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SCHEDA ARTICOLO N. «01733»

CLASSIFICAZIONE: 4
TIPOLOGIA: CONGENERE
AUTORE: DAISAKU IKEDA
TITOLO: LA FRECCIA AVVELENATA
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TESTO ARTICOLO

La freccia avvelenata
Da : 'La nuova rivoluzione umana' - di Daisaku Ikeda

Buddha Shakyamuni non si rivolgeva mai alle persone in modo autoritario.
Sapeva accordare con sensibilita' il suo cuore alle emozioni di chi lo
ascoltava e ovunque predicasse esponeva liberamente la Legge con grande
flessibilita', in modo che corrispondesse alle capacita' di coloro ai
quali si rivolgeva.

Un giorno, mentre si trovava a Shravasti, incontro' una madre a cui era
morto l'amato figlioletto; la donna vagava sconvolta per la citta' con
il cadaverino del figlio stretto al seno.

"Datemi una medicina per salvare il mio bimbo!" imploro' disperata con
gli occhi rossi di pianto, rivolta a Shakyamuni; questi, resosi conto
della situazione, le disse : "Tu ora vai in citta' e portami dei semi
di papavero"

Gli occhi della madre si accesero di speranza. "Pero'" aggiunse,
Shakyamuni ponendo una condizione "devi farteli dare da una
famiglia dove non e' mai morto nessuno".

La madre si precipito' in citta' e busso' di porta in porta. Ma, benche'
alcuni avessero in casa dei semi di papavero, non c'era nessuna famiglia
che non avesse avuto morti in casa. La donna sconvolta dal dolore prese
gradualmente coscienza che in fondo al cuore di ogni famiglia giaceva,
quietamente riposta, la tristezza di aver perduto una persona amata.
Tramite questa esperienza le venne trasmesso il principio di
impermanenza insito nella vita, cosi' che comprese di non essere la
sola a soffrire quella pena.

La donna divento' una seguace di Shakyamuni e successivamente venne
riverita come una saggia.

Sarebbe stato impossibile consolarla con le parole che comunemente
vengono usate in queste occasioni, visto che era quasi folle per il
dolore e lo sgomento. Egli aveva considerato acutamente le situazione e
aveva escogitato lo stratagemma descritto. Era un brillante medico della
vita, capace di rivitalizzare i cuori feriti della gente.

Uno dei suoi discepoli aveva una certa inclinazione a porre domande di
tipo filosofico del genere : "Il mondo e' finito o infinito ?" "lo
spirito e il corpo sono separati o no?" Shakyamuni non prestava molta
attenzione a queste domande, ben sapendo che i problemi della vita non
potevano essere risolti da una speculazione filosofica lontana dalla
realta' di tutti i giorni. Questo atteggiamento irritava il discepolo,
che adorava questo genere di conversazioni intellettuali. Un giorno si
alzo' in piedi e dette voce alla sua insoddisfazione dicendo "Onorato
dal mondo, se se continuate a rifiutarvi di rispondere alle mie domande
abbandonero' l'ordine Buddista."

Al che Shakyamuni replico' con aria di biasimo : "C'era una volta un
uomo che fu colpito da una freccia avvelenata e cadde a terra
agonizzante. I suoi cari e i suoi amici accorsero al suo fianco e
cercarono di estrarre la freccia onde curargli al ferita. "Chi ha
scagliato la freccia?" chiedeva e "Qual'e' il suo nome?" e ancora : "Che
aspetto ha?" Insisteva. Pretendeva che nessuno estraesse il dardo e gli
somministrasse il medicamento fintanto che non avesse ricevuto risposta
a queste domande. Poi volle informarsi circa il tipo di freccia che lo
aveva colpito, di quale materiale fosse fatta e cosi' via finche alla
fine mori'.

"Anche tu, non c'e' dubbio, perirai senza aver raggiunto alcunche'
proclamando fino al tuo ultimo respiro che non farai progressi nella tua
pratica fintanto che non verrai a sapere se il mondo e' finito o
infinito".

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