Bharata Natyam: un incontro con l'anima
(Loredana Filippi)
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La danza indiana, codificata da antichi trattati religiosi, conserva il suo carattere sacrale costituendo un patrimonio culturale affascinante e complesso.
"La danza ha fatto la sua comparsa all'inizio di ogni cosa" scrive lo scrittore greco Luciano e la prima danza è quella dei pianeti e delle stelle, nei loro rapporti di ordinata armonia.
Secondo la mitologia indu il dio Shiva, manifestazione dell'energia ritmica primordiale, è detto Nataraja, o "signore della danza": egli "danza il mondo", creandolo. La danza diventa lo strumento di unione tra l'essere divino creatore e il mondo visibile; per gli uomini diviene un rito, un mezzo che permette di tornare alle origini, di accostarsi al divino, di unirsi ad esso.
Nell'antica tradizione indiana, il Bharata Natyam conserva questi antichi valori rituali: la danza come devozione, come offerta alla divinità, trova nel trasporto emotivo la sua stessa sorgente. Chi si lascia trasportare da questa sorta di magia, studiando e praticando queste forme, difficilmente riesce a separare l'amore per l'arte dall'entusiasmo per tutta una forma di vita.
L'aspetto religioso diventa una conseguenza: la danza racconta il senso della 'nostra' vita, diviene la rappresentazione del 'nostro' quotidiano interiore. Gli stessi dei sono rappresentati come persone umane, immersi nelle più varie contraddizioni, liti, gelosie, passioni.
Questa raffinatissima forma d'arte è estremamente contemporanea proprio perché essenziale e 'fuori dal tempo'. Richiede una partecipazione totale - fisica, emotiva, mentale e spirituale - dell'artista il quale 'esce' per così dire dal suo tempo ed 'entra' nell'atmosfera atemporale del dramma.
Non vi è particolare che venga trascurato. Non vi è posa o atteggiamento che non sia previsto e codificato: nella danza classica indiana l'improvvisazione o l'innovazione sarebbe un controsenso. Ogni gesto dell'artista deve sembrare scaturito dalle passioni dell'animo, come fosse eseguito per la prima volta.
La danzatrice che rappresenta un dio deve poter diventare essa stessa, estasiata, il dio. Un buon danzatore deve poter ridere con una parte del volto e piangere con l'altra. Tuttavia, solo il linguaggio dei gesti deve passare attraverso l'artista: "il canto deve esser trattenuto nella gola, il sentimento dimostrato dagli sguardi, il tempo battuto dal piede. Ove la mano muove, lo sguardo segue; ove la mente va, il sentimento la segue; ove va il sentimento, lì è più profonda la fragranza."
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