pensiero, una parola o una frase, questi fuoriescono da noi come legge della mente e ritornano sotto forma di esperienza.
In questo capitolo tratterò la correlazione fra mente e fisico, cercando di chiarire il funzionamento della prima e la creatività del pensiero.
I nostri pensieri sono veloci ed è difficile inquadrarli prontamente; la nostra bocca è più lenta; pertanto, se riusciamo a produrre un discorso, ascoltandolo con attenzione e non lasciando che influenze negative lo permeino, possiamo iniziare a dare forma al pensiero.
La parola ha un potere incredibile che molti di noi sottovalutano. Consideriamo le parole coma la base di quello che creiamo continuamente nella vita; parliamo sempre, eppure, in realtà, biascichiamo, pensando raramente a quello che stiamo dicendo, o a come lo stiamo dicendo; prestiamo poca attenzione alla scelta delle parole. La maggior parte di noi, infatti, parla in termini negativi. Da bambini ci hanno insegnato la grammatica e l'uso dei vocaboli in base ad essa; ho però notato che, con il passare del tempo, le regole grammaticali cambiano e che quello che in passato era considerato sbagliato, oggi viene comunemente accettato, o viceversa. La grammatica non considera, però, il significato delle parole né la loro influenza sulla nostra vita. D'altronde, a scuola non mi fu insegnato che la scelta delle parole condiziona le esperienze vissute; nessuno mi disse che i pensieri sono creativi e che possono pertanto plasmare la vita, né tanto meno che ciò che io davo sotto forma di parola mi veniva restituito sotto forma di esperienza. L'obiettivo nella regola d'oro era dimostrarci una semplice legge di vita: "Comportati con gli altri come ti comporteresti con te stesso"; "quello che dai, ti viene restituito", non è un principio finalizzato a creare colpe. Nessuno mi ha spiegato che ero degna di ricevere bene e affetto e che la vita era pronta ad aiutarmi.
Da bambini eravamo soliti chiamarci con termini forti ed offensivi per sminuirci a vicenda. Perché? Dove avevamo appreso questo comportamento? Per rispondere è sufficiente considerare la nostra educazione: i genitori ci ripetevano costantemente che eravamo stupidi, tonti o pigri, che davamo fastidio e che non eravamo buoni. Talora dicevano, anche, che avrebbero preferito non fossimo mai nati; probabilmente, sentendo tali affermazioni, rabbrividivamo, ma non avevamo certo coscienza di quanto profonde fossero le ferite da loro inferte.
- Cambiare il dialogo con noi stessi -
Troppo spesso, per essere amati, abbiamo accettato indiscriminatamente i messaggi che i genitori ci inviavano: "Mangia gli spinaci !", "Metti in ordine la tua camera!", "Fai il letto!". Eravamo convinti che, per poter essere accettati, dovevamo compiere determinate azioni, ovvero che l'amore fosse strettamente correlato all'accettazione. Tutto ciò era ovviamente un'imposizione di idee altrui e non aveva nulla a che vedere con il nostro patrimonio spirituale interiore: ci era concesso di esistere solo perché facevamo cose che compiacevano gli altri.
I primi messaggi assimilati contribuiscono a creare quello che io chiamo il dialogo con noi stessi: esso è molto importante in quanto costituisce la base dei discorsi della vita quotidiana, influenzando l'atmosfera psichica in cui agiamo e facciamo esperienze. Se ci denigriamo, la vita significherà ben poco per noi, se, viceversa, ci amiamo e stimiamo, essa ci apparirà come un dono meraviglioso. Se siamo infelici e insoddisfatti, è facile scaricare ciò sui genitori dicendo che è colpa loro; se lo facciamo, tuttavia, rimaniamo imprigionati nella nostra condizione di infelicità, nei nostri problemi e nelle nostre frustrazioni: incolpare non aiuta a raggiungere la libertà. Essere responsabili della propria vita può fare paura; è altrettanto vero però che, volenti o nolenti, lo siamo. E se vogliamo essere responsabili della nostra esistenza dobbiamo esserlo anche della nostra bocca: parole ed espressioni sono infatti l'estensione del pensiero.
Dobbiamo iniziare ad ascoltare ciò che diciamo: se ci accorgiamo di utilizzare termini negativi, o dispregiativi, dobbiamo sostituirli. Se mi viene raccontata una storia negativa, non vado in giro a ripeterla poiché ritengo che sia circolata già a sufficienza; se, viceversa, ne sento una positiva, la riferisco a tutti. Quando siamo in compagnia, cerchiamo di prestare attenzione a quello che dicono gli altri e a come lo espongono, valutando se vi sia una correlazione fra i racconti e le esperienze vissute: molti, infatti, vivono ripetendosi che dovrebbero fare questo o quello. Quante volte ho sentito pronunciare frasi simili e, ogni volta, avverto un campanello dentro di me. Alcuni arrivano a usare il condizionale fino a dieci volte in un periodo! E sono gli stessi che si chiedono perché non riescono a cambiare vita e a uscire da una situazione indesiderata; vogliono controllare in maniera assoluta tutto quanto avviene attorno a loro senza, in realtà, poterlo fare. I casi sono due: o si incolpano, o incolpano gli altri; e poi, continuano a non capire perché non possono vivere liberamente. Potremmo eliminare il verbo dal nostro vocabolario e dalla nostra mente: così facendo, ci libereremmo della notevole oppressione creata ogniqualvolta diciamo "Devo andare al lavoro", "Devo fare questo. Devo... Devo..." Impariamo invece, a dire : "Scelgo". "Scelgo di andare al lavoro per pagare l'affitto", "Scelgo di dare un nuovo corso alla mia vita": tutto quello che facciamo, lo facciamo per scelta anche se, in molti casi, non sembra. Molti pronunciano spesso anche la parola ma: dapprima fanno un'affermazione e, subito dopo, aggiungono ma...
