Indovina chi viene a cena
(di Patrizia Spinato)
L'idea era questa: a mesi dall'insediamento nella nuova casa avrei voluto festeggiare il fatto con i miei pochi ma buonissimi amici, una sorta di rituale benaugurale per il futuro, exploit dei vicini a parte. Magari approfittando dell'occasione per inaugurare, finalmente, il servizio di piatti che ancora dormiva (e a tutt'oggi dorme) il sonno dei giusti nel pensile sopra il frigo. E invece no. Mission impossible, il ritorno.
Be', non è poi così strano, direte voi. Non è facile riuscire a trovare una sera libera, stesso giorno stessa ora, per addirittura sette persone. Peggio ancora se una deve compiere un'ardua discesa dalle Alpi Orobiche, un'altra da quelle varesine, una deve infilarsi nella tangenziale sud nell'ora di rientro dei pendolari, una deve attraversare l'urbe in diagonale e le ultime due devono "soltanto" tentare il pericoloso guado di viale Monza nell'identica, drammatica fascia oraria.
Ma non sarà solo la prospettiva di un simile, periglioso periplo a far naufragare il mio ambizioso progetto, perché i guai, quelli seri, si materializzano nientemeno che al momento di mettere nero su bianco il menù. E che ci vorrà mai? domanda scettico chi legge, inarcando tutt'e due le sopracciglia. Va bene il momento di panico iniziale, ma poi?
Ma poi sfido chiunque a combinare qualcosa di dignitoso visto quanto segue. Con l'eccezione della più o meno onnivora sottoscritta e di L., bergamasca compagna di sventure, la situazione è questa:
R. è vegetariana per scelta morale; C. invece, povera lei, soffre di celiachia. E non è ancora finita. M.&A. si sono convertiti da mesi al regime vegano ultrabiologico. Adepti di stretta osservanza, non oserebbero nemmeno avvicinare alle loro caste labbra un prodotto confezionato con una carta non riciclata, sbiancata con candeggina, o colorata con un blasfemo prodotto industriale.
Sono proprio loro a propormi un menu con "pasta di farro bio, ragù di seitan bio e verdure bio, formaggio bio di latte-non-latte, frutta e verdura bio in quantità e per brindare vino-non-vino". Ovviamente bio.
Problema risolto, no? No, perché A. è a dieta secca, per giunta iperproteica, e visto quello che spende per farsi sbraitare ogni due giorni al telefono da un santone di bianco vestito ciò che può (o meglio, che non può) ingoiare, proprio non me la sento di. prenderla per la gola; non posso nemmeno dirle "consolati con le mele", citando il biblico titolo di Ruth Reichl, poiché, ahimè, nemmeno queste le sono consentite: a sentire l'Uomo in panna, l'apparentemente innocuo frutto è deleterio per il regime dimagrante, dato il suo altissimo indice glicemico.
Sant'iddio, che tristezza. Del resto, viviamo in un paese libero. Trovo a fatica le forze per rimettere al loro posto i miei libri di improbabili ricette fusion, e soprattutto le parole per proporre una seconda opzione: un'innocua "cerimonia del tè" in un calmo pomeriggio di domenica. Chi vuole mangia il poco che ci sarà, e chi non vuole.
Pia illusione. Sopravvengono: audizione per C., corso di sopravvivenza alimentare per A., crisi lavorativa per R., seminario di feng shui per M.&.A. (e visto che sono loro i "prof", chi osa fiatare?) e battesimo per L. Qualcuno estraneo ai fatti mi ha suggerito di trovarmi degli amici un po' più normali, ma che ci posso fare? Mi piacciono questi.
Alla fine, comunque, qualcosa si è fatto: un delizioso "tè nel deserto" nel senso più letterale: io e la mia tazza fumante sul futon di casa, lo sguardo vuoto e perso sul bianco panorama della periferia milanese, perché ero giusto riuscita a strappare un "sì" all'orobica quando, il giorno fissato per il suo arrivo, ci siamo svegliate con venti centimetri di neve per terra.
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