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SCHEDA ARTICOLO N. «01504»

CLASSIFICAZIONE: 3
TIPOLOGIA: YOGA
AUTORE: ROY EUGENE DAVIS
TITOLO: ESPERIENZE CON PARAMAHANSA YOGANANDA
SPAZIATORE bianco

TESTO ARTICOLO

Tratto da:



( Tratto da "God has given us every good thing" - Roy E. Davis - CSA Press
1986 )

.

Il Maestro fu chiamato nella sua stanza (di Gyanamata N.d.T.) perché
era molto malata. Egli sedette con lei, e parlarono. Le chiese: "Hai qualche
desiderio?" Se ce l'hai dimmelo adesso e lo soddisferò subito. Il Maestro
non voleva che lei potesse andarsene con qualche bramosia insoddisfatta o
con qualche rimpianto.

La vita di Gyanamata fu di quieta devozione. Lei e San Lynn a volte
parlavano, e lei sapeva delle sue eccezionali, a volte cosmiche, esperienze
di meditazione. Lei disse al Maestro che a volte aveva avuto paura di aver
sbagliato qualcosa, perché non aveva normalmente sperimentato le esperienze
di meditazione più eccezionali.

Paramahansaji soleva raccontare ai discepoli la storia di un uomo
che fu invitato dal re e andò nei giardini del palazzo. Gli fu detto di
aspettare, e durante l'attesa rimase così incantato dalla loro bellezza che
dimenticò completamente il suo appuntamento con il re. Le guardie dopo un
po'
lo trovarono e lo scortarono al cancello. Non gli fu mai più chiesto di
ritornare.

Il Maestro soleva dire che se l'uomo avesse incontrato il re e
avesse fatto amicizia con lui, avrebbe potuto visitare i giardini tutte le
volte che voleva. La morale era che se una persona fa amicizia con Dio, può
avere accesso ad ogni parte dell'universo, sottile o grossolana, se ha
queste inclinazioni o desideri.

Sorella Gyanamata sapeva questa storia, così quando menzionò che
pensava di aver mancato in qualcosa, il Maestro le disse: "Perché vuoi
girare per i giardini se sei già dentro il palazzo?" Lei comprese.

Dopo che il Maestro la benedì e lasciò la sua stanza, chiese di
essere portato in un luogo da dove potesse vedere l'oceano. Ci disse:
"Mentre ero seduto lì, all'improvviso una grand'onda d'amore riempì il mio
cuore e ritornò verso l'oceano. Seppi in quel momento che Gyanamata era
mancata".

Fu riportato successivamente che dopo che il Maestro aveva lasciato
la stanza, Lei aveva chiesto ad una sorella discepola che la assisteva, di
aiutarla a mettersi seduta sulla sedia per meditare. Nonostante fosse
fragile e debole, si sedette in meditazione e transitò coscientemente dal
corpo.

La capacità di assistere i discepoli durante la transizione da
questo mondo verso le dimensioni sottili era conosciuta a Paramahansaji. In
parecchie occasioni, durante gli anni, egli diceva ai discepoli: "Tizio e
Caio sono mancati recentemente. Io ero lì, e li ho aiutati nella transizione
verso l'altro mondo".

Una volta stava scrivendo qualcosa mentre era ad Encinitas, quando
chiese alle sue segretarie di lasciare la stanza. Più tardi, le richiamò, e
disse loro che era appena stato a San Diego, distante circa 25 miglia, per
assistere la moglie di un caro discepolo durante la sua transizione. Chi era
stato nella camera dell'ospedale confermò le affermazioni del Maestro circa
l'accaduto. La donna era amica del Maestro durante la sua vita, ma a volte
aveva del risentimento perché suo marito era così coinvolto nel lavoro.

Poco tempo prima della sua morte, era stata ricoverata in ospedale perché il
cancro aveva distrutto il suo corpo. Provava forti dolori, e le medicine non
erano più adeguate per lenire la sua sofferenza. Il Maestro l'aveva visitata
in ospedale. Quando uscì dalla camera, disse a suo marito: "Non posso
curarla, ma posso far andare via il dolore". Nel momento della transizione,
chi era nella stanza sentì la presenza di Paramahansaji e lei disse, prima
di mancare: "Yogananda è qui".

