DEFINIZIONE:
|
Grande medico greco (Coo 460 - Larissa 377 a.C.), coetaneo di
Tucidide e di Socrate, nacque in una famiglia appartenente alla corporazione dei
medici professionali, e studiò medicina ad Atene. Viaggiò a lungo in Egitto, nel
nord della Grecia ed in Libia. Nel IV secolo divenne il rappresentante per
antonomasia della medicina del periodo aureo, ed è per questo che le opere di
medicina di quel tempo, riordinate dai dotti di Alessandria, vanno sotto il nome
di Corpus hippocraticum, giunto a noi integralmente. La grande importanza
storica e concettuale dell’opera di I. risiede soprattutto nell’abbandono da lui
propugnato della medicina magica e sacerdotale, fondata su pratiche
superstiziose, per l’avvento di una scienza medica di tipo razionale. Pervenne a
formulare una dottrina umorale che ebbe enorme importanza per il successivo
sviluppo della patologia: in essa gli stati di salute e di malattia venivano
collegati a situazioni di equilibrio e squilibrio tra quattro umori fondamentali
del corpo: sangue, flemma, bile gialla e bile nera od atrabile. Dalla mescolanza
di questi scaturiva il carattere individuale (sanguigno, flemmatico, bilioso ed
atrabile). La teoria ippocratica è formulata nel libro degli Aforismi, che
rimase fino al XVIII secolo un trattato fondamentale di medicina; primo dovere
del medico è non nuocere; il medico deve inoltre facilitare, non combattere
l’opera risanatrice della natura. Accanto a questi precetti, I affiancò un vero
e proprio canone deontologico, contenuto nel famoso giuramento, che fissa i
compiti del medico, e cioè il segreto professionale, l’astensione da pratiche
anticoncezionali ed abortive. L’alto concetto morale che caratterizza la figura
del medico ippocratico, non può ancora oggi lasciarci indifferenti. É
sufficiente infatti la citazione di un passo significativo del suo famoso
giuramento: "Pure e sante conserverò la vita e l’arte ... In qualunque casa io
entri, sarà per il bene del malato, e mi terrò lungi da ogni atto
volontariamente dannoso, nonché da contatti impuri, vuoi con donne, vuoi con
uomini, siano essi liberi o schiavi. Qualunque cosa io veda od oda durante la
cura, e che non sia tale da poter essere raccontata ad estranei, o qualunque
cosa io oda o veda al di fuori dell’ambito specifico della cura, cioè nei
rapporti di vita, ne serberò il segreto, come per cosa che non è lecito dire".
In queste poche righe, dettate da una profonda saggezza, sta forse il più valido
testamento di quel venerando Saggio. Il Corpus hippocraticum, in dialetto
ionico, fu stampato in edizione latina a Roma, nel 1525, ed in edizione greca a
Venezia nel 1526 da Aldo Manuzio. Nell’iconografia, il confronto tra le
raffigurazioni numismatiche (monete imperiali di Coo) ed il busto rinvenuto ad
Ostia, offre elementi per fissare l’immagine di I., che appare di aspetto
senile, larga calvizie, volto largo e quadrato segnato da rughe e barba
ricciuta. In un mosaico di Coo rappresentante l’arrivo di Asclepio (v.)
nell’isola, si può identificare I. in una figura di vecchio in attitudine di
filosofo.
|