DEFINIZIONE:
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di Hohenstaufen, imperatore (1194-1250). Figlio di Enrico VI e di
Costanza d’Altavilla, si trovò erede al trono di Sicilia a soli tre anni, per la
prematura scomparsa del padre (1197). Morta anche Costanza (1198), venne
affidato atta tutela di papa Innocenzo III che, nella speranza di poter
riaffermare la sovranità della Chiesa sul regno di Sicilia, e di avere in futuro
un imperatore meno ostile del consueto, ne fece il proprio pupillo. Lo oppose
perciò come candidato alla dignità imperiale ad Ottone IV di Brunswick, e dopo
la sconfitta di questi ad opera del re di Francia Filippo Augusto a Bouvines
(1214), F. fu di fatto imperatore, e poté essere incoronato a Roma dal
successore di Innocenzo, Onorio III (1220). Benché F. dovesse buona parte del
suo potere alla Chiesa, non era uomo incline ad accettare ingerenze del papato o
di chicchessia nei propri affari, ed i successori di Innocenzo dovettero
rendersene conto molto presto. Se le cose avevano potuto trovare un
accomodamento col mite Onorio III, lo scontro fu inevitabile dopo l’elezione al
pontificato del vecchio ma irriducibile Gregorio IX (1227), nipote di Innocenzo
III. In cambio della sua protezione e dell’aiuto fornitogli nella conquista
della corona imperiale, F. aveva dovuto promettere a papa Innocenzo che si
sarebbe messo a capo di una nuova crociata per liberare il Santo Sepolcro,
impegnandosi con un voto a compiere tale impresa. Ma lo zelo religioso
dell’imperatore era assai tiepido: aveva molti affari da sistemare, sia in
Germania che in Sicilia, e ben poca voglia di sobbarcarsi tale fatica. Onorio
gli aveva concesso una dilazione, ma il nuovo papa era fermamente intenzionato a
non transigere. Per costringere F. ad adempiere il proprio voto, Gregorio IX lo
scomunicò (1227). L’imperatore si decise allora a partire per la crociata, ma
non a combattere; ottenne per via diplomatica quello che il papa voleva, ma non
se lo fece ugualmente amico. Scandalizzato dall’atteggiamento conciliante di F.
nei confronti degli infedeli, Gregorio accettò sì la pace di San Germano (1230),
ma divenne più che mai deciso a lottare contro quell’ingrato e disinvolto
Hohenstaufen. F., lungi dal considerare l’Italia meridionale un feudo del
papato, trascurava persino gli affari tedeschi per fare di Palermo l’effettiva
capitale del suo impero, e lo splendido centro della rinascente cultura europea.
Ritornato per un breve periodo in Germania, l’imperatore fece larghe concessioni
ai principi tedeschi, pur di poter riprendere ad interessarsi della penisola
italiana. Quando infine F. sconfisse a Cortenuova i comuni della Lega Lombarda
(1237), e diede Adelasia in moglie al proprio figlio Enzo, che gli portò in dote
il regno di Sardegna, già promesso al papa. Gregorio IX non contenne più la sua
ira, e scomunicò nuovamente l’imperatore (1239). La lotta divenne allora aperta:
Gregorio convocò in Roma un concilio per dichiarare decaduto F., ma questì inviò
Enzo con una flotta a catturare, presso l’isola del Giglio, i prelati che sulle
navi genovesi accorrevano in Italia (1241). Ciò che non riuscì a Gregorio IX
doveva però riuscire al suo successore, Innocenzo IV che, rifugiatosi a Lione,
convocò un concilio, dal quale F. venne nominalmente deposto (1245). A nulla
valse la difesa che di F. fece il suo inviato Taddeo di Suessa, e l’imperatore
non poté più riconciliarsi con la Chiesa, morendo nel 1250 senza essersi
liberato della scomunica pontificia: F. è senza dubbio una delle più imponenti
figure del Medioevo: dotato di una cultura e di una mentalità eccezionalmente
aperte per il suo tempo, non riuscì ad avere ragione del papato, e trascurò di
occuparsi della Germania, dove si ebbe perciò una crisi dell’autorità imperiale,
ed un ritorno ai particolarismi feudali. Resta fondamentale la sua opera in
Italia, soprattutto in Sicilia. Principe coltissimo, affiancò all’azione
politica un’illuminata opera di mecenate. Fu personalmente interessato a
problemi artistici e scientifici; lasciò numerose epistole, in cui chiariva il
suo concetto di sovranità, ed un trattato denso di dottrina, "De arte venandi
cum avibus", notevole per l’acutezza dell’osservazione e la vivezza
dell’espressione. Ma il merito maggiore di F. è stato quello di raccogliere
intorno a sé la scuola poetica siciliana, favorendo la formazione di una lingua
volgare letteraria e di una poesia meditata ed elaborata. Fra i migliori ingegni
della sua corte, Pier delle Vigne, Jacopo Lentini ed Odo delle Colonne. In
architettura promosse la costruzione di un gruppo di edifici a carattere civile
che rivelano, per l’unità tecnica e stilistica, di essere opera di architetti
formatisi nello stesso ambiente: castel Maniace a Siracusa, castello Ursino a
Catania, i castelli di Salemi ed Augusta, la torre di Federico ad Enna, e Castel
del Monte in Puglia.
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