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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «00335»

TERMINE: CAGLIOSTRO ALESSANDRO
DEFINIZIONE:

Avventuriero italiano (Palermo, 8 giugno 1743 - San Leo, 28 agosto 1795) che, secondo una versione pontificia, sarebbe stato in realtà Giuseppe Balsamo. Costretto a fuggire da Palermo da sporche vicende in cui era stato protagonista, viaggiò per tutta l'Europa definendosi Conte di Cagliostro. Fu spesso ospite di potenti, presso i quali esercitava le sue virtù di chiaroveggente, guaritore e mago. Dotato di particolare fascino e di grandissimo ascendente su quanti gli erano vicini; con arte insuperabile assumeva aspetto, linguaggio e gergo da Grande Iniziato, come amava auto definirsi. Affermava di conoscere ogni segreto della natura, avendoli scoperti con lo studio degli arcani, nascosti sotto i simboli ed i geroglifici degli antichissimi santuari di Tebe e di Menfi. Nelle sue imprese si avvalse sistematicamente dell'aiuto della sua compagna, l'attraente romana Lorenza Feliciani. Si guadagnò in breve fama di grande cabalista ed eccelso alchimista, medico, taumaturgo, maestro nelle arti occulte, veggente e restauratore dell'antica filosofia dei Rosacroce. Vendeva un'acqua di bellezza, cambiava la tela in seta, il piombo in oro, ed ingrossava perle e diamanti. Si vantava versatissimo in tutte le scienze occulte e nei più reconditi misteri dell'antichità. Molti lo ritennero possessore della pietra filosofale e dell'elisir di lunga vita. Si introdusse negli ambienti della Massoneria, fondò a Lione la Loggia "La saggezza Trionfante" del suo nuovo Rito Egiziano (v.) di cui assunse la Gran Maestranza con il titolo di Gran Cofto d’Europa e d’Asia, mentre a Parigi perfezionò ed istituì la Massoneria androgena, di cui si creò Capo supremo e legislatore. Fu accolto con grandi onori dalla Loggia dei Filaleti, dove fece sfoggio delle sue grandi doti oratorie e delle sue conoscenze dei misteri e del soprannaturale. Presso la corte di Francia venne considerato successore di Mesmer. Coinvolto con il suo protettore, il ricchissimo e potente cardinale Rohan (Principe dell'impero, Langravio di Alsazia, provveditore della Sorbona e Commendatore dell'Ordine di Santo Spirito) nello scandalo della collana della regina Maria Antonietta. Restò imprigionato nella Bastiglia per circa una anno, ma poi evase e fuggì da Parigi: Venne respinto dall'Inghilterra, e viaggiò attraverso la Germania e gli stati italiani centro settentrionali, dove tentò inutilmente di ricomporre la propria immagine carismatica. Arrivava a Roma nel maggio del 1789 dove, quasi privo di mezzi, alloggiò con l'inseparabile compagna Lorenza in una misera locanda di piazza di Spagna. Tentò invano di avvicinare una Loggia Massonica operante in Trinità dei Monti, e fu denunciato al Sant'Ufficio, che il 27 dicembre del 1789 lo fece imprigionare in Castel Sant'Angelo. I prelati avviarono subito il suo processo che, dopo aver spaziato sull'intero operato di C. senza trovarvi appigli a sostegno dell'accusa di eresia, si ridusse a ritenerlo reo confesso di appartenenza alla Massoneria. A nulla valsero le sue pur accorte difese. Per C. fu determinante il mancato sostegno di Lorenza, anche lei processata e torturata, contemporaneamente ma separatamente. Le scarne cronache del tempo riferiscono che lei fosse arrivata a confermare ogni accusa contro C. che, messo a conoscenza del fatto dai suoi stessi inquisitori, vistosi solo ed abbandonato anche dalla stessa amata compagna, sprofondò nel dolore e cadde in profonda depressione, iniziando a considerare quel processo come l'avvio della propria espiazione. Il Tribunale dell'Inquisizione, al termine dell'assemblea generale tenutasi il 21 marzo 1791, emise la sentenza di condanna a morte, subito commutata in carcere a vita da papa Pio VI. Quella sentenza della Chiesa scatenò vasta eco in tutta l'Europa, e fu dai più giudicata inutile, ingiusta, spietata e crudele. Da Castel Sant'Angelo C. fu trasferito nottetempo nel forte di San Leo, posto nel ducato di Urbino. Sono rimaste avvolte nel mistero sia le cause che la stessa data della sua morte. L'atto di morte di C. è stato però rinvenuto all'inizio del corrente secolo nelle vecchie registrazioni in latino della parrocchia di San Leo. Tale atto recita testualmente: "Anno del Signore 1795, giorno 28 del mese di agosto: Giuseppe Balsamo, detto volgarmente Conte di C., di patria palermitano, per battesimo cristiano, per dottrina incredulo ed eretico, famoso per mala fama, dopo aver disseminato per varie province d'Europa gli empi dogmi della Setta Egiziaca, ... per sentenza della Sacrosanta Inquisizione relegato a carcere perpetuo nella rocca di questa città finché vivesse, se per avventura si fosse ravveduto, tollerati con ostinazione gli incomodi della prigionia per quattro anni, quattro mesi e due giorni, colto in ultimo da veemente morbo apoplettico, secondo la durezza della mente, la saldezza dell'animo, senza dar segno alcuno di penitenza e senza lamenti, morì fuori della Comunione della Santa Madre Chiesa nell'età di 52 anni, 2 mesi e 20 giorni. Nacque infelice, ancor più infelice visse, morì infelicissimo il giorno 26 agosto del sopraddetto anno, ad ore 3 dopo la mezzanotte. Gli fu negata, poiché eretico, scomunicato ed impenitente, l'ecclesiastica sepoltura. Il suo cadavere fu sepolto sul ciglio del monte che guarda ad occidente, a quasi uguale distanza fra le due case destinate ad albergo, volgarmente dette Il Palazzetto ed Il Casino, il giorno 28 predetto ad ore 23. In fede, Luigi Marini, Arciprete".

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