DONNE di SAGGEZZA, NELLA STORIA BUDDISTA [MANORATHA PÛRANÎ dall’ANGUTTARA, I. 14. 5.] Quarto Vagga. FONTE: LISTA SADHANA 1. Mahâpajapatî Gotamî.
La prima della serie di Theris (cioè, Mahâ Gotamî, Grandi Saggie), appare come il capo di coloro che hanno grandi esperienze. Senza andare troppo indietro nella storia delle sue prime origini, si dice che essa venne in esistenza al tempo del Buddha Padmuttara, in una nobile famiglia di Hamsavatî. Dopodichè, sentendo il Maestro fare un discorso di Dharma, e vedendolo esaltare una certa monaca che era arrivata molto in alto, lei si propose di voler arrivare alla stessa posizione. Quando ebbe fatto atti di carità per tutta la sua vita, ed avendo fatto il voto per adempiere ai precetti, ed avendo osservato il Sabbath, dopo che centomila Kalpa erano passati, lei rinacque a Benares, come la principale di cinquecento schiave. Ora, quando cominciò la stagione di Vassa, cinquecento Pratyeka Buddha vennero giù dalle grotte di montagna ad Isipatana ed andarono in città per elemosinare. E proprio quando arrivarono ad Isipatana, essi pensarono, -Dovremo chiedere loro di preparare un'abitazione per noi; capanne per la stagione di Vassa-. Quindi, indossando vesti da mendicanti, ed entrando di notte nella città, essi si misero vicino alla porta della casa di un mercante. La capo delle schiave aveva appena preso il suo vaso d’acqua e stava tornando giù dal guado per l’acqua, quando vide i cinquecento Pratyeka Buddha che entravano nella città. Il mercante, sentendo (la ragione) del loro arrivo, disse: -Noi non abbiamo tempo! Andatevene via.-
Ora, quando essi stavano partendo dalla città, la schiava principale, portando il suo vaso d’acqua, stava rientrando (in città) e li vide. Lei li salutò e s’inchino ad essi, coprendosi il volto. -Signori-, chiese, -Perché siete venuti in città, e perché ora state andando via?- -Noi venimmo a chiedere che si fosse costruita per noi un'abitazione per la stagione di Vassa-, loro dissero.
-E ci siete riusciti, signori?- lei disse.
-No, non ci siamo riusciti, figlia-, loro dissero.
-E queste capanne che dovrebbero essere costruite - possono essere costruite solamente da nobili o anche dal popolo povero?- lei chiese.
-Esse possono essere costruite da chiunque-.
-Molto bene, signori, le faremo noi-, lei disse. -Domani riceverete il vostro cibo da me-. E avendoli così invitati, li condusse verso l'acqua, poi riprese il suo vaso pieno d’acqua ed andò via. E, stando sulla strada che conduceva al guado, lei disse ad ognuna delle ragazze-schiave che arrivavano, -Stai qui-, e quando esse furono tutte arrivate, lei disse, -Figlie mie, volete fare sempre il lavoro da schiave per un altro, o desiderate essere liberate dalla schiavitù?-
-Noi saremmo contente di venire liberate oggi stesso, madre-, esse risposero.
-Quindi, fate lavorare i vostri mariti un giorno per questi cinquecento santi, che non possono trovare operai ed ai quali io ho fatto la promessa di provvedere per domani-, lei disse.
-Così sia -, esse dissero.
E, avendo accettato esse stesse questo, dissero di ciò ai loro mariti, quando essi furono di ritorno dalla foresta.
-Molto bene-, dissero loro, e si radunarono tutti davanti alla porta della casa del capo delle schiave.
Ora la donna-schiava principale disse loro, -Amici miei, offrite il vostro lavoro a questi santi uomini-. E mostrando la sua intenzione (e ammonendo con forti grida quelli che non desideravano lavorare) lei li costrinse ad essere d'accordo.
L’indomani, quando ebbe dato un pasto ai Pratyeka Buddha, lei diede le istruzioni a tutti gli schiavi. Essi si recarono immediatamente nella foresta e tutti insieme portarono materiali per costruire e, dividendoli in parti di cento, essi costruirono capanne, una per ogni Buddha, avendo prima fatto un chiostro. E loro misero mobili, cioè letti e sedie, e acqua da bere, e fecero fare ai Buddha un voto per abitare là tre mesi. E si impegnarono ad alimentarli, e se qualcuno di essi non fosse stato in grado (di farlo) allorchè fosse venuto il suo turno, sarebbe stato a lui portato cibo dalla casa della schiava principale, così poteva darglielo.
