DEFINIZIONE:
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Termine sanscrito dal significato di discesa, od incarnazione di Dio.
Indica un antichissimo concetto delle religioni indiane, in particolare il
Vishnuismo (v.), che adombra l’incarnazione di Dio sulla terra, per sottrarre
gli uomini alle potenze del Male, e per affermare il principio del Bene. In
germe comprende la teoria della metempsicosi (v.): "Il processo dell’A. è una
metempsicosi a rovescio. Mentre per i mortali la reincarnazione presuppone
un’ascesa spirituale attraverso la liberazione, l’A. è una discesa". Come idea
filosofica l’A. potrebbe essere rintracciato anche nel significato vedico del
Dio, in quanto sacrificio. Nel Rg-Veda (v.) si dice misteriosamente che l’Ente
Supremo fece il mondo "soltanto con una parte di se stesso". Irrilevante quale e
quanta parte sia stata impiegata, mentre importante resta il fatto che qualcosa
rimane sempre nell’Immanifestato. Si sottintende che se il Purusha (v.) viene
immolato nel sacrificio cosmico, la parte essenziale dell’assoluto non discende.
Per contro, secondo gli "Dei dell’India di A. Morretta (Ediz. Longanesi)",
Vishnù puranico si assume proprio il ruolo di discendere e di incarnarsi, per
diventare un A. Le Upanishad hanno minutamente classificato ogni stadio
d'avanzamento spirituale. Un siddhi (essere perfetto) è progredito dallo stato
di jivanmukta (liberato mentre vive) a quello di paramukta (supremamente
libero), avente pieno potere sulla morte): quest'ultimo si è completamente
sottratto alla schiavitù della maya e al suo ciclo di reincarnazioni. Il
paramukta, perciò, raramente ritorna in un corpo fisico; se vi ritorna è un A.,
un essere prescelto da Dio per apportare superiore benedizione al mondo. Un A.
non è soggetto all'economia universale; il suo puro corpo, visibile quale
immagine di luce, è libero da ogni debito verso la natura. Lo sguardo distratto
può non scorgere alcunché di straordinario nelle fattezze di un A., ma egli non
getta ombra, né lascia tracce di passi sul suolo. Queste sono simboliche prove
esteriori dell'assenza di oscurità interiore e di legami materiali. Solo un tale
uomo divino conosce la Verità celata dietro la relatività della vita e della
morte. Il Cristo espresse la propria libertà in altra maniera: "Allora, uno
scriba gli si accostò per dirgli: - Maestro, io ti seguirò dovunque tu vada. -
Gli rispose Gesù:- Le volpi hanno delle tane e gli uccelli dell'aria hanno dei
nidi, ma il Figliolo dell'Uomo non ha dove posare il capo (Matteo, 8, 19-20)".
Immenso nella sua onnipresenza, il Cristo non poteva certo essere seguito da
alcuno, fuorché nelle sfere dello Spirito. Krishna, Rama, Buddha e Patanjali
erano antichi A. indiani. Una ricca letteratura poetica in tamil è sorta attorno
ad Agastya, un A. dell'India meridionale. Egli compì molti miracoli durante i
secoli che precedettero e seguirono l'era cristiana, e si crede che egli serbi
la sua forma fisica ancora oggi. I grandi profeti, quali Cristo e Krishna,
vennero sulla terra con una missione specifica e clamorosa, e se ne andarono
appena l'ebbero compiuta. Altri A. svolgono un'opera che favorisce il lento
progresso evolutivo dell'uomo, nel corso dei secoli, piuttosto che renderli
protagonisti di un grande, storico evento. Tali Maestri si celano sempre allo
sguardo della massa, e hanno il potere di rendersi invisibili a volontà. Per
queste ragioni, e anche perché solitamente essi ordinano ai discepoli di
mantenere il silenzio su di loro, molte altissime figure spirituali rimangono
ignote al mondo. "Ogni qualvolta un devoto pronunzia con reverenza il nome
dell’A., attira su di sé un'immediata benedizione spirituale". Il corpo del Guru
immortale non mostra alcun segno degli anni; il suo aspetto è quello di un
giovane di non più di venticinque anni. Pelle chiara, statura e corporatura
medie. Il sempre bellissimo e vigoroso corpo dell’A. irradia una visibile luce.
Ha occhi neri, calmi, teneri; ed i suoi lunghi e lucidi capelli hanno il colore
del rame.
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