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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «01032»

TERMINE: INCONSCIO SCIENTIFICO
DEFINIZIONE:

Insieme dei contenuti e dei processi psichici che sono impliciti in molti comportamenti dell’individuo motivandoli, rimanendo tuttavia estranei e non noti alla sua coscienza. L’ipotesi dell’esistenza di una vita psichica profonda, di cui per l’uomo protagonista non vi fosse un’effettiva consapevolezza, riemerse periodicamente nell’evoluzione del pensiero fin dai tempi della filosofia platonica. Occorre però arrivare ai primi dell’800, in piena atmosfera romantica, perché nell’ambiente letterario e filosofico si trovi un interesse più persistente e sistematico per un’impostazione dinamica della vita psichica, e per l’esplorazione di attività psichiche inconsce. Nel 1846 il Carus giunse a distinguere un I. assoluto, che identificava in una "regione dell’anima in cui non penetra mai alcun raggio di coscienza", ed un I. relativo, costituito da contenuti che un tempo sono stati coscienti. Verso la fine dell’800, l’accentuarsi dell’interesse per i fenomeni medianici ed il primo fiorire di ricerche scientifiche sull’argomento, portarono parallelamente a conclusioni circa il supposto operare di una psichicità secondo modalità incoscienti. Se si aggiungono gli studi sull’isteria di Charot, i risultati delle applicazioni cliniche dell’ipnotismo di Liébault e Bernheim, si completa il quadro della temperie culturale in seno alla quale, indipendentemente l’uno dall’altro, Janet e Freud sarebbero giunti a definire e ad utilizzare più ampiamente il concetto di I.: pervenendovi l’uno agli studi sull’automatismo psicologico negli stati sonnambolici, l’altro dalle osservazioni condotte con Breuer sugli effetti dell’ipnosi sulla sintomatologia isterica. Successivamente questa intuizione, ulteriormente approfondita e verificata da Freud e dai suoi allievi mediante particolari tecniche di osservazione e di studio su pazienti nevrotici e su soggetti normali, divenne uno dei cardini della teoria e della pratica psicoanalitiche , e contribuì al verificarsi di svolte decisive nell’ambito di varie discipline, in particolare della psicologia e della psichiatria, sia per quanto concerne le modalità di approccio allo studio della personalità globale e delle singole funzioni psichiche, sia per i diversi orientamenti applicativi che ne derivarono (psicodiagnostica, psicoterapia, ecc.). Nelle definitive formulazioni freudiane di vita psichica, sia in condizioni normali, sia in condizioni patologiche, appare comprendere contenuti e processi di cui v’è consapevolezza ed altri inconsapevoli od inconsci. Contenuti e processi inconsci in senso stretto sono considerati quelli che non hanno in genere possibilità di giungere per sé stessi alla coscienza, senza che intervengano trasformazioni particolari nell’individuo. Può trattarsi di materiale non suscettibile di diventare consapevole o per sua natura (istinti), o perché soggetto a rimozione; inoltre certi meccanismi difensivi, tra i quali la rimozione stessa, risultano essi stessi inconsci, e possono essere colti e descritti essenzialmente da un osservatore esterno. Tutti questi elementi (immagini, rappresentazioni, pensieri, ricordi, emozioni, ecc.), pure non consapevoli, ma suscettibili di un facile accesso alla coscienza, come attraverso uno sforzo di attenzione, vengono considerati preconsci. L’I. può dunque essere inteso come un deposito di elementi (concezione topica); ma anche come un modo di essere di certi contenuti mentali, che pure in queste condizioni non cessano peraltro di esercitare un’azione sulla vita cosciente; ed addirittura come una particolare qualità del funzionamento mentale (prospettiva dinamica). Quanto agli oggetti, secondo la teoria psicoanalitica, rappresentazioni mentali, istinti o componenti parziali degli istinti, sentimenti, meccanismi di difesa ed istanze morali, possono essere o diventare I. La vita mentale inconscia appare governata da leggi in parte comuni, in parte specifiche, rispetto a quelle che reggono lo