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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «00094»

TERMINE: AMOR SACRO ED AMOR PROFANO
DEFINIZIONE:

Famoso quadro del Tiziano (Vecellio) custodito presso la Galleria Borghese di Roma. É un olio su tela di 118 x 279 cm., dipinto nel 1515-16 per il gran cancelliere di Venezia Niccolò Aurelio. Ai lati di un antico sarcofago ornato di sculture (adibito a fontana), verso il quale si china un amorino, stanno le due figure femminili che forniscono il titolo al dipinto: una è sontuosamente abbigliata, e l’altra nuda, e di classica e rigogliosa bellezza. Sullo sfondo un vasto paesaggio al tramonto. A sinistra si vedono i tetti di un villaggio, raccolto attorno ad un torrione, a destra cacciatori e cani, pastori e greggi, ed un lontano villaggio sulle rive di un lago. Un campanile aguzzo si staglia contro il cielo solcato da nubi, illuminate dai riflessi del sole morente. Il motivo è giorgionesco, ma le figure hanno una loro vita autonoma, mentre il paese svolge un armonioso contrappunto alla scena del primo piano. La sontuosità cromatica del dipinto è ottenuta con il sapiente accostamento e la contrapposizione di pochi colori fondamentali, nella ricchissima gamma dei loro valori tonali. Y (Simbologia) Conoscendo il titolo del quadro, verrebbe subito da pensare che la figura vestita a sinistra rappresenti l’Amore Sacro, per la sua aria mite e composta, vestita di tutto punto, mentre l’altra figura nuda a destra dovrebbe rappresentare l’Amore Profano. Un giudizio logico e naturale in base alla morale cristiana. Ma non era affatto a tale morale che Tiziano si ispirava ed intendeva illustrare. Una interpretazione corretta può sgorgare solo dall’attento esame delle differenze fra le due figure femminili: nell’abbigliamento, nei colori, nello sfondo, nella posizione, nel gesto ed nel contrasto tra scrigno e bacile. Occorre innanzitutto tenere presente che nell’antichità la nudità era considerata simbolo di purezza, di genuinità, di virtù, di candore, e soprattutto di assenza di finzioni (pura verità e nuda verità sono tuttora sinonimi). Quindi l’Amor sacro è raffigurato nudo, mentre l’altro, quello profano, e vestito sontuosamente in quanto sono appunto gli abiti e l’acconciatura i più importanti artifici a cui ricorre l’Amor profano , meno bello del sacro, per aumentare artificiosamente l’attrazione tra i due sessi. Tra l’altro non è vero l’Amore sacro sia nudo, poiché è abbigliato con un mantello rosso che peraltro copre appena il braccio sinistro, a significare che la sua presenza non intende menomare la bellezza del nudo integrale, ma che è solo simbolo : infatti con il suo fluttuare liberamente al vento indica la spiritualità della figura che adorna, e con il suo color rosso evidebzia la natura ardente e superiore della figura stessa. Inoltre un velo copre il pube della figura nuda, ma essendo leggerissimo, quasi inconsistente, anche la sua presenza (come quella del mantello) non contamina l’integrità del nudo, servendo solo ad evidenziare che il sesso è estraneo alla scena, quindi è velato. L’Amore Sacro sfoggia soltanto un mantello rosso, classico segno dell’amore profano; ma non bisogna dimenticare che i neoplatonici (Marsilio Ficino e Pico della Mirandola in testa) ritenevano l’estasi sacra pari alla voluttà più intensa, ossia la paragonavano all’esasperata voluttà terrestre, e che ermeticamente il rosso è l’ultimo ed il più perfetto dei tre colori ermetici (gli altri due sono il nero ed il bianco), e che esso simboleggia il compimento della Grande Opera alchemica. Essendo il rosso, colore puro come il giallo ed il blu) il solo colore prossimo all’Amore Sacro, esso indica semplicità e purezza, doti evidenziate già dalla nudità. Infine il rosso è anche simbolo di superiorità e di regalità, nonché dell’Arte reale. Perciò il color rosso indica il più elevato grado ermetico, la purezza, la regalità ed anche l’amore ardente di natura superiore, spirituale, la pura e divina voluttà dell’estasi che spazia verso l’alto, nel puro cielo dipinto anch’esso del puro color blu. In contrasto con l’unicità cromatica dell’Amor