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SCHEDA ARTICOLO N. «01349»

CLASSIFICAZIONE: 3
TIPOLOGIA: YOGA
AUTORE: OSHO
TITOLO: LA MEDITAZIONE È NON FARE
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TESTO ARTICOLO

La meditazione è non-fare

di Osho

Quando le persone mi chiedono: «Come si fa a meditare?», io rispondo loro:
«Non c'è alcun bisogno di chiedere come meditare, chiedete solo come non
avere occupazioni. La meditazione "accade" spontaneamente. Chiedete solo
come non avere occupazioni, e basta. Il trucco della meditazione è tutto
qui: come non avere occupazioni. Se non avete occupazioni non potete fare
nulla, e la meditazione fiorirà».

Quando non stai facendo nulla, l'energia si muove verso il centro, si
stabilisce verso il centro. Quando stai facendo qualcosa, l'energia
fuoriesce. Fare è un modo per uscire da te stesso. Non-fare è un modo per
entrare dentro di te.

L'occupazione è una fuga: puoi leggere la Bibbia, e farne un'occupazione.
Non c'è alcuna differenza tra le occupazioni religiose e le occupazioni
profane, tutte le occupazioni sono occupazioni, e ti aiutano a tenere il tuo
essere agganciato all'esterno. Sono scuse per rimanere all'esterno.

L'uomo è ignorante e cieco, e vuole rimanere ignorante e cieco, perché gli
sembra che entrare dentro di sé sia come entrare in un caos. Ed è così: hai
creato un caos dentro di te. Devi incontrarlo e attraversarlo. Ci vuole
coraggio - il coraggio di essere se stessi, il coraggio di entrare dentro di
sé. Io non ho incontrato un coraggio maggiore di questo - il coraggio di
essere meditativo.

Ma, le persone che sono occupate all'esterno, con cose terrene o non
terrene, ma in ogni caso occupate, credono... - e hanno messo in giro delle
chiacchiere su questo, hanno i loro filosofi - dicono che se sei introverso
sei, in un certo senso, malato; in te c'è qualcosa che non va. E queste
persone sono la maggioranza. Se tu mediti, se stai seduto in silenzio, ti
prendono in giro: «Cosa fai, ti guardi l'ombelico? Cosa fai, apri il terzo
occhio? Dove vai? Sei malato?... Cosa c'è da fare lì dentro? Non c'è niente
al tuo interno!».

Per la maggioranza delle persone l'interno non esiste, esiste solo l'
esterno. Ed è esattamente l'opposto: solo l'interno è reale, l'esterno non è
altro che un sogno. Ma loro chiamano gli introversi malati, chiamano i
meditatori malati. In Occidente si pensa che l'Oriente sia un po' malato. A
cosa serve stare seduto, da solo, e guardarti dentro? Cosa vuoi trovare lì?
Non c'è niente!

David Hume, un grande filosofo inglese, una volta ci provò... perché stava
studiando le Upanishad, che ripetono di continuo: Vai dentro, vai dentro,
vai dentro - questo è il loro unico messaggio. Così, ci provò. Un giorno
chiuse gli occhi - un uomo totalmente laico, molto logico, empirico, ma
niente affatto meditativo - chiuse gli occhi, e poi disse: «è così noioso! è
una noia guardare dentro. Pensieri in movimento, e talvolta alcune emozioni;
e tutto questo continuo rincorrersi nella mente, mentre tu continui a
guardarli - ma che senso ha? è inutile. Non ha alcuna utilità».

E questo è tutto quello che molte persone riescono a comprendere. Il punto
di vista di Hume è quello della maggioranza: Che cosa speri di trovare all'
interno? C'è oscurità, e pensieri che fluttuano per ogni dove. Che cosa
farai? Che cosa ne verrà fuori? Se Hume avesse aspettato un po' più a
lungo - ed è difficile per gente come lui - se fosse stato un po' più
paziente, piano piano i pensieri sarebbero spariti e le emozioni si
sarebbero acquietate. Ma se gli fosse successo avrebbe detto:

«Questo è anche peggio, perché così arriva il vuoto. Almeno prima c'erano i
pensieri, qualcosa di cui occuparsi, qualcosa da guardare, a cui pensare.
Adesso sono scomparsi anche i pensieri. Solo vuoto... Cosa si può fare col
vuoto? è assolutamente inutile».

Ma se avesse aspettato ancora un po', allora sarebbe sparita anche l'
oscurità. è proprio come quando passi dal sole infuocato all'interno della
casa: tutto sembra scuro, perché i tuoi occhi hanno bisogno di abituarsi. Si
sono fissati sul sole infuocato all'esterno, e in confronto la tua casa
sembra buia. Non riesci a vedere, ti sembra che sia notte. Ma aspetti, ti
siedi, ti riposi su una poltrona, e dopo pochi secondi gli occhi si
abituano. Adesso non è buio, c'è un po' più di luce... Riposi per un'ora e
tutto è luce, non è più scuro.

Se Hume avesse aspettato un po' più a lungo anche l'oscurità sarebbe
scomparsa. Poiché hai vissuto all'esterno, sotto il sole infuocato, per
molte vite, i tuoi occhi sono diventati fissi e hanno perso duttilità. Si
devono sintonizzare. Quando si entra in casa si ha bisogno di un momento, di
un po' di tempo, e di pazienza. Non avere fretta.

Con la fretta nessuno può arrivare a conoscere se stesso. è un'attesa molto,
molto profonda. Ci vuole infinita pazienza. A poco a poco l'oscurità
scompare. Compare una luce senza origine. Non contiene fiamma, non ci sono
lampade che bruciano, non c'è alcun sole. Solo una luce, come al mattino: la
notte è scomparsa e il sole non è sorto... O la sera, al crepuscolo, quando
il sole è tramontato e la notte non è ancora scesa. Ecco perché gli indù
chiamano il momento delle preghiere sandhya. Sandhya significa crepuscolo,
luce senza origine.

Quando entri dentro di te incontri la luce senza origine. In tale luce, per
la prima volta, cominci a capire te stesso, a capire chi sei, perché quella
luce sei tu. Quel crepuscolo, quella sandhya, quella chiarezza pura, quella
percezione, in cui l'osservatore e l'osservato scompaiono, e solo la luce
resta, sei tu.

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