DEFINIZIONE:
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Verso la fine del 1736 i membri di quattro Logge
parigine si riunirono per la prima volta per eleggere un Gran Maestro. Risultò
eletto Charles Radcliff, conte di Derwentwater, pari d’Inghilterra e sostenitore
della causa degli Stuart. Dovendo lasciare il territorio francese per
affiancarsi a Carlo Edoardo Stuart, due anni dopo convocò un’assemblea per
eleggere un successore a vita e francese. Fu prescelto Louis de Pandaillon de
Gondrin, duca d’Antin e pari di Francia, che doveva distinguersi per esserci con
successo opposto, spada in pugno, alle persecuzioni poliziesche avviate contro
la Massoneria, affrontando direttamente il capo della polizia. Morto nel 1743 a
soli 36 anni, venne sostituito dal conte di Clermont, Louis de Bourbon-Condé,
mentre veniva costituita la Grande Loggia Inglese in Francia. Questa promulgava
le Ordinanze Generali, un compendio di norme emesse per tutte le Logge del
regno, quindi il primo codice massonico francese comprendente le principali
disposizioni delle Costituzioni di Anderson. In tali ordinanze venivano
formalmente ed esclusivamente riconosciuti i Gradi di Apprendista, Compagno e
Maestro Massone, contrastando così, almeno nelle intenzioni, il progressivo
diffondersi nel territorio francese dei gradi alti (detti Scozzesi). In realtà
le Logge funzionavano male, consentendo l’accesso all’Istituzione di persone
frivole, rozze ed indegne, incapaci di comprendere i profondi principi
massonici. André Michel Ramsay, Grande Oratore dell’Ordine, nel 1737 pronunciò
un discorso in cui esaltava la necessità di riformare la Massoneria francese
attraverso il suo avvicinamento alla vere origini dell’Istituzione,
rappresentate dalla Tradizione Scozzese. Pur non avendo accennato affatto agli
alti gradi, egli fu frainteso dai suoi confratelli, tanto che vennero subito
diffusi e praticati sei gradi, poi nove, infine venticinque, ed in ultimo
trentatre gradi. La Gran Loggia imponeva però il divieto di esibire nelle Logge
abbigliamenti diversi da quelli in uso per Apprendisti e Compagni. Lo scontro
tra tradizionalisti e rinnovatori era stato inevitabile. Ovunque sorsero le più
svariate organizzazioni: Logge Madri, Capitoli, Areopaghi, Concistori e Consigli
d’ogni genere. I Massoni francesi dovevano arrivare a raggrupparsi solo in
sistemi di alti gradi. Tra questi il più recente si faceva passare più antico e
più illustre degli altri, anche mediante l’esibizione di documenti e patenti
retrodatate. Fu così dato credito a fallaci leggende, e si inventarono gradi dai
titoli sempre più adulatori, per la vanità di quanti li ricercavano. La
ritualità però degenerava progressivamente, rivelandosi sempre più ignorante in
materia di simbolismo. I loro gradi, pur risultando mal congeniati, erano
decisamente utili, poiché conferendo a persone di bassa condizione pomposi
titoli di cavaliere o di principe, in un’epoca in cui non si mirava a sminuire
la nobiltà ma piuttosto ad innalzarsi ad essa, essi realizzavano a modo loro
l’uguaglianza sociale. Nel frattempo la Gran Loggia di Francia, costituitasi nel
1755, sotto la spinta riformatrice in atto, si preoccupava di imprimere ai
rituali un carattere più consono alle tradizioni iniziatiche. Questi dovevano
mirare alla preparazione di veri Iniziati, ovvero di uomini superiori, pensatori
indipendenti liberi dai pregiudizi comuni, saggi istruiti a fondo su cose non
alla portata di tutti. I rituali divennero gradualmente capolavori di
esoterismo, redatti per quanti sapevano capirli, insegnando a conquistare
veramente la Luce. Purtroppo il conte di Clermont nulla faceva per opporsi alle
persecuzioni poliziesche, guardandosi bene dal fregiarsi pubblicamente del
titolo di Gran Maestro. Anzi, prendendo a pretesto la sua immeritata funzione di
capo dell’esercito (non aveva certo doti militari) trasmetteva i suoi poteri
iniziatici ad un sostituto, il banchiere Baure, dal temperamento ancora più
debole del suo. Le proteste sollevate per richiedere un mandatario più
efficiente, sfociarono nell’esaltazione di un personaggio intrigante, un maestro
di danza di nome Lacorne che, fattosi nominare Sostituto particolare del Gran
Maestro. Doveva risultare una scelta scandalosa, tanto da provocare una
scissione nella Gran Loggia, la cui maggioranza rifiutò di riunirsi sotto la
presidenza di Lacorne. L’anarchia divenne totale, senza che il conte di Clermont
osasse porre rimedio alla situazione. Nel 1762 però la confusione aveva
raggiunto i massimi livelli, per cui il Gran Maestro dovette revocare a Lacorne
il mandato, assegnato poi a Chaillon de Jonville. Ne seguiva una tregua,
purtroppo di breve durata. Tra le varie fazioni cresceva la discordia, con
dissensi sempre più violenti, sfociati in ingiurie e percosse. Nel 1767 la Gran
Loggia di Francia, convocata per celebrare la festa dell’Ordine, degenerava in
un tumultuoso, pugilato, per cui la polizia ordinava la sospensione d’ogni
seduta. Ne approfittarono allora alcuni massoni turbolenti, che si appropriarono
del titolo ed agirono in suo nome. Nel 1768 la Gran Loggia d’Inghilterra fu
sorpresa dalla richiesta di allacciare regolari relazioni con la Gran Loggia di
Francia e, trascurando di prendere precise informazioni, credette opportuno
accettare, senza sospettare l’inganno. In realtà fin dal 1767 nessun legame
amministrativo conservò neanche una parvenza di coesione tra le Logge francesi.