sacro, spicca la molteplicità dei colori di quello profano, tutti attenuati e mancanti comunque del rosso: un pallido rosa fa capolino tra le maniche del vestito. I colori sono tanti perché pure tanti sono gli amori profani: carnale, materno, fraterno di patria, ecc., e sono attenuati perché nessuno di essi è puro. Ad accentuare ancor più la differenza tra le figure femminili, l’autore ha posto loro sfondi differenti. L’Amor profano ha sfondo oscuro, con una collinetta ed un castello, simboleggianti la non elevatezza e la precarietà (castello) proprie della mondanità. Invece l’Amore Sacro si staglia su un ampio e luminoso orizzonte, ove il cielo predomina (bellezza celestiale), ed una chiesa con campanile svettante verso l’alto, ad indicare che si tratta di nudità Sacra. La posizione delle due donne: quella nuda è alta, slanciata, ed occupa una posizione più eminente, che evidenzia come sia lei il primo piano dell’opera. Inoltre è seduta sull’orlo del sarcofago, ma vi si appoggia lievemente, come se dovesse presto alzarsi, mentre l’altra appare stabilmente seduta, più in basso e più formosa, pesante, evidenziando la sua stabile materialità nei confronti dell’aerea spiritualità della sua compagna nuda. Nella gestualità poi, mentre l’Amore Sacro ha un braccio alzato verso il cielo, l’altro indicante la terra in basso, formando un gesto ieratico richiamante l’Aleph ebraico, e ricordando il detto della Tavola di smeraldo (v.): "ciò che è in basso è simile a ciò che è in alto". Una mano contiene un vaso di fuoco ed un’altra indica una rosa: la prima simboleggia gestualmente l’Amore elevato, celeste, spirituale, inestinguibile Amore divino, mentre la seconda ricorda invece l’effimero (la rosa dura un solo giorno)ed è piena di spine. Le mani del profano sono l’una in grembo e l’altra appoggiata su uno scrigno; la mano destra si trova nella stessa posizione del velo dell’altra figura, indicando ciò che il velo adombra, ovvero il sesso. Visto che l’altra mano dell’Amore profano è posata su uno scrigno, il confronto va fatto con il bacile prossimo alla mano di quello sacro. Lo scrigno è chiuso, il bacile è sprovvisto di coperchio, aperto a tutti. La prima scena (profano) simboleggia l’egoismo, la mano posata sullo scrigno è atto di possesso e di impedimento ad altri di aprirlo per vederne il contenuto, mentre il bacile indica l’altruismo infinito, aperto ed illimitato, come la trascendenza dell’Amore Sacro. Lo scrigno chiuso è simbolo di strettezza, di limitazione, il bacile aperto di immensità. Infine si può osservare il mirto che corona l’Amor profano, che indossa una cintura. Nessun confronto è possibile con la figura nuda dell’Amore Sacro, ma i due ornamenti citati contengono significanze antitetiche tra loro: la cintura è chiusa, a simbolo dell’attaccamento e della fedeltà, fissando le vesti aderenti al corpo; essendo possibile scioglierla, indica la possibilità che la profanità possa subire un cambiamento, una trasformazione, e diventare sacra. Il mirto, nobile arbusto dedicato a Venere ed a Cupido, simboleggia l’Amore lecito ed onesto, ma sempre profano: il suo stesso nome officiale è Myrtus coniugalis. Però con il mirto, come con l’alloro, era usato per commemorare un sacrificio, una vittoria, il trionfo delle legioni romane, ed a coronare poeti ed eroi. Quindi il mirto è simbolo dell’Amore profano, ma anche di riconosciuta elevazione spirituale, simboleggiando la possibile sublimazione dell’Amore profano fino al punto da diventare sacro. La terza figura è un amorino che gioca scherzosamente con l’acqua della fontana. Esso porta a tre i simboli dell’Amore; la cosa non deve stupire, se si considerano le correnti neoplatoniche (v.) dell’epoca (inizio del XVI secolo), e l’insieme del trio di figure e la loro collocazione, porta alla considerazione delle tre Grazie (le ancelle di Venere), nella loro simbolica progressione amorosa, per cui dalla Bellezza (Pulchritudo), per intercessione dell’Amore (Amor), si arriva alla Voluttà (Voluptas), che rappresenta "il fine al quale Amor aspira", ovvero si perviene all’Estasi Sacra.

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