psichismo cosciente. Tra i fatti evidenti, per primi ed in quanto sottoposti alle tecniche di osservazione e di interpretazione proprie della psicanalisi, hanno rivelato ruoli simbolici profondi, ed hanno consentito quindi di gettare uno sguardo sulle modalità di funzionamento dello psichismo inconscio, sono i sintomi nevrotici, i sogni e numerose altre manifestazioni pure tipiche della nevrosi o della normalità, e proprie della vita di veglia: come il lapsus linguae, le dimenticanze, gli atti mancati, e certe fantasticherie. Una prova, di natura sperimentale, del concorso di processi mentali inconsci nel determinare pensieri e comportamenti, viene considerata il perdurare degli effetti di suggestione, in soggetti sottoposti ad ipnosi (v.), anche durante lo stato post-ipnotico e senza che ve ne sia l’autoconsapevolezza. Ulteriori caratterizzazioni dell’I., in rapporto a contenuti tipici, sono state delineate da Jung, che nel cosiddetto I. collettivo identifica la parte dell’I. comune alla specie umana, e composta di elementi od immagini primordiali (archetipi, C.G. Jung, 1928, 1943). È da citare inoltre L. Szondi (1937), che per I. familiare intende il complesso delle tende affettive, a carattere ereditario recessivo, che possono motivare i rapporti interpersonali (simpatia, antipatia, scelta del partner, ecc.). L’applicazione del concetto di I. ha portato un innegabile contributo contenutistico e prospettico alla psicologia generale, che nelle sue forme tradizionali, poteva considerarsi prevalentemente una psicologia della coscienza, in quanto studio del funzionamento mentale cosciente. Si è assistito addirittura ad una reversione di prospettiva, nel senso che da parte di molti si è finito con il considerare la coscienza come una caratteristica importante, ma non necessaria, delle operazioni mentali, le quali possono anche essere del tutto inconsce. In ambito percettivo, immaginario e pratico, una buona parte dei processi ed una certa parte dei contenuti si collocano al di fuori del livello di coscienza: basti ricordare i fenomeni della percezione subliminale; la dinamica delle illusioni, degli atti produttivi e creativi (percezione, immaginazione, sogno), della formazione di abitudini, della ritenzione mnestica, dell’elaborazione ed attuazione di decisioni, dei fatti della vita emotiva ed in particolare dell’ansia; i comportamenti espressivi; i comportamenti d’organo, o comportamenti molecolari, ecc. In sostanza, l’esistenza dell’area dell’I. nella vita psichica sembra rispondere funzionalmente a precise condizioni ed esigenze: · mancanza di capacità necessarie per la presa di coscienza, in seguito ad un differente orientamento evolutivo o ad un insufficiente sviluppo, come negli animali, nel bambino, nel debole mentale, od in seguito a mancato apprendimento, come nell’adulto delle culture occidentali, in riferimento a numerosi fenomeni mentali, motori e neurovegetativi, per affermare consapevolmente i quali occorrono specifici addestramenti, od in seguito a fatti regressivi, come nell’invecchiamento ed in certe intossicazioni, allorché l’area della coscienza si restringe; · rimozione dell’area della coscienza, in senso freudiano, avente lo scopo di ridurre il carattere doloroso o semplicemente fastidioso di eventi in forte conflitto con le regole sociali apprese o con esigenze edonistiche della persona; · necessità di delimitare il campo dell’attenzione, concentrando questa più sopra i risultati dei processi psichici che non sui loro preliminari e sul loro decorso, ed anche focalizzando soprattutto quei contenuti che maggiormente rispondono al momento funzionale attraversato dall’individuo. Tali esigenze di economia operativa, per le quali l’individuo evita di avere contemporaneamente presenti alla coscienza tutti i suoi contenuti e processi mentali, vengono soddisfatte anche sostituendo concetti e simboli ad ampie moltitudini di dati elementari, mediante i processi di costantizzazione dell’esperienza, e di apprendimento, abitudine, automatizzazione delle azioni.

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