DEFINIZIONE:
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Gli indù furono ammessi nella Massoneria indiana solo a
partire dal 1860. Un ruolo significativo nell’avvicinamento tra Massoneria e
cultura indù fu giocato dal Brahmo Samaj, il movimento di riforma religiosa
fondato nel 1828 da Rammohun Roy per riscoprire e celebrare gli aspetti
monoteistici ed etici della tradizione indù, e per aprire quest’ultima
all’influsso cristiano. Non a caso il polo induista, simmetrico a quello
zoroastriano di Bombay, si formò a Calcutta, luogo di massima diffusione della
riforma indù. "Brahmo" furono il Venerabile che iniziò R. Kipling nel 1866, e lo
Swami Vivekananda (1863-1902), iniziato il 9 febbraio 1884 nella Loggia Anchor
and Hope N. 1 di Calcutta, che poi si dedicò alla diffusione del pensiero e
dell’esperienza di Sri Ramakrishna. "Brahmo" (e precisamente segretario dell’Adi
Brahmo Samaj, la branca fondata da suo padre Devendranath per rivendicare
l’autosufficienza spirituale dell’induismo interpretato monoteisticamente) fu
Rabrindanath Tagore (1861-1941), il grande poeta bengali fondatore
dell’università Visvabharati, iniziato da giovane ed insignito nel 1924 di
un’alta onorificenza massonica argentina. Il processo di reciproca apertura tra
ambienti massonici ed indù ha progressivamente toccato molte altre sezioni della
comunità religiosa undiana: nel 1978 il massone V. V. Chetty poteva sostenere
nel volume Freemasonry and its Hidden Treasures, senza cozzo alcuno con
l’ortodossia, l’esistenza di una verità indù sottilmente celata nel simbolismo
massonico. Il massone Guenon, con l’Introduzione generale allo studio delle
dottrine indù nonché con L’uomo ed il suo divenire secondo il Vedanta, oltre che
con saggi sparsi e recensioni dedicate ai fenomeni più stimolanti del pensiero
indù contemporaneo, tra i quali il caso Aurobindo, ha contribuito non poco a
liberare l’immagine della tradizione in parola dalle restrizioni accademiche da
una parte, e dalle fumosità occultistiche dall’altra.
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