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SCHEDA ARTICOLO N. «01744»

CLASSIFICAZIONE: 2
TIPOLOGIA: BUDDISMO
AUTORE: ALESSANDRO SELLI
TITOLO: IL TERZO PRECETTO: IL SESSO NEL BUDDHISMO
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TESTO ARTICOLO

Il terzo precetto (il sesso nel buddhismo)
Traduzione di Alessandro Selli

Il comportamento sessuale (kama o methuna) è una qualsiasi azione
motivata dal desiderio erotico solitamente coinvolgente la regione
genitale. Questo include tutte le forme di coito, sesso bacinale,
masturbazione, palpeggiamento sessuale e forse anche il voyeurismo.
Il terzo dei cinque precetti, i principi base dell'etica buddhista,
dice che si dovrebbe evitare l'erronea condotta sessuale (kamesu
micchacara). Che cosa rende un comportamento (cara) sessuale (kama)
erroneo (miccha)?

Una volta, mentre pronunciava un suo insegnamento ad una platea di
brahmani, il Buddha disse che una relazione sessuale con (1) ragazze
sotto la custodia dei loro genitori (maturakkhita, piturakkhita),
ossia minorenni; (2) protette dal Dhamma (dhammarakkhita), monache o
quante abbiano fatto voto di celibato; (3) sposate [con altri, NdT]
(sassamika); (4) sottoposte a punizione, (saparidanda), ossia
incarcerate; oppure quelle (5) ornate di ghirlande
(malagunaparikkhitta), ossia promesse in sposa, sarebbe sbagliato
(A.V,264). Siccome questo discorso era indirizzato a degli uomini, il
Buddha parlò solamente di compagne di sesso femminile. Avesse tenuto
il discorso a delle donne avrebbe naturalmente parlato degli omologhi
maschi.

Kamasutra Un bambino è improbabile che abbia la maturità o
l'esperienza di prendere una decisione informata riguardo il sesso,
mentre fare sesso con [persone che rientrano nei casi] 2, 3 e 5
causerebbe la rottura da parte loro di un voto solenne oppure di una
promessa, ossia il mentire [quarto precetto, NdT]. Una persona
incarcerata potrebbe essere costretta a fare cose che non vorrebbe
veramente fare e quindi non può compiere una scelta veramente libera.
È chiaro da ciò che il sesso che implica sfruttamento, disonestà o
coercizione o che per qualsiasi ragione non sia consensuale sarebbe
un'infrazione del terzo precetto.

Per quanto non qui dichiarato, anche l'uso o la minaccia della forza
fisica (ossia lo stupro) per obbligare qualcuno a fare sesso, come
pure avere una relazione sessuale con una persona sotto l'influsso di
sostanze intossicanti oppure mentalmente incapace sarebbe qualificato
come un'erronea condotta sessuale. Dal punto di vista buddhista
quindi il sesso prematrimoniale o compiuto durante le mestruazioni
(proibito nell'induismo e nell'islam), la masturbazione,
l'omosessualità, [il sesso] con una persona di bassa casta (proibito
nell'induismo) o l'ingordigia sessuale, mentre potrebbe forse essere
ritenuto sconsigliabile, socialmente inaccettabile o non conducente
alla maturazione spirituale, non costituirebbe di per se una rottura
del terzo precetto.

Kamasutra 2 Come in molte società il sesso nell'India antica era
circondato da numerose superstizioni, restrizioni e tabù. I brahmani
credevano che avere una relazione sessuale con la propria moglie
quando questa era incinta avrebbe reso il feto impuro (atimilhaja), o
che il farlo quando allattava avrebbe reso impuro il suo latte e
quindi il bambino (asucipatipita). Insegnavano che il sesso era
corretto solo per riprodursi e non per il piacere (kama), per sport
(dava) o per provare la delizia dei sensi (rati). Credevano anche che
fosse sbagliato che una coppia facesse sesso durante le mestruazioni
della donna (utuni). Il Buddha elogiò i brahmani che seguivano tali
regole ma non perché fosse d'accordo con queste regole, ma perché si
dimostravano coerenti con quello che predicavano (A.II,226). Non ci
sono esempi in cui abbia aderito a qualsiasi superstizione sessuale o
in cui ne abbia insegnate ai suoi discepoli. Un'altra credenza molto
diffusa era che abbandonarsi a troppa pratica sessuale avrebbe causato
la tosse (kasa), l'asma (sasa), dolori articolari (daram) e mancanza
di giudizio (balaym, Ja,VI,295).

Mentre accettava che il sesso fosse una parte normale della vita dei
laici, il Buddha in genere ne aveva una cattiva opinione. Lo
respingeva come una cosa "da villici" (gama dhamma, D.I,4); cioè
comune, banale e mondana. Nella sua visione un maggiore desiderio per
il piacere sensuale (kamacchanda) causa irrequietezza fisica e
psichica e questo stato devia la propria attenzione dalle aspirazioni
spirituali e costituisce un impedimento alla meditazione.
Incoraggiava i suoi discepoli [laici, NdT] più seri a porre dei limiti
al loro comportamento sessuale o a darsi al celibato (brahmacariya).
Per i monaci e le monache, naturalmente, il celibato era necessario.
Tuttavia l'esperienza insegna che prendere il voto di celibato quando
uno non è pronto può essere di tutto tranne che d'aiuto. La lotta e
la negazione continua contro il desiderio sessuale possono creare più
problemi di quanti ne risolvano e infatti possono persino essere
psicologicamente dannosi.

Inviato da Shravasti Dhammika
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