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SCHEDA ARTICOLO N. «01245»

CLASSIFICAZIONE: 4
TIPOLOGIA: CONGENERE
AUTORE: SHAIKH NAZIM AL HAQQANI AN-NAQSHBANDI
TITOLO: PARABOLE SUFI: LINIZIAZIONE DI MALIK DINAR
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TESTO ARTICOLO

- Parabole Sufi -

(La Via del Cuore nel Sufismo - Il Sufismo é conosciuto come la Via del
Cuore, la Via del puro, mistico cammino dell'Islam. Con qualunque nome lo
vogliate chiamare, é il sentiero che conduce il ricercatore alla Presenza
Divina)



(di Shaikh Nazim al Haqqani an-Naqshbandi )

Dopo aver studiato per anni i grandi problemi filosofici, Malik Dinar sentì
che era arrivato il momento di partire alla ricerca della conoscenza.
"Andrò alla ricerca del Maestro Nascosto, di cui si dice anche che è nel più
profondo di se stessi", si disse.

Lasciò la sua casa portando con sé solo qualche dattero come provvista, e
sulla strada polverosa incontrò un derviscio che camminava lentamente. Dinar
lo affiancò e proseguirono insieme in silenzio. Finalmente il derviscio
parlò: "Chi sei, e dove vai?".

"Sono Dinar e ho intrapreso un viaggio alla ricerca del Maestro Nascosto".

"Io sono El-Malik El-Fatih e camminerò insieme a tè", disse il derviscio.

"Puoi aiutarmi a trovare il maestro?", chiese Dinar. "Posso aiutarti, puoi
aiutarmi?", chiese El-Fatih in quel modo irritante che caratterizza i
dervisci di tutti i tempi. "Si dice che il Maestro Nascosto è dentro se
stessi. Trovarlo dipende dall'uso che si fa dell'esperienza. Si tratta di
qualcosa che un compagno può trasmettere solo parzialmente".

Qualche tempo dopo si imbatterono in un albero che oscillava e
scricchiolava. Il derviscio si fermò, rimase un attimo in silenzio, poi si
voltò verso Dinar:

"Quest'albero ci sta dicendo: 'C'è qualcosa che mi ferisce; fermatevi un
attimo e toglietemelo dal tronco, affinché io possa finalmente riposarmi!'".

"Non ho tempo", replicò Dinar, "e, comunque,come può un albero parlare?". E
ripresero il cammino. Avevano già fatto un bei po' di strada, quando il
derviscio disse a Dinar: "Quando eravamo vicini a quell'albero mi è parso di
sentire odore di miele. Può darsi che delle api selvatiche abbiano costruito
il loro alveare dentro il tronco".

"Se è così", esclamò Dinar, "affrettiamoci a tornare lì per raccogliere il
miele. Quello che non mangeremo potremo venderlo per il viaggio".

"Come vuoi", disse il derviscio. Quando giunsero in vista dell'albero,
tuttavia, videro un gruppo di viaggiatori occupati a raccogliere un'enorme
quantità di miele. "Che fortuna abbiamo avuto!", esultavano. "Qui c'è
abbastanza miele da nutrire una città intera. Eravamo poveri pellegrini, ma
ora possiamo diventare mercanti! Il nostro avvenire è assicurato".

Dinar e Fatih ripresero quindi la loro strada. Arrivati ai piedi di una
montagna, sentirono un ronzio che sembrava provenire dal suo fianco. Il
derviscio incollò l'orecchio al suolo. "Ci sono milioni di formiche che
stanno costruendo la loro dimora. Questo ronzio è il loro grido di aiuto. Ci
stanno dicendo, nel loro linguaggio: 'Aiutateci! Aiutateci! Stiamo scavando,
ma ci siamo imbattuti in certe strane rocce che ci sbarrano la strada.
Aiutateci a dissotterrarle!'. Vuoi che ci fermiamo per aiutarle o preferisci
continuare senza indugio?".

"Fratello", ribatté Dinar, "le formiche e le pietre non ci riguardano. La
ricerca del maestro è il mio unico scopo".

"Molto bene, fratello", disse il derviscio, "eppure si dice che tutto è
collegato. Forse c'è una relazione tra questo fatto e noi".

Dinar non prestò attenzione a ciò che il vecchio mormorava e quindi
proseguirono il loro cammino.

Quando i due viaggiatori si fermarono per la notte, Dinar si accorse di aver
perso il coltello. "Lo avrò lasciato cadere vicino al formicaio", disse. Il
giorno dopo tornarono quindi sui loro passi. Arrivati ai piedi della
montagna non trovarono traccia del coltello di Dinar. In compenso, videro
delle persone sporche di fango che si stavano riposando accanto a un mucchio
di monete d'oro. "È un tesoro nascosto che abbiamo appena dissotterrato",
dissero. "Stavamo percorrendo questa strada, quando un vecchio derviscio
dall'aspetto fragile ci ha interpellato in questi termini: 'Scavate qui e
troverete ciò che è pietra per alcuni e oro per altri".

Dinar maledisse la sua sorte. "Se solo ci fossimo fermati", frignò, "tu e io
saremmo diventati ricchi ieri sera, o derviscio!".

Gli altri osservarono: "II derviscio che ti accompagna, straniero, somiglia
stranamente a quello che abbiamo visto ieri sera".

"I dervisci si somigliano tutti", disse Fatih. Dinar e Fatih proseguirono il
loro viaggio e qualche giorno dopo giunsero sulla riva di un fiume. Il
derviscio si fermò, ed entrambi sedettero aspettando il traghettatore.
All'improvviso videro un pesce emergere ripetutamente dall'acqua, facendo
smorfie nella loro direzione.

"Questo pesce", disse il derviscio, "ci manda un messaggio. Dice: 'Ho
inghiottito un sasso. Prendetemi e datemi dell'erba da mangiare, in modo che
possa rigettare e liberarmi. Viaggiatori, abbiate pietà, vi prego!'".

In quel preciso momento apparve il traghetto, e Dinar, impaziente di
proseguire, vi spinse sopra il derviscio. Il barcaiolo fu troppo felice di
ricevere una moneta di rame - era tutto ciò che potevano dargli - e quella
notte Fatih e Dinar dormirono comodamente sulla riva opposta, nella casa da
tè che un'anima caritatevole aveva costruito in quel luogo per i
viaggiatori.

La mattina seguente, mentre stavano sorseggiando il loro tè, furono
raggiunti dal barcaiolo. La notte precedente era stata la più fortunata di
tutta la sua vita, disse loro; i pellegrini gli avevano portato fortuna.
Egli baciò le mani del venerabile derviscio e chiese la sua benedizione. "La
meriti tutta, figlio mio", disse Fatih.
Il barcaiolo era diventato ricco, ed ecco che cos'era accaduto. La sera
prima stava tornando a casa alla solita ora, quando aveva visto i due uomini
sull'altra riva e aveva deciso, malgrado la loro apparente povertà, di fare
un viaggio supplementare per la Baraka, la benedizione conferita a chi aiuta
il viaggiatore. Più tardi, mentre si apprestava a ormeggiare la barca, aveva
visto un pesce buttarsi sulla riva.

Sembrava che cercasse di ingoiare un filo d'erba. Dopo che il barcaiolo gli
ebbe infilato l'erba in bocca, il pesce aveva vomitato un sasso e si era
lasciato scivolare in acqua. Il sasso era un enorme diamante senza difetto,
di un'incomparabile luce e di inestimabile valore.

"Sei un demonio!", gridò furioso Dinar al derviscio. "Conoscevi l'esistenza
di questi tré tesori grazie a un potere di percezione nascosto, e non mi hai
detto nulla al momento! È questo il comportamento di un vero compagno? La
mia sfortuna era già sufficiente, ma senza di tè non avrei neanche saputo
nulla delle possibilità nascoste negli alberi, nei formicai e nei pesci, e
chissà dove altro ancora!".

Non appena ebbe pronunciato queste parole, sentì come un possente vento
spazzargli l'anima. In quel momento seppe che la verità era esattamente
l'opposto di ciò che aveva detto.

Il derviscio, il cui nome significa Re Vittorioso, gli toccò leggermente la
spalla e sorrise: "Ora, fratello, saprai di poter imparare attraverso
l'esperienza. Io sono colui che è agli ordini del Maestro Nascosto".

Quando Dinar osò rialzare la testa, vide il suo maestro proseguire con un
piccolo gruppo di viaggiatori che stavano discutendo dei pericoli che li
attendevano lungo la strada. Oggi, il nome di Malik Dinar figura tra quelli
dei più grandi dervisci, come compagno ed esempio, come l'Uomo che è
Arrivato.

* * *

Malik Dinar fu uno degli antichi maestri Classici. Il Re Vittorioso della
storia è un'incarnazione delle "funzioni superiori della mente", che Rumi
chiama "lo Spirito Umano" e che l'uomo deve coltivare prima di poter agire
in modo illuminato.
Questa versione è attribuita a Emir El-Arifin.

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