DEFINIZIONE:
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Nel diritto romano il termine identifica un particolare tipo di
provvedimento di carattere giudiziario, pronunciato da magistrato cum imperio,
nel contesto di un processo particolare, destinato ad accettare una situazione
di fatto ed a provocare l’ordine di lasciarla immutata. In questo si differenzia
nettamente dal processo promosso con l’actio, che è destinato a vagliare una
pretesa di diritto ed eventualmente ordinare quelle modificazioni della
situazione di fatto che siano idonee a renderla conforme al diritto. Nei diritto
romano l’area degli interdicta era piuttosto vasta, mentre nel diritto italiano
vigente procedimenti derivati dal modello dell’interdictum occupano uno spazio
alquanto ridotto, essendone gli esempi più perspicui le cosiddette azioni
possessorie. Il diritto romano conosceva una distinzione generale fra interdicta
prohibitoria (che proibiscono una certa condotta), interdicta restitutoria (che
ordinano di restaurare una situazione di fatto preesistente) ed interdicta
exhibitoria (che ordinano di presentare davanti al giudice una persona, una
cosa, documenti, ecc.). Una categoria particolare di interdicta era quella degli
interdicta adipiscendae, retinendae, recuperandae possesionis, da cui hanno
origine le nostre azioni possessorie sopra menzionate. Secondo il diritto
canonico, L’I. è una pena ecclesiastica da cui deriva l’incapacità di godere di
determinati beni spirituali. Tale forma di censura canonica, che secondo la sua
estensione si distingue in generale (inflitta solo dalla santa Sede) e
particolare, può colpire sia un luogo nel quale sua fatto divieto di esercitare
gli uffici divini (I. locale), sia singoli fedeli, cui venga proibito di
amministrare o ricevere sacramenti, di ricevere la sepoltura ecclesiastica, ecc.
(I. personale). L’I., a differenza della scomunica (v.), non impone
l’allontanamento dalla Chiesa di chi ne è colpito. Famosi nella storia sono gli
I. emessi contro vari Stati, come Francia (1200), Inghilterra (1209) e
Repubblica Veneta (1606).
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