La maggior parte di esse vollero anzi essere indipendenti. Ciascuna praticava il
rito adottato, e molte amarono fregiarsi del titolo di scozzesi, il che
consacrava una rottura dalle regole e soprattutto con la tradizione della
Massoneria inglese. Nel 1771 moriva il conte di Clermont, e la Gran Loggia
assonnata veniva convocata per l’elezione di un nuovo Gran Maestro. Sua Altezza
Serenissima Luigi Filippo d’Orleans, duca di Chartres, più tardi denominato
Filippo Uguaglianza, ottenne la maggioranza dei suffragi. Come il suo
predecessore questi doveva purtroppo rivelarsi un ben misero massone, tant’è che
nel 1793 rinnegava formalmente la Massoneria. Fortunatamente gli venne
affiancato il trentatreenne duca di Lussemburgo, in qualità di amministratore
generale. Questi, colmo di zelo e di ardore, doveva rivelarsi ben superiore alle
funzioni secondarie che gli erano state affidate. Intuì subito che doveva
provvedere a ricompattare le disperse forze massoniche del regno. Circondatosi
di Massoni competenti, elaborò un accurato piano di riorganizzazione. Quando fu
pronto, convocò a Parigi tutte le Logge di provincia e quelle della capitale,
per deliberare sul suo progetto di riforma. Nel 1773 l’assemblea si riunì a
Parigi, assumendo il titolo di Grande Loggia Nazionale Francese, e
considerandosi subito investita di pieni poteri per l’organizzazione in Francia
di un governo massonico stabilito sul regime rappresentativo. La Legge massonica
doveva essere l’espressione della volontà generale, ed ogni Loggia sarebbe stata
rappresentata permanentemente nella nuova autorità centrale chiamata Grande
Oriente di Francia. Inoltre si decretò che i dignitari di Loggia durassero in
carica per un solo anno, il che pose fine al privilegio del Maestro di Loggia ad
vitam, chiamato da quel momento Venerabile Maestro o semplicemente Venerabile.
Ammesse le diversità dei riti, il Grande Oriente non mirava alla uniformità
rituale della Massoneria francese. Infatti si limitava a costituire una
centralizzazione amministrativa che, pur confederando le Logge, consentiva loro
di restare unite agli innumerevoli corpi rituali da cui dipendevano. L’autorità
centrale ebbe il compito di verificare i poteri di questi gruppi, onde
determinarne la legittimità. Tutti i Massoni che, in seguito a questa verifica,
furono riconosciuti regolari, a partire dal 1777 ricevettero la doppia parola
semestrale di riconoscimento. Una misura adottata solo dalla Massoneria
francese, poiché le altre obbedienze continuano ad effettuare la normale
Tegolatura dei Fratelli visitatori. La riforma adottata dal Grande Oriente aveva
però urtato parecchie suscettibilità, e gli scontenti si trincerarono nella
Grande Loggia di Clermont, che si autodefiniva Antico ed Unico Grande Oriente di
Francia. Pur denunciandosi a vicenda come irregolari, esse riconoscevano alla
loro testa il duca di Chartres, nella sua qualità di Gran Maestro di tutte le
Logge regolari di Francia. Dal 1773 al 1789 la Massoneria francese si estese
enormemente, diventando una sorta di moda. Pertanto era pratico ed utile farne
parte. I suoi misteri eccitavano la generale curiosità, e si pretendeva da essi
la chiave di tutti gli enigmi. Ogni nuova idea sembrava diffondersi meglio col
favore delle strutture massoniche, per cui la Massoneria servì alle propagande
più disparate. Praticamente la caduta dell’antico regime era in gestazione
nell’interno delle Logge. I Massoni non erano certo cospiratori né
rivoluzionari: erano solo uomini onesti e sinceri, paghi di poter mettere in
pratica tra loro gli ideali di Libertà, Uguaglianza e fraternità. Entro le
Logge, templi aperti alla pratica d’una vita qualitativamente superiore, ricchi,
poveri, plebei e nobili si riconoscevano uguali e si chiamavano Fratelli. Era
una denuncia indiretta ma continua e reale delle iniquità e delle miserie
dell’ordine sociale vigente. Dal 1793 la tormenta rivoluzionaria bloccò le
riunioni delle Logge. Si credette che l’ideale massonico stesse per realizzarsi