Anche un grande Maestro non può sempre fare intrusione nei desideri
o nella condizione karmica di una persona. Di solito, ci deve essere
un'accettazione
da parte di chi ha bisogno della guarigione, perché il Maestro si assuma la
responsabilità di mettere in moto le forze risananti.

Durante le mie prime settimane a Mt. Washington, prima di essere
mandato in Arizona, ci fu un accadimento collegato alla guarigione. Un uomo
anziano viveva sulla proprietà. Era un carpentiere e aiutava nel mantenere
le varie proprietà. Una volta, disse ad un gruppo di giovani monaci: "Vorrei
avere la vostra fede. Ho studiato così tante cose negli anni prima di venire
qua. Credo nel Maestro e mi fido di lui, ma non ho la fede che dovrei
avere".

Si ammalò e fu portato in ospedale. Una sera tardi, il Maestro
ritornò a Mt. Washington e la sua macchina si fermò davanti all'entrata
inferiore. Alcuni monaci erano lì insieme a me, il Maestro s'intrattenne con
noi per alcuni momenti. "Ne vengo adesso dal visitare il sig. Brockway"
disse, "è stato così triste. Gli ho detto se volesse essere guarito". Gli ho
detto: "Mr. Brockway, vuole che la guarisca? Se lo vuole, me lo dica e lo
farò subito!" Era così debole, e mi ha risposto di no. Se avesse detto di si
avrei potuto guarirlo".

Un Maestro a volte intercede, anche quando il discepolo non chiede
aiuto, perché quest'ultimo ha già accordato il permesso a priori oppure è
aperto all'assistenza. Anche una persona non risvegliata ha il libero
arbitrio e la capacità di determinare la sua felicità o infelicità. Un
Maestro può indicare la via e dare qualsiasi aiuto che il discepolo è
disposto ad accettare, ma dipende da quest'ultimo avere la volontà di
sperimentare la trasformazione e i cambiamenti desiderati.

Ho sempre notato che quando ero in sintonia con il mio guru, le
meditazioni erano più profonde, ero più calmo e in pace, e le circostanze
nella mia vita si sviluppavano in maniera più ordinata. Un vero guru non sta
tra Dio ed il discepolo perché è un canale attraverso il quale l'energia
divina fluisce verso il discepolo che è ricettivo ad essa.

A volte, Paramahansaji diceva: "Io non sono il guru, Dio è il guru.
Io sono solo il suo servo". Egli interpretava il ruolo del guru, ma stava
solamente rispettando la volontà di Dio.

Fu nel ritiro del deserto che lo vidi per l'ultima volta nella forma
mortale. Fui invitato a visitarlo alcune settimane prima del suo
"mahasamadhi", l'uscita cosciente dal corpo di uno yogi. Eravamo seduti nel
salotto della sua casa. Una desse sue segretarie gli aveva portato un
bicchiere di succo di frutta, e aveva atteso fino a che fosse stata sicura
che lui lo avrebbe bevuto.

Quando lasciò la stanza, il Maestro disse: "Vedi, per anni non ho
mai fatto caso a mangiare regolarmente. Ora me lo fanno fare". Quindi mi
disse: "Prenditi cura del tuo corpo Roy, hai molto lavoro da fare e devi
essere in salute".

Parlammo per un po', era sorridente e vitale. Mi disse: "Ho appena
finito la Gita, ora il mio lavoro è compiuto. Poco fa, dopo aver completato
l'ultimo capitolo, ero seduto qui a meditare. Ho visto un cerchio d'oro
all'occhio
spirituale. Ho aperto gli occhi e l'ho rivisto nel muro, quindi, ho visto
Babaji, Lahiri e Sri Yukteswar apparire in successione nella luce. Sono
venuti a ringraziarmi per aver terminato il lavoro sulla Gita".

A quel punto mi guardò negli occhi. Eravamo seduti molto vicini. Mi
disse: "Roy, non preoccuparti se gli altri sono o non sono decisi sul
percorso; se parlano troppo o se sprecano troppo tempo. La cosa importante è
che tu arrivi fino in fondo in questa vita, e tu puoi farlo. Sri Yukteswar
diceva: "Il battello che porta le anime oltre il mare dell'illusione fino
alle rive lontane della realizzazione sta per partire. Chi andrà? Chi andrà?
Se nessuno va, io andrò!" Tu devi essere così".

Fece una pausa, come se stesse riflettendo su qualcosa, quindi
continuò: "Prima che Sri Yukteswar facesse la sua transizione, eravamo
seduti insieme ed egli tremò improvvisamente. Gli chiesi quale fosse il
problema, e mi rispose che come un uccello è a volte riluttante a lasciare
la sua gabbia per ottenere la libertà, così l'anima è riluttante a lasciare
la gabbia del corpo per sperimentare l'onnipresenza. Pensava alla sua
imminente partenza". Il Maestro mi guardò più intenzionalmente negli occhi e
chiese "Comprendi?" Io sapevo a cosa si stava riferendo, e che si stava
preparando per gli imminenti eventi che avrebbero accompagnato la sua
transizione.

Paramahansaji era molto aperto con i discepoli con i quali era in
confidenza. Quando camminavamo insieme nei giardini del ritiro del deserto,
egli incoraggiava le mie domande e rispondeva sempre esaurientemente.

Durante il mio primo anno con lui, gli chiesi se ero già stato
insieme a lui. "Ovviamente sei già stato con me", rispose " e sarai ancora
con me molte volte in futuro. Sei venuto, come altri, ad aiutarmi in questo
lavoro".

In quella stessa occasione, gli posi una domanda che, a pensarci in
retrospettiva, sembra un po' avventurosa, ma egli rispose senza esitazione.
Gli chiesi: "Signore, quanti dei maestri menzionati nell'autobiografia di
uno yogi sono pienamente liberati?"

"Non molti", sorrise e replicò, "Molti santi sono contenti di vagare
in Dio per anni perché dona molta beatitudine. Solo pochi hanno il desiderio
di andare fino in fondo".

In quest'aspetto trascendentale, nella miriade di dimensioni astrali
e causali, le possibilità di esperienze sono quasi illimitate. Oltre queste
dimensioni, anche oltre quella della mente di Dio, c'è il campo indisturbato
di pura esistenza. Lo yogi dovrebbe avere, come intenzione, l'esperienza
cosciente di questo campo di puro essere, perché dall'altro lato si è
parzialmente soggetti alle influenze delle forze e inclinazioni della
natura.

Ogni volta che visitavo Mt. Washington, partecipavo sempre alle
meditazioni del mattino e della sera. Durante il giorno, poiché le mie
visite duravano solo alcuni giorni, mi riposavo, meditavo, leggevo e
discutevo dettagli amministrativi circa il centro di Phoenix con il
tesoriere e altri dirigenti del consiglio di amministrazione. A volte il
Maestro mi chiamava nella sua stanza o m'incontrava nei giardini.

Una volta, un ministro più anziano gli disse: "Signore, Roy non è da
troppo poco tempo con noi per stare così distante a Phoenix?" Egli sentiva
che era inusuale che mi avessero mandato laggiù senza aver passato parecchi
mesi, o anni, nel quartier generale. Il Maestro replicò: "Lascia stare il
ragazzo, so quello che faccio".

Durante gli anni in cui stetti con lui, non assegnò nomi monastici
ai discepoli residenti, salvo rare eccezioni, né lasciava che gli uomini
portassero capelli e barba lunghi. Swami Kriyananda ( Donald Walters ) era
un'eccezione per la barba in quanto pensava che l'avrebbe fatto apparire più
anziano.

I discepoli uomini indossavano vestiti semplici mentre lavoravano
nei campi. Gli era detto di tenere i capelli corti e di vestirsi in maniera
pulita. La pulizia era importante, il Maestro diceva, perché le persone li
guardavano. I ministri potevano indossare un vestito bianco quando
conducevano un servizio o davano consigli agli studenti, aggiungendo questa
semplice spiegazione: "Siete giovani, e le persone vi rispetteranno di più
se vi vestirete come ministri". Mi suggerì, una volta, di tenere pulite le
mie scarpe, anche la parte posteriore, perché "Le persone ti guarderanno
quando andrai via, e tu vuoi che tutto sia perfetto. Non fare nulla che
possa indurre le persone a trovare in te qualcosa che non va".

