DEFINIZIONE:
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Rappresenta l'aspetto più recente della religione dell'India,
strettamente collegato al brahmanesimo (v.) ed alla più remota età vedica. L'I.
rappresenta sia la fase moderna di una dottrina non solo religiosa in senso
stretto, sia il complesso di credenze in cui si riconosce la grande maggioranza
degli indù, anche se con motivazioni diverse. Riallanciandosi all'ortodossia
vedica, si contrappone alle religioni "eretiche" del buddhismo e del jainismo.
La sua nascita risale alla fine del VII secolo, quando si diffusero le correnti
del culto di Visnù e di Siva, principi della conservazione e del dissolvimento.
La crescita dell'I. venne molto influenzata dalla penetrazione dell'islamismo in
India. Visnuismo e sivaismo rappresentarono la risposta della cultura autoctona
al monoteismo dell'invasore. L'I., nel tentativo di contrastare l'avanzata
islamica, istituì una minuziosa casistica dei rapporti intercorrenti tra il
fedele ed il Dio personale (istadeva), appoggiandosi anche ai miti ed ai riti
naturalistici degli antichi Munda (v.) e Dravidi (v.), oltre che al
brahmanesimo. Strumenti principali della formazione dell'I. furono
l'orientamento devozionale (bhakti) e la dottrina secondo cui gli dei superiori
potevano "discendere" in figure divine più vicine all'uomo, od incarnarsi
direttamente come uomini (avatara). Krsna (v.) venne considerato la
manifestazione principale di Visnù e, presso alcune comunità, finì con
l'assumere un'importanza maggiore della propria matrice, dando origine alle
forme più popolari della moderna società indiana. Altro elemento recuperato e
portato al più estremo sviluppo fu la componente ritualistica e liturgica, che
domina ogni giornata dell'indù, specie se appartenente alle caste superiori. A
fianco di Brahma, Siva e Visnù, componenti la trimurti, godono di larga
popolarità il dio della saggezza Ganesa, raffigurato con testa d'elefante, il
dio dell'amore Kama, in groppa ad un pappagallo, il dio solare Surya, il sovrano
dell'oltretomba Yama, ed il protettore dell'universo Indra. Oltre alle sette
visnuite e sivaite, hanno rilievo anche le comunità saktiche, che pongono
l'accento devozionale sull'aspetto energetico o trasformatore della divinità,
rappresentato dalla dea Durga o Kalì, sposa di Siva. I seguaci del saktismo si
suddividono in due filoni: quello della mano destra, i cui assiomi danno vita a
pratiche cultuali spesso di livello elevato e di autentico carattere ascetico, e
quello della mano sinistra, incentrato su rituali d'ispirazione sessuale
talvolta degenerati a livello orgiastico (v. Tantrismo). Rientrano nell'orbita
induista anche la comunità dell'Arua-Samaj, propugnatrice di un ritorno ai Veda,
e parzialmente il Brahma-Samaj che, per il suo carattere ecclesiale, risulta
estraneo alla mentalità indiana. Il fedele indù partecipa sia a cerimonie
visnuite sia sivaite o saktiche sia ad altre ancora, non per ignoranza,
superficialità od indifferenza, ma per convinzione che ogni divinità,
contemporaneamente illusoria e reale, è l'approdo ed il punto di riferimento per
chi desidera liberarsi dal vortice dell'esistenza (v. Samsara). Le forme rituali
indiane sono essenzialmente tre: il culto pubblico, quale si svolge nei templi;
la liturgia privata, che scandisce le tappe fondamentali dell'esistenza
(nascita, matrimonio, iniziazione ai doveri ed ai diritti della casta, morte)
oltre che i momenti salienti della giornata (preghiera del mattino, offerte agli
dei ed agli spiriti degli antenati prima del pasto principale, preghiere della
sera); i rituali segreti, limitati alle cerchie più interne delle diverse sette.
Al primo accudiscono i brahmani (v.) per la parte liturgica, ed i sacerdoti non
brahmani per i compiti di preparazione materiale ed assistenza; al secondo i
brahmani od i capi famiglia; all'ultimo i sannyasin od i guru, o talvolta i
sadhu, figure di religiosi che non sempre si identificano con gli yogin (v.
Yoga).
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