DEFINIZIONE:
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Detto anche Messianismo, definisce una corrente religiosa ebraica,
caratterizzata dalla aspettazione e dalla speranza in un futuro di felicità e di
gloria, quando Dio realizzerà la propria opera di riscatto attraverso
l’intervento di un suo inviato, il Messia (v.), e l’instaurazione del suo potere
supremo nel mondo (Regno di Dio). Durante l’antico regno ebraico, la figura del
Messia si sviluppa in netto contrasto con i successori di Davide: così l’empietà
di Achaz (II Re 16, 2 ss.) dà al profeta Isaia l’occasione di annunciare un
Messia in rapporti di intimità con Dio (Isaia 2, 4); le disillusioni del ritorno
dall’esilio sono compensate dalla visione di una Gerusalemme futura illuminata
dalla gloria del Messia (Isaia 69, 7). Con la dominazione persiana (539-531
a.C.) il vero M. sembra accantonