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SCHEDA ARTICOLO N. «01732»

CLASSIFICAZIONE: 5
TIPOLOGIA: AFFINE
AUTORE: ALICE BANDUCCI
TITOLO: GEORGES BATAILLE. L’ISOLAMENTO
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TESTO ARTICOLO

Georges Bataille. L’isolamento

di Alice Banducci

"Ognuno di noi è come confitto in un angusto isolamento. Nient’altro
conta ai suoi occhi se non lui stesso".


Tanti uomini formano una comunità, una città, uno stato: sono un
gruppo, sono cittadini e abitanti di un territorio. Ognuno è un
individuo singolo appartenente alla collettività; ogni uomo è parte di
un tutto, un ente unico e inimitabile che esercita il suo potere di
essere insostituibile. Percepire la propria singolarità e
particolarità è un atto di coscienza; si ha la consapevolezza infatti
di possedere una realtà interiore che dona movimento e vita al nostro
corpo e al nostro essere individuale.

Georges Bataille ricorda come questa forza che ci mantiene separati
l’uno dall’altro possa essere la prima fonte di energia che spinge
ciascuno di noi a trovare nell’altro e nella comunicazione
un’espressione completa e totale del nostro essere uomini.

Siamo tutti individui che viviamo in una realtà confusa, complessa e
apparentemente statica. Abitiamo città, viviamo in edifici massicci,
alti, camminiamo lungo strade prestabilite e note; apparteniamo a
questo mondo che Bataille chiama "il mondo dei solidi".

Questa dimensione non dimentica la materia e la sua consistenza; noi
ne facciamo parte, ma siamo anche esseri attivi, e vivi, generiamo un
forza interiore che ci allontana da questo destino prestabilito di
creature mortali e distruttibili. Ognuno si abbandona all’altro;
rinunciamo a parte di noi stessi, ci separiamo dal "mondo dei solidi"
per ritrovarci in una dimensione piena di luce, elettrica: nel
comunicare viviamo l’opposizione e il contrasto di questa vita fatta
di materia e del sospeso che ci circonda.

L’isolamento è la condizione dell’essere umano; la comunicazione
permette il contatto. Le impressioni che riceviamo dall’esterno
possono rendere il mondo meno angusto ai nostri occhi, ma quello che
conta poi infondo non siamo noi, ma il mondo stesso. La morte svela la
menzogna in cui viviamo: l’individuo non è altro che parte di questa
realtà sfuggevole. Riportare tutto a noi stessi è un tentativo vano.

L’essere umano è unico, ma la sua singolarità non può che cedere di
fronte a un destino ineluttabile. La morte cancella il singolo e
azzera le differenze: ritorna il mondo in primo piano. Per ironia
della sorte viviamo una condizione tragica: solo morendo raggiungo la
completezza. La solitudine si risolve nella perdita della vita stessa,
l’individuo annienta il proprio universo per abbandonarsi al tutto che
lo circonda.

Viviamo nel paradosso, scissi da una costante irrequietezza: da un
lato noi, come individui singoli, che prendono come punto di vista sul
mondo il proprio; dall’altro il mondo, il tutto compatto in cui ogni
parte si fonde e si completa. Il binomio non si risolve, ma si accende
e si infuoca, nessuno può rinunciare al proprio io, al suo essere
"particolare", ma allo stesso tempo non può dimenticare l’altro, il
desiderio di unire se stesso con ciò che lo circonda e lo avvolge.

La forza di ciascuno risiede in questo perenne contrasto. Diventa
grottesco, però, pensare a questo uomo, che per istinto e natura vive
solo; cosciente del proprio essere singolo si ritrova parte del mondo,
e allora cerca il contatto, ma cade nell’errore. Sbaglia a credere che
quello che vede segue la sua privata necessità; è il mondo che domina
questa energia, di cui l’uomo è sì parte, ma come spettatore.

La sfera d’isolamento è una prigione socchiusa: rinchiude e protegge.
Una piccola fessura rende questa condizione ancora più precaria: da un
lato illude, dona allo sguardo un’ipotetica via di fuga, dall’altro
lato non permette di allontanarsi da questo mondo interiore.

La morte non è altro che un goffo, ma efficiente tentativo di
abbandonare questa prigione per ritornare al mondo; la fine diventa un
inizio a cui l’uomo non può sottrarsi. Credere nel proprio isolamento
come condizione necessaria di tutto ciò che è, diventa il vero orrore
di questa esistenza, unica, singolare, ma mai eterna.

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