DEFINIZIONE:
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Dal greco apostasia, defezione, definisce uno dei principali delitti
ecclesiastici, commesso da colui che, essendo stato battezzato, ripudi
totalmente la fede cristiana. La sanzione ecclesiastica per l’A. è la scomunica
e la privazione di ogni officio, o dignità dell’apostata. L’A. fu anche
considerata un delitto dal punto di vista dell’ordinamento giuridico civile.
L’imperatore Costanzo, nel 357 d.C., ordinò la confisca dei beni a danno dei
cristiani che avessero abbandonato il giudaismo. Durante il Medioevo si giunse a
comminare la pena di morte agli apostati. Dopo il XII secolo si distinse
chiaramente il delitto ecclesiastico di eresia (v.) da quello di A., pur
prevedendo per i due delitti sanzioni analoghe. Con il decorso del tempo gli
effetti nell’ambito civile del delitto ecclesiastico andarono scomparendo, salvo
limitatissimi casi. L’attuale Concordato fra la Chiesa e lo Stato italiano
impedirebbe tuttora che un sacerdote apostata fosse incaricato di un servizio
per conto dello Stato che lo mettesse a contatto con il pubblico, per es.
nell’insegnamento. Il termine indica anche, nel diritto greco antico, un’azione
privata che il padrone poteva esercitare contro lo schiavo affrancato (liberto),
il quale fosse vento meno ai suoi doveri nei suoi confronti. Qualora l’ex
padrone provasse in giudizio il suo assunto, il liberto veniva nuovamente
ridotto in schiavitù. In caso contrario veniva assolto, e non era più possibile
intentargli una seconda volta un processo per A. Tali processi erano molto
comuni nell’antica Grecia. Nella religione, l’A. è l’abbandono della vita
religiosa da parte di un professo vincolato da voti perpetui, il quale incorre
nella scomunica latae sententiae, riservata al superiore religioso od
all’ordinario del luogo. É anche l’abbandono dell’abito ecclesiastico da parte
di un chierico insignito degli ordini maggiori (almeno suddiaconato), il quale
persista in tale atteggiamento dopo l’ammonizione. Il colpevole è punito con la
deposizione.
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