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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «00808»

TERMINE: FEDERICO II
DEFINIZIONE:

di Hohenstaufen, imperatore (1194-1250). Figlio di Enrico VI e di Costanza d’Altavilla, si trovò erede al trono di Sicilia a soli tre anni, per la prematura scomparsa del padre (1197). Morta anche Costanza (1198), venne affidato atta tutela di papa Innocenzo III che, nella speranza di poter riaffermare la sovranità della Chiesa sul regno di Sicilia, e di avere in futuro un imperatore meno ostile del consueto, ne fece il proprio pupillo. Lo oppose perciò come candidato alla dignità imperiale ad Ottone IV di Brunswick, e dopo la sconfitta di questi ad opera del re di Francia Filippo Augusto a Bouvines (1214), F. fu di fatto imperatore, e poté essere incoronato a Roma dal successore di Innocenzo, Onorio III (1220). Benché F. dovesse buona parte del suo potere alla Chiesa, non era uomo incline ad accettare ingerenze del papato o di chicchessia nei propri affari, ed i successori di Innocenzo dovettero rendersene conto molto presto. Se le cose avevano potuto trovare un accomodamento col mite Onorio III, lo scontro fu inevitabile dopo l’elezione al pontificato del vecchio ma irriducibile Gregorio IX (1227), nipote di Innocenzo III. In cambio della sua protezione e dell’aiuto fornitogli nella conquista della corona imperiale, F. aveva dovuto promettere a papa Innocenzo che si sarebbe messo a capo di una nuova crociata per liberare il Santo Sepolcro, impegnandosi con un voto a compiere tale impresa. Ma lo zelo religioso dell’imperatore era assai tiepido: aveva molti affari da sistemare, sia in Germania che in Sicilia, e ben poca voglia di sobbarcarsi tale fatica. Onorio gli aveva concesso una dilazione, ma il nuovo papa era fermamente intenzionato a non transigere. Per costringere F. ad adempiere il proprio voto, Gregorio IX lo scomunicò (1227). L’imperatore si decise allora a partire per la crociata, ma non a combattere; ottenne per via diplomatica quello che il papa voleva, ma non se lo fece ugualmente amico. Scandalizzato dall’atteggiamento conciliante di F. nei confronti degli infedeli, Gregorio accettò sì la pace di San Germano (1230), ma divenne più che mai deciso a lottare contro quell’ingrato e disinvolto Hohenstaufen. F., lungi dal considerare l’Italia meridionale un feudo del papato, trascurava persino gli affari tedeschi per fare di Palermo l’effettiva capitale del suo impero, e lo splendido centro della rinascente cultura europea. Ritornato per un breve periodo in Germania, l’imperatore fece larghe concessioni ai principi tedeschi, pur di poter riprendere ad interessarsi della penisola italiana. Quando infine F. sconfisse a Cortenuova i comuni della Lega Lombarda (1237), e diede Adelasia in moglie al proprio figlio Enzo, che gli portò in dote il regno di Sardegna, già promesso al papa. Gregorio IX non contenne più la sua ira, e scomunicò nuovamente l’imperatore (1239). La lotta divenne allora aperta: Gregorio convocò in Roma un concilio per dichiarare decaduto F., ma questì inviò Enzo con una flotta a catturare, presso l’isola del Giglio, i prelati che sulle navi genovesi accorrevano in Italia (1241). Ciò che non riuscì a Gregorio IX doveva però riuscire al suo successore, Innocenzo IV che, rifugiatosi a Lione, convocò un concilio, dal quale F. venne nominalmente deposto (1245). A nulla valse la difesa che di F. fece il suo inviato Taddeo di Suessa, e l’imperatore non poté più riconciliarsi con la Chiesa, morendo nel 1250 senza essersi liberato della scomunica pontificia: F. è senza dubbio una delle più imponenti figure del Medioevo: dotato di una cultura e di una mentalità eccezionalmente aperte per il suo tempo, non riuscì ad avere ragione del papato, e trascurò di occuparsi della Germania, dove si ebbe perciò una crisi dell’autorità imperiale, ed un ritorno ai particolarismi feudali. Resta fondamentale la sua opera in Italia, soprattutto in Sicilia. Principe coltissimo, affiancò all’azione politica un’illuminata opera di mecenate. Fu personalmente interessato a problemi artistici e scientifici; lasciò numerose epistole, in cui chiariva il suo concetto di sovranità, ed un trattato denso di dottrina, "De arte venandi cum avibus", notevole per l’acutezza dell’osservazione e la vivezza dell’espressione. Ma il merito maggiore di F. è stato quello di raccogliere intorno a sé la scuola poetica siciliana, favorendo la formazione di una lingua volgare letteraria e di una poesia meditata ed elaborata. Fra i migliori ingegni della sua corte, Pier delle Vigne, Jacopo Lentini ed Odo delle Colonne. In architettura promosse la costruzione di un gruppo di edifici a carattere civile che rivelano, per l’unità tecnica e stilistica, di essere opera di architetti formatisi nello stesso ambiente: castel Maniace a Siracusa, castello Ursino a Catania, i castelli di Salemi ed Augusta, la torre di Federico ad Enna, e Castel del Monte in Puglia.

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