Non vidi mai il Maestro in uno stato di pulizia non perfetta. Lo era
sempre, e indossava abiti sempre perfetti. La sua purezza, con origini al
livello dell'anima, si estendeva ai suoi vestiti, alle maniere, e al modo di
parlare.

Era sempre cortese. Potevamo avere avuto una conversazione di natura
intima fino a tarda notte, eppure il giorno dopo si rivolgeva a me con un
"Come va, Roy?", e la sua domanda era calda e onesta. Anche con i vecchi
discepoli era sempre cortese mentre parlava con loro.

Ci consigliava "Siate allegri, ma seri", intendendo di essere
piacevoli, ma di rimanere centrati. Poteva raccontare storie piene di humour
( e spesso lo faceva ) fino a che sia lui, sia chi ascoltava, finivano per
ridere in maniera incontrollata, ma in un momento poteva parlare di
argomenti filosoficamente importanti e ritornare nuovamente ad un rapporto
di calma cortesia.

Fu a tarda sera del 7 marzo 1952 che Herbert mi telefonò da Los
Angeles. Era calmo e mi disse che il Maestro era mancato quella sera. Mi
disse di condurre un servizio in memoria per i membri e di andare lì subito
dopo, aggiungendo che mi avrebbe dato successivamente i dettagli non appena
mi avesse visto di persona.

Contattai più membri che potei e chiesi loro di passare la voce agli
altri che conoscevano. Durante il servizio, dissi poche parole. Condussi una
meditazione e invitai i membri a mettere un fiore davanti alla foto di
Paramahansaji. Fu un servizio molto tranquillo, pieno d'amore.

Appena giunto a Mt. Washington, fui immediatamente condotto
nell'appartamento
del Maestro. Il suo corpo giaceva sul letto, con il vestito color ocra. I
discepoli andavano e venivano in silenzio, fatta eccezione per alcune
manifestazioni controllate di dolore.

Non posso spiegare in maniera pienamente esauriente i miei
sentimenti in quel momento. Ero cresciuto con la consapevolezza interiore
della presenza di Dio nella mia vita. Ero stato molto vicino a lasciare
questo mondo quando avevo diciotto anni, a causa di una malattia di lunga
durata. Avevo subito la perdita improvvisa di mia madre.

Avevo meditato profondamente per due anni come discepolo del mio guru. Avevo
imparato ad essere in sintonia con lui e con la linea dei maestri quando ero
fisicamente distante. Nella mia mente e nella coscienza avevo girovagato per
l'universo e comunicato con i santi. Ora, ero a fianco del Maestro e questi
non avrebbe aperto i suoi occhi e regalatomi quel solito sorriso di saluto.
C'era una comprensione interiore, un momento di conoscenza. Non c'era una
sensazione di desolazione o mancanza, ma un sentimento di perdita. Lo avevo
amato molto, e lo amavo ancor di più. Ora, in ogni modo, potevo comunicare
con lui solo interiormente.

Non avrei più potuto sentire il contatto della sua mano che mi
benediva, né avrei più potuto toccarlo con affetto quando m'invitava ad
aiutarlo ad entrare nella macchina, o a salire le scale, o quando mi diceva
di avvicinarmi mentre camminavamo insieme. Non ci sarebbe più stato contatto
adesso, ma non c'era un vero senso di mancanza. C'erano i ricordi, e le
occasioni di comunicazione nei piani interiori, quando il cuore è reso
felice e l'anima è arricchita. Vittoria al vero guru, che è l'incarnazione
di Dio per ognuno di noi!

Centinaia di discepoli e amici si riunirono a Mt. Washington per il
servizio funebre. Il corpo del Maestro, in una bara di bronzo, era davanti
all'altare. Durante la cerimonia, il Dr. Lewis lesse alcune selezioni
appropriate dalla Bhagavad Gita. Swami Premananda, l'allora ministro della
chiesa della SRF a Washington, compì dei riti vedici per rilasciare
simbolicamente il corpo dai legami terreni. Rajarsi pronunciò alcune parole
in maniera tranquilla, e mi sembrò essere triste, anche se un flusso divino
si emanava da lui.

L'ambasciatore dell'India negli Stati Uniti, Binay R. Sen, tenne un discorso
commovente, durante il quale menzionò che mentre lui e il suo gruppo stavano
guidando verso Mt. Washington, avevano visto un arcobaleno nel cielo,
un'occasione
di buon auspicio.

Ricordo ancora l'amore presente quel giorno nella stanza. Per
concludere il servizio, tutti camminarono lentamente per vedere il corpo del
Maestro per l'ultima volta, e lasciammo dei petali di rosa sul feretro,
cantando dolcemente om guru om, guru om.

Il corpo fu portato quindi al Forest Lawn memorial Park, e
successivamente messo in una cripta. Cercai un posto isolato dietro
all'edificio
principale dove poter stare solo, e piansi. Dopo essermi parzialmente
ricomposto, girando per i giardini, speravo di poter rimanere da solo con i
miei pensieri. Incontrai J. Oliver Black, ed egli condivise con me parole
private di conforto e comprensione. Mi disse che, qualche giorno prima,
aveva condotto un servizio in memoria a Detroit per gli studenti SRF. La
presenza del Maestro era stata sentita da tutti.

Paramahansaji aveva festeggiato il suo cinquantanovesimo compleanno
due mesi prima del mahasamadhi, l'uscita cosciente di uno yogi dal corpo.
Poiché egli era un Maestro spirituale, conosceva il suo passato e il suo
futuro. Sapeva cos'era venuto a fare sulla terra. Doveva porre le fondamenta
dello yoga nell'ovest, lavorare con i discepoli che sarebbero stati attirati
a lui, e scrivere i suoi molti libri.

I giorni prima della sua transizione furono molto attivi. Era
ritornato a Mt. Washington dal suo ritiro nel deserto il 4 marzo 1952 per
salutare l'ambasciatore Sen ed il suo seguito. Li ospitò a Mt. Washington e
gli portò dei regali. Il giorno seguente, chiese di essere portato al
santuario del lago a Pacific Palisades. Camminò nei giardini, si sedette
all'organo
della cappella dove cantò e suonò a lungo, quindi pranzò con alcuni
discepoli. Al ritorno a Mt. Washington, quel giorno, si fece portare in un
punto dal quale avrebbe potuto vedere le proprietà, quindi, diede alcuni
consigli a quelli che erano vicini a lui circa le riparazioni e i
miglioramenti da apportare.

Herbert Freed era con il Maestro quel giorno, e chiese circa i
futuri sviluppi del lavoro. "Ho l'opportunità di iniziare un altro lavoro
nella parte ovest del paese, molto simile a questo, ma che non interferirà
per niente con questo".

Il 7 marzo, il Maestro rimase nella sua stanza, per la maggior parte
del tempo a meditare in silenzio. Più tardi fu portato al Biltmore Hotel a
Los Angeles, e gli fu data una stanza. "Immagina", disse, "Ho una stanza al
Biltmore". Ricordò la sua prima visita a Los Angeles nel 1925, quando stette
in quell'hotel e tenne delle conferenze ad una folla straripante in un
auditorium vicino. A centinaia erano stati mandati via perché l'enorme
edificio non poteva ospitare tutti.

Un banchetto in onore dell'ambasciatore Sen era previsto per quel
giorno, e il Maestro era stato invitato come uno degli ospiti a tenere un
discorso. Durante l'evento, chi ebbe l'occasione di osservarlo, notò che era
molto calmo, benché attento agli altri. Quando gli fu chiesto di parlare,
non appena si alzò, disse alla moglie dell'ambasciatore Sen: "La vita ha le
sue rose e le sue spine; dobbiamo imparare ad accettarle entrambe".

Parlò con calma per alcuni minuti, parlando delle sue prime
esperienze in America, e richiedendo la cooperazione tra i popoli della
terra per assicurare pace e armonia. Concluse l'intervento recitando un
poema composto anni prima, "Mia madre India". Non appena completata la riga
finale, "Io sono benedetto, io mio corpo ha toccato quel suolo sacro", si
volse verso destra e uscì dal suo corpo. (..)

La tomba del Maestro è un luogo di pellegrinaggio ancora oggi. Di
tanto in tanto, quando visito Los Angeles, vado verso Forest Lawn per
passare alcuni momenti.

o

Mentre ero a Mt. Washington, mi fu dato un certificato
d'ordinazione.
Poiché il Maestro era mancato due giorni prima del mio ventunesimo
compleanno, l'età nella quale potevo essere considerato un ministro ordinato
dello stato della California, il certificato porta la firma di Rajarsi
Janakananda ( Il nome monastico di San Lynn ) e quello della segretaria
della Self-Realization Fellowship Florinda Darling. Una copia di quel
certificato è ora appesa sulle mura del mio ufficio al CSA, a Lakemont, in
Georgia.

Paramahansaji mi aveva ordinato già parecchio tempo prima, nel tardo
autunno dell'anno precedente. Herbert Freed e io stavamo visitando Mt.
Washington per alcuni giorni, e il Maestro ci chiese di incontrarlo nella
hall vicino al suo appartamento, nel piano superiore dell'edificio. Dopo
averci dato alcuni consigli sul centro di Phoenix, si girò verso di me e mi
disse: "Inginocchiati". Lo feci vicino alla sua sedia, ed egli mise le sue
mani sopra la mia testa.

Parlò con calma autorità e intenzione " Ti ordino ministro
dell'autorealizzazione,
e ti do l'autorità di rappresentare Dio e la linea dei guru. Insegna agli
altri come io ho insegnato, guarisci gli altri come io ho guarito, e
iniziali nella scienza del kriya yoga". Herbert fu visibilmente sorpreso, e
chiese al Maestro: "Signore, intende che dobbiamo iniziare le persone al
kriya yoga?" Herbert pose questa domanda perché sapeva, come lo sapevo io,
che a quel tempo solo il Maestro e alcuni ministri selezionati conducevano
il servizio d'iniziazione al kriya yoga.

Il Maestro lo guardò e disse: "Perché no? Lo stesso Dio che è in me
è in te! Quello che faccio io, lo dovresti fare anche tu!".

Non iniziai altre persone al kriya yoga fino a qualche anno più
tardi, quando avevo lasciato l'organizzazione. In ogni caso, con il permesso
del Maestro, istruii alcuni studenti nelle pratiche del mantra e
dell'ascolto
del suono interiore.(.) Rividi anche la tecnica del kriya con le persone che
erano state già iniziate dal Maestro o da qualcuno dei ministri anziani.

Durante quei pochi minuti nella hall con il Maestro, divenni un
insegnante rappresentante della tradizione che ha le sue radici del remoto
passato; alcuni dicono che va indietro di centomila anni, altri, che la
tradizione esisteva nelle dimensioni sottili prima che i mondi fossero
creati. (.)

Attraverso Paramahansaji e la mia linea dei guru, io sono
spiritualmente (.) connesso con una linea di maestri illuminati che estende
la sua influenza fino ai tempi presenti. Un insegnante di questa tradizione
non insegna semplicemente quello che hanno insegnato i suoi predecessori, ma
è un'incarnazione degli insegnamenti. Attraverso lui o lei, la coscienza e
le energie spirituali di Dio, sono trasmesse. (.. )

Era l'abitudine del Maestro di osservare attentamente i suoi
discepoli, per notare lo sviluppo delle loro capacità interiori. Quando
sentiva che un discepolo era pronto a rappresentare lui o la tradizione di
cui lui faceva parte, ordinava il discepolo.

Alcuni erano sorpresi quando erano ordinati, ed esprimevano anche le
loro sensazioni d'inadeguatezza verso questa responsabilità. Il Maestro
diceva: "Dio mi dice chi è pronto e chi non lo è. Io non commetto errori".

-

Nota del Traduttore: Furio Sclano

Roy E. Davis lasciò la SRF nel 1953, e diventò, in seguito, direttore del
"Center for Spiritual Awareness" ( CSA ), un'organizzazione spirituale
tuttora esistente. Il sig. Davis è uno dei pochissimi discepoli viventi del
grande Maestro Paramahansa Yogananda, ad essere stato da lui autorizzato ad
insegnare il kriya yoga.
Chi volesse contattarlo o ricevere informazioni sulle attività del CSA può
scrivere a:

Center for Spiritual Awareness
p.o. Box 7
30552 Lakemont GA - USA
csainc@csa-davis.org

Traduzione dall'inglese americano a cura di Furio
fsyukteswarji@yahoo.com
22.08.2004

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