E, alimentandoli così per tre mesi, la donna-schiava principale fece portare da ognuna delle donne-schiave un indumento di stoffa. Vi furono cinquecento stoffe grezze; e avendole scambiate, lei comprò tre tuniche per ognuno dei cinquecento santi. E, come essi le videro, i cinquecento Buddha, passando attraverso l'aria, ritornarono alla montagna Gandhamâdan.
Così tutte queste donne, avendo passato la loro vita in buone azioni, rinacquero nel paradiso dei Deva. E la loro principale, quando dovette morire, rinacque in un villaggio di tessitori, vicino a Benares, nella casa di un maestro-tessitore. Ora, in un certo giorno, cinquecento giovani Buddha vennero a Benares, invitati dal re, e quando essi giunsero all’ingresso del palazzo, guardandosi intorno e non vedendo nessun, si rigirarono e, uscendo dalle porte della città, arrivarono al quel villaggio di tessitori. Questa donna, vedendo i Buddha e salutandoli amichevolmente, diede loro del cibo. Essi, dopo aver preso il loro pasto nella maniera dovuta, ritornarono immediatamente sul monte Gandhamâdan.
E la donna, dopo aver condotto una vita virtuosa e passando attraverso mondi di deva e il mondo degli uomini, rinacque, proprio poco prima del nostro Maestro, rientrando in vita nella casa dell’eminente Suppabuddho. Il suo cognome era Gotamî. Lei era la sorella più giovane della celebre regina Mâyâ. Brahmini che erano bravi negli incantesimi, avendo percepito i segnali della grandezza in queste due donne, profetizzarono che i figli da esse concepiti sarebbero stati monarchi universali. Il grande Re Suddhodana, tenendo una gran festa al raggiungimento della sua maggiore età, portò le due sorelle dalla loro casa al suo proprio palazzo. Dopodichè, il nostro Bodhisattvatva svanì dal cielo di Tusita e rientrò in esistenza nell'utero di Mâyâ. Mâyâ, nel settimo giorno dopo la sua nascita, morì e rinacque di nuovo nel cielo di Tusita. Il Re Suddhodana elevò Pajâpatî (zia del Beato) al rango di Regina-consorte. Ed a questo punto nacque il giovane principe Nanda. Pajâpatî, mandando ad allevare Nanda da una vice-madre, continuò a prendersi cura del Bodhisattvatva.
Più tardi, quando il Bodhisattva si isolò dal mondo e raggiunse la saggezza, facendo il bene all’umanità, a tempo debito si recò nella città di Kapila, entrò nella città, cercando elemosine. Ora suo padre, il grande re, avendolo sentito predicare il Dharma anche per strada, si convertì. Due giorni dopo, anche Nanda abbracciò la vita ascetica, e sette giorni dopo, anche Râhulo il figlio di Gotama.
Poi, il Beato prese dimora in una sala turrita vicino Vesâli. A questo punto il gran Re Suddhodana morì, dopo avendo raggiunto lo stato di Arahat sotto il reale ombrello bianco. Quindi, anche Pajâpatî concepì il pensiero di entrare nella vita religiosa. E poi, alla fine del Ralahavivâda-Sutta, o Discorso sul conflitto e contesa, Pajâpatî si stabilì sulle rive del fiume Rohini, frequentato da cinquecento giovani fanciulle che si erano convertite e che erano venute, d’accordo con Pajâpatî, tutte pensando, -noi entreremo nella vita religiosa sotto il Maestro-. Con Mahâpajâpatî alla loro testa, si recarono dal Maestro dicendogli che esse erano intenzionate ad entrare nell'Ordine.
Ma perfino questa donna Pajâpatî, la prima volta che implorò il Maestro che lei voleva entrare nell'Ordine, non ottenne il suo desiderio. Perciò, andò dal barbiere, si fece tagliare i capelli, indossò la veste gialla, e prendendo con lei tutte queste donne Sâkya, andò a Vesâli, a cercare il Thera Ânanda per implorare il Santo per lei. E così riuscì ad entrare nella vita religiosa ed a ricevere l’ordinazione, soggetta alle otto leggi principali. E tutte le altre donne ricevettero l’ordinazione alla stesso tempo. Questo è un breve sommario, poichè l’intera storia è riferita nel Canone [Nei Testi del Vinaya, iii, 320-327]. Quando fu così ammessa nell'Ordine, Pajâpatî essendosi avvicinata al Maestro, gli fece un inchino, e gli si mise su un lato. E il Maestro le predicò la Dottrina, e questa donna, istruita dal Maestro nell’estatica meditazione, raggiunse lo stato di Arahat. E le altre cinquecento monache, alla fine del discorso a Nandaka raggiunsero anch’esse lo stato di Arahat. Così questa storia racconta.
Dopodichè, il Maestro, sedutosi a Jetavana, assegnando i posti alle Bhikkhunî, esaltò Pajâpatî sul posto principale fra coloro che sono grandi in esperienza.
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