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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «00633»

TERMINE: DIO
DEFINIZIONE:

Essere Supremo, concepito e venerato quasi universalmente come eterno, creatore ed ordinatore dell’universo. Il problema filosofico di D., o problema teologico (v. Teologia), accompagna l’intera storia del pensiero. Può essere considerato come la questione prima e fondamentale della filosofia, in quanto consegue alla domanda che l’uomo si pone intorno all’origine ed alla giustificazione del mondo. Le risposte che si sono storicamente succedute, possono essere suddivise in due grandi gruppi: 1) quelle che spiegano D. come trascendente rispetto al mondo, e quindi pongono una radicale distanza tra il divino ed il mondo, e la non riducibilità del primo al secondo, risposta dominante nel mondo occidentale; 2) quelle che, all’opposto, tendono a risolvere D. nel mondo come immanenza o coincidenza con la stessa realtà (immanentismo e panteismo, v.). Un’altra osservazione generale va fatta a proposito del rapporto tra speculazione sul divino e vita religiosa, che tendono storicamente a dividersi, ma che sono inizialmente connesse nella misura in cui la filosofia teologica scaturisce nel contesto pratico religioso, tanto in Oriente quanto in Occidente, con la differenza che in Oriente si conserva anche in seguito tale fusione. La costituzione in Grecia di un pensiero filosofico autonomo coincide con un distacco dai contenuti mitici, e quindi anche dalla tradizione religiosa. Già comunque nelle prime teogonie compare una elaborazione razionale, che si trasforma in ambito filosofico nella speculazione intorno al principio delle cose. Nel pensiero presocratico, si trova una serie di risposte diverse che prefigurano gli sviluppi successivi: la risposta naturalistica degli Ionici, l’essere come assoluta unità e trascendenza rispetto all’apparenza delle cose, in Parmenide e nella scuola eleatica, l’uno come ragione di tutte le opposizioni di Eraclito, la Mente che dirige e progetta le cose di Anassagora, la risposta materialistica di Democrito e Leucippo. Anche e soprattutto a proposito del problema dell’Uno e dell’Assoluto, Platone (v.) ed Aristotele (v.) forniscono la sintesi delle posizioni precedenti e la base di tutto il pensiero occidentale: per Platone vi è un processo di ascesa dall’apparenza alla realtà delle idee, e quindi attraverso la gerarchia delle cose stesse fino all’idea dell’Uno e del Bene; inoltra egli colloca il Demiurgo (v.) come artefice diretto della realtà, ed intermediario tra le cose e le idee. Da questa teoria dell’ascesa si sviluppa l’emanatismo neoplatonico (Plotino v.). Più razionalistica è l’impostazione aristotelica, che si affida al rapporto tra potenza ed atto, ed al tema del movimento per giungere all’ipostasi del Motore immobile od atto originario; Aristotele prefigura gran parte delle argomentazioni scolastiche sull’esistenza di D. Il salto tra la filosofia aristotelica e la scolastica medievale, che fa della teologia una vera e propria scienza autonoma, è colmato oltre che dagli sviluppi neoplatonici (che hanno poi influenzato la soluzione di Agostino) dalla fondamentale acquisizione delle concezioni del cristianesimo di creazione e libertà personale di D., che sanciscono il concetto di trascendenza. La Scolastica (v.) tenta nella teologia una soluzione sistematica dell’esistenza, e dell’essenza di D. Agostino svolge l’argomento dell’esperienza interiore: le idee ed il pensiero hanno un carattere di eternità e di necessità, che non trovano nello spirito umano una spiegazione sufficiente, per cui occorre postulare uno Spirito assoluto. Anselmo fissa i caratteri del cosiddetto argomento ontologico (v.), che risale dall’idea di D. alla sua esistenza reale: se la definizione di D. è "ciò di cui non si può pensare niente di più grande", nell’idea di perfezione non può non essere contenuta l’esistenza. In Tommaso (v.) troviamo la sistemazione delle prove cosmologiche (di chiara matrice aristotelica) nelle cosiddette "cinque vie": la prima parte dal moto, e deduce un assoluto movente e non mosso dal fatto che nessuna cosa al mondo può darsi movimento da sé; la seconda si basa sulla causa efficiente, e giunge analogamente ad una causa prima; la terza si fonda sull’opposizione tra la contingenza (v.) del mondo e perviene all’essere necessario, ragione dell’essere di tutti