nella società profana, e molti massoni ritennero, con il cittadino Filippo
Uguaglianza, che non dovesse sussistere alcun mistero né assemblea segreta al
momento della fondazione della Repubblica. Nel 1799 i resti delle due precedenti
organizzazioni accettarono di fondersi nel Grande Oriente. Dopo la rivoluzione,
il neo imperatore Napoleone Bonaparte accettava l’offerta per la carica di Gran
Maestro, affidando l’incarico a suo fratello Giuseppe, cui affiancava, con
mansioni di controllo, Cambacérès e Murat. Così la Massoneria francese divenne
istituzione ufficiale. Invasa da una folla di dignitari dell’Impero, essa fu
costretta a rinunciare a quanto avrebbe potuto contribuire all’emancipazione
degli spiriti. Le era concesso vivere solo a condizione di ostentare, in ogni
circostanza, la più vile adulazione del dispotismo. Un regime che sviluppò
enormemente la prosperità materiale del Grande Oriente che, nel 1814, contava
ben 905 logge, di cui 73 militari. Queste ultime dovevano rivelarsi come
propagatrici degli ideali rivoluzionari all’estero. Dopo aver adulato l’Impero,
durante i Cento Giorni la Massoneria fu costretta ad applaudire il ritorno del
regime monarchico, nella persona di Luigi XVIII. Dolorose umiliazioni fecero
espiare alla Massoneria l’errore d’essere uscita dalle proprie sfere di
competenza. Non le spettava felicitarsi o biasimare i governi sotto la cui
autorità si trovavano i suoi adepti, poiché essa impone il rispetto, sempre ed
ovunque, dell’ordine costituito, qualunque esso sia. Le è preclusa ogni
manifestazione politica, nella consapevolezza della sua dedizione esclusiva ad
un’alta missione educativa e filosofica. I Templi massonici risuonarono degli
echi di aspre dispute che si rinnovavano tra Grande Oriente e Supremo Consiglio
Scozzese. Molti Fratelli si scoraggiarono e, ritirandosi, obbligarono le Logge
alla demolizione. Rare furono le occasioni in cui le due potenze dimostrarono
reciproca tolleranza. Poi il Grande Oriente tentò di scuotere il torpore delle
Logge pubblicando un bollettino trimestrale dei suoi lavori (1843), in cui
incoraggiò i Massoni a pubblicare le loro opere. Ma la volontà di evitare
divulgazioni reputate illegali, spinse l’autorità massonica ad infierire
insensatamente prima contro Ragon, venerabile della Loggia "I Trinosofi" ed
autore di un "Corso filosofico ed interpretativo delle iniziazioni antiche e
moderne", poi contro Clavel, colpevole d’aver pubblicato senza autorizzazione la
"Storia pittoresca della Massoneria". Infine il Grande Oriente si oppose a varie
iniziative delle logge di provincia per riunirsi a congresso. Con il trionfo
finale della democrazia (1848) sette logge sfuggirono alla tutela del Supremo
Consiglio per costituirsi in confederazione indipendente, retta da una Gran
Loggia Nazionale di Francia. La nuova potenza massonica proclamava la sovranità
e la piena autonomia delle logge, mirando alla fusione dei riti e dichiarando
aboliti i gradi superiori. Sia il Grande Oriente che il Supremo Consiglio
rifiutavano di riconoscerla, ma questa riuscì ad allacciare rapporti con le
Obbedienze straniere. L’eccessività democraticità organizzativa della Gran
Loggia non piacque alla polizia, che ne decretò lo scioglimento. Nel 1851 la
Gran Loggia Nazionale di Francia veniva sciolta senza alcun proclama di
protesta. Intanto il Grande Oriente una sua Costituzione (1849) in cui ribadiva
che la libertà di coscienza era un peculiare diritto d’ogni uomo e che nessuno
poteva essere escluso dalla Massoneria per le sue credenze religiose. Proclamava
però suo principio fondamentale la credenza nell’esistenza di Dio e
nell’immortalità dell’anima, dichiarazioni che in seguito venivano giudicate
contradditorie. La grande Maestranza, vacante dal 1814, fu rimessa in vigore a
beneficio di Luciano Murat che, imposto dal governo, venne eletto nel 1852. Il
cugino dell’Imperatore agiva allora da vero despota. Paralizzò subito ogni
azione della Massoneria creandole enormi difficoltà finanziarie e, nel 1860,
fece intervenire la polizia per imporre la propria rielezione. Ma il principe
Napoleone ottenne la maggioranza, provocando l’intervento dell’Imperatore, che
imponeva il ritiro di entrambi i candidati. La grande Maestranza restò così
senza titolare fino al 1862, quando un decreto imperiale nominava Gran Maestro
il maresciallo Magnan. Questi esercitava subito le sue funzioni in modo brutale,
intimando al supremo Consiglio Scozzese di unirsi al Grande Oriente. Il Supremo
Consiglio si ribellava energicamente, rifiutandosi di riconoscere l’autorità del
Gran Maestro, trasformandosi involontariamente in centro di protesta
repubblicana. La lezione doveva servire al Gran Maestro, che avviava finalmente
il proprio interessamento ai reali principi massonici, per diventare infine un
buon Massone. Si sforzò allora di riparare gli errori commessi, riorganizzando
le finanze le Grande Oriente. Soppresse tutti i privilegi fino ad allora
abusivamente acquisiti dalla Gran Maestranza, restituendo all’Assemblea generale
l’esercizio integrale del potere legislativo. Alla sua morte (1868) si era
guadagnata la riconoscenza dei massoni francesi. Negli ultimi anni dell’Impero
fu a capo del grande Oriente il generale Mellinet, un vecchio Massone,
devotissimo all’Istituzione che servì con fermezza e benevolenza. La Massoneria
francese si trovava all’apice del suo prestigio, ed i ripetuti anatemi scagliati
da Pio IX le attiravano le simpatie indignate di tutti gli animi illuminati. Il
Grande Oriente si distingueva per i suoi energici ed efficaci interventi presso
le varie Obbedienze ogni volta che un principio umanitario veniva disconosciuto.
Otteneva dalla Massoneria prussiana la revoca della dichiarazione di non
ammissibilità alle logge degli ebrei, ed esercitò forti pressioni sulla
Massoneria americana perché aprisse le logge agli uomini di colore. Intanto le
sue Logge si dedicavano con passione agli studi ed alle libere discussioni su
questioni di filosofia e di economia sociale e politica. Nel 1870 episodi
sanguinosi avvenuti durante la guerra franco-tedesca spinsero dieci logge
parigine a riunirsi per deliberare l’invio di una delegazione al re di Prussia,
per appellarsi al suo cuore di Massone, onde ottenere che le truppe tedesche
risparmiassero donne, vecchi e bambini, evitando furiosi bombardamenti come
quello di Strasburgo. Quella delegazione non sarebbe mai partita, ma votò un
manifesto in cui dichiarava il re ed il principe di Prussia "mostri dal volto
umano". Un’iniziativa che interrompeva fino al 1905 ogni rapporto con la
Massoneria tedesca. L’instaurazione della Repubblica favoriva poi la
ricostituzione della compattezza delle forze massoniche francesi, decise a
sventare le insidie della reazione e del clericalismo. L’assemblea generale del
Grande Oriente aveva spesso discusso il primo articolo della Costituzione e, nel
1877 aveva soppresso l’affermazione dogmatica del principio dell’esistenza di
Dio e dell’immortalità dell’anima. Questo implicò la soppressione della formula
"Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo", tradizionalmente posta
all’inizio d’ogni documento massonico. La decisione comportava la rottura d’ogni
rapporto con l’estero, specie con la Gran Loggia d’Inghilterra che, con quella
svedese, non tollerava la propaganda repubblicana dei Massoni francesi. Anche le
varie Grandi Logge degli Stati Uniti colsero l’occasione per rompere ogni
rapporto con l’Obbedienza che aveva preteso da loro la fratellanza dei negri. I
clericali infine non persero l’occasione per inveire contro l’ateismo della
Libera Muratoria. Intanto il Grande Oriente modificava anche i suoi rituali, e
dal 1889 venivano eliminati dai Templi le dediche A.G.D.G.A.D.U. nonchè il Libro
della Sacra Legge dagli Altari. Tale atto provocava la decisione dei massoni
francesi fedeli alle antiche tradizioni, provenienti soprattutto dalle logge del
Supremo Consiglio Scozzese, di riunirsi per costituire nel 1894 la Gran Loggia
di Francia (v.).
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