In questo modo ci inviano messaggi contrastanti, disorientandoci.
La prossima volta, prestiamo attenzione all'uso che facciamo di tale congiunzione nei nostri discorsi. Vi è un'altra espressione da usare con cautela: non dimenticarti. Spesso diciamo: "Non dimenticarti questo o quello". E, poi, che cosa succede? Che ci dimentichiamo.
Desideriamo ricordare e, invece, scordiamo di fare quanto volevamo. Suggerirei di sostituire "non dimenticarti" con "per favore, ricordati".
Quando ci alziamo al mattino, malediciamo il fatto di dover andare a lavorare? Ci lamentiamo del tempo? Bofonchiamo che ci fa male la schiena, o la testa? Qual è la seconda, o la terza cosa che pensiamo, o diciamo? La maggior parte delle persone dice, più o meno, le stesse cose ogni mattina. Quello che diciamo appena alzati influenza la nostra giornata: se si tratta di affermazioni piacevoli e positive, quest'ultima sarà soddisfacente; viceversa, se si tratta di frasi lamentose e colpevolizzanti, essa sarà fastidiosa e triste. A che cosa pensiamo immediatamente prima di andare a letto? Sono pensieri che ci rinvigoriscono o che ci immiseriscono? Quando parlo di miseria, non considero esclusivamente il significato economico del termine; la miseria può infatti essere anche morale e derivare, ad esempio, da un approccio negativo alla vita.
Siamo preoccupati per il giorno successivo?
Quando mi trovo in tale condizione, prima di dormire leggo qualcosa di positivo, nella convinzione che, durante il sonno, la lettura mi depurerà dai pensieri negativi, preparandomi ad affrontare la giornata seguente.
Personalmente, mi è di aiuto scaricare problemi ed interrogativi ai sogni: questi mi stimolano infatti a riflettere su ciò che sta succedendo nella mia vita.
Io sono l'unica persona che può pensare con la mia mente; lo stesso vale per ognuno di noi: nessuno ci può obbligare a pensare differentemente. Noi scegliamo i nostri pensieri, che costitituiscono la base del dialogo con noi stessi.
A mano a mano che comprendevo che tale sistema si radicava in me, mettevo sempre più in pratica gli insegnamenti che davo agli altri: prestavo infatti attenzione alle mie parole e ai miei pensieri, perdonandomi sempre per il fatto di non essere perfetta. Lasciavo che fossi me stessa piuttosto di cercare di essere una "superdonna" accettabile, forse, solo dagli altri. Quando per la prima volta diedi fiducia alla vita considerendola "amica", mi illuminai: diventai meno mordace e più piacevole cercando di smussare le critiche a me stessa e agli altri e di non raccontare più storie catastrofiche. Siamo così abili a diffondere le cattive notizie! Smisi di leggere il quotidiano e di ascoltare il telegiornale perché comunicavano prevalentemente sciagure e disastri. Ho tuttavia notato che la gente non ama sentire le buone notizie, bensì le cattive, per avere qualcosa di cui lamentarsi.
Troppi di noi amano riciclare le storie negative autoconvincendosi, in tal modo, che nel mondo c'è solo il male.
E' significativo che una stazione radiofonica che trasmetteva solo buone notizie sia fallita in breve tempo. Quando mi fu diagnosticato il cancro, decisi di smettere di spettegolare e, con mia grande sorpresa, scoprii di non avere nulla da dire a nessuno: mi resi, infatti, conto che, ogni volta che incontravo un amico, non facevo altro che spiattellare le ultime malignità. Cercai allora di modificare quest'abitudine: non fu facile ma, alla fine, imparai che esistono altri modi di comunicare.
In ogni caso, se io spettegolavo sul conto degli altri, gli altri lo facevano nei miei confronti: ciò che dai ti viene restituito. A mano a mano che lavoravo a più stretto contatto con le persone, iniziavo ad ascoltare ciò che dicevano, facendo attenzione alle singole parole, non solo al significato generale delle frasi: di solito, dopo dieci minuti di dialogo, ero in grado di capire il problema di un nuovo paziente in base alle parole che utilizzava. Le parole infatti contribuiscono a creare i problemi che ci tormentano. Se parliamo negativamente con gli altri, potrà essere il dialogo con noi stessi? Indubbiamente influenzato da quell'atteggiamento di miseria mentale di cui ho parlato in precedenza.
Un sistema utile per studiare il problema è posizionare un registratore accanto al telefono e azionarlo ogniqualvolta facciamo, o riceviamo, una telefonata: quando la cassetta è registrata da entrambi i lati, riascoltiamola. Rimarremo probabilmente sorpresi: in questo modo siamo infatti indotti a riflettere sulle parole utilizzate e sull'inflessione della nostra voce diventandone consapevoli. Se abbiamo ripetuto due, o tre, volte alcune parole, o espressioni, annotiamole: si tratta di schemi importanti, indicativi di una positività o di una negatività mentali.
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