DEFINIZIONE:
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Nome con il quale erano noti in Grecia i rappresentanti della
casta braminica in India, con i quali vennero in contatto durante la spedizione
in Asia di Alessandro Magno. Parecchi storici greci ne parlano, fra cui il più
noto è Onosicrito (IV secolo a.C.) il quale, avendo avuto stretti rapporti con i
G. per un incarico conferitogli da Alessandro nel 326 a.C., ne descrive
diffusamente i costumi, confrontando la loro morale con quella dei cinici, ed
arrivando alla conclusione che le due non c’era alcuna differenza sostanziale.
Essi vivevano come eremiti, in vita contemplativa. Talvolta, grazie alla loro
profonda dottrina, talvolta erano chiamati presso le corti con funzioni di
consiglieri. Quando erano colpiti da malattie, come allorché si appressavano
alla vecchiaia, erano soliti suicidarsi gettandosi tra le fiamme. Secondo il
Bacci (Il Libro del Massone Italiano, Ediz. A. Forni, 1972) «I G. possono essere
considerti i Magi del Braminismo. Collegio di Anacoreti (v.), essi si diffusero
rapidamente in Africa, ed in Etiopia furono maestri di quel sacerdozio per cui
tanta parte della teosofia asiatica rivisse poi sulle sponde del Nilo. Andavano
appena vestiti, ed avevano grande semplicità di vita e di costumi; si cibavano
di erbe, credevano in un solo Dio, nell’immortalità dello spirito e nella
metempsicosi (v.), elevazione progressiva verso l’Ente supremo. Ebbero fiorenti
istituti, tra i quali fu celeberrimo quello di Meroe, e rapporti continui con i
collegi sacerdotali egiziani. Si riunivano annualmente ai confini tra i due
paesi, offrendo sacrifici comuni al dio Amon, e celebrando quel sacro rito
festoso che i Greci chiamarono Eliotrapezio, ovvero Tavola del Sole.
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