gli altri; la quarta considera i gradi dell’essere, cioè l’ordine di perfezione nelle cose del mondo, che implica un essere perfetto; la quinta infine si basa sulla finalità interna delle cose, che postula un’intelligenza ordinatrice del mondo. La posizione di D. come trascendente viene decisamente sottoposta a critica nello svolgimento del pensiero rinascimentale, e poi moderno e contemporaneo. Dopo il prevalere nel XV e nel XVI secolo delle tendenze panteistiche (v. Giordano Bruno), nel Seicento il problema di D. viene connesso alle esigenze del razionalismo (v.). In Cartesio, Spinoza e Leibniz, D. è la garanzia interna del sistema deduttivo di spiegazione del mondo. Leibniz sviluppa nella "teodicea" una teoria della giustificazione di D. Nel Settecento, con le istanze illuministiche francesi ed empirico scettiche inglesi, il problema di D. tende ad essere scartato dal piano filosofico. Kant trae le conclusioni di questo atteggiamento, negando alla ragione la possibilità di determinare l’esistenza di D., e spostando la questione nell’ambito della fede morale. Nell’Ottocento, con l’idealismo hegeliano, abbiamo una nuova versione dell’immanentismo (D. coincide con il sistema razionale della realtà), mentre il positivismo ed il materialismo dialettico svolgono posizioni ateistiche. Allo sviluppo di queste ultime si accompagnano nel periodo contemporaneo posizioni irrazionalistiche esistenziali e posizioni spiritualistiche, tra cui quella neoscolastica, che riprende e rinnova i temi della teologia tradizionale accanto alle nuove correnti della teologia protestante. Passando alla considerazione biblica di D., il concetto ebraico di d. (‘El, ‘Elohim, Yahweh) deriva specialmente da Esodo, Deuteronomio, Osea, Isaia, Geremia e Salmi. L’esistenza di D. (Genesi 1; Esodo 20, 2), l’unità unicità (Deuteronomio 6, 4), l’eternità (Esodo 3, 15; Isaia 41, 4) sono affermate, non discusse e nemmeno dimostrate: i tre concetti sono espressi nella rivelazione del nome di D.: "Io sono colui che sono" (Esodo 3, 14). É Creatore dell’universo (Genesi 1), onnipotente (Giobbe 37, 23), vivente (Giosuè 3, 10; Salmi 42, 2), fedele (Numeri 23, 19). Signore del mondo, incorporeo (Osea 11, 9) ed imperscrutabile nella sapienza e nella grandezza (Isaia 6, 3). L’Antico Testamento rivela un monoteismo etico nelle prerogative di D.: santità, somma di tutte le perfezioni morali (Isaia 6, 3; I Samuele 2, 2; Levitico 19, 2), perdono, amore e misericordia che superano la giustizia (Deuteronomio 7, 7-8; Osea 11, 1; Isaia 55, 7; Salmi 55, 3). Esiste nell’ebraismo la tendenza a considerare D. (abinu malkhenu, padre nostro, nostro re) come un D. d’amore, che nella qualità di padre afferma la sua universalità (Malachia 1, 10-11). Nel Medioevo l’influenza platonica ed aristotelica non hanno variato tale concetto, riaffermato negli articoli di fede di Maimonide (v.) che sostengono: esistenza, unità, spiritualità ed incorporeità, eternità, onniscienza e giustizia di D. L’ebraismo moderno, in cui hanno confluito le varie correnti filosofiche, mantiene lo stesso concetto biblico e medievale di D. esistente, trascendente, creatore e giudice dell’universo, padre amorevole di tutti gli uomini. Il D. cristiano, quale si evince dai Vangeli, e quale viene interpretato da Paolo nelle sue lettere, conserva intatti gli attributi del D. ebraico. Tuttavia il D. nei tre Vangeli sinottici, parla agli uomini con la voce di Gesù, considerato suo Figlio. In quello di Giovanni (5, 18 e 19, 7) Gesù è senz’altro D. Il D. cristiano prende dimora con il suo Spirito (Spirito Santo) in chiunque creda alla sua rivelazione: in base a questa divina azione di salvezza, la fede cristiana concepisce D. come uno in tre persone Padre, Figlio e Spirito Santo), tre diverse persone di un’unica divinità che, per un mistero (v.) impenetrabile, permane sempre radicalmente una (Matteo 28, 19). Paolo afferma che D. era in crsito (II Corinzi 5, 19), e che Cristo in origine era presso d. (Filippesi 2, 5 ss). Altro attributo del D. cristiano è quello di D. = Amore, perfezionamento e riconferma della tendenza ebraica all’universalismo ed alla paternità di D., presente solo nei libri più tardi dell’Antico Testamento. In questo sta una delle massime innovazioni del cristianesimo rispetto alle altre religioni, che concepiscono D. come oggetto, mai come soggetto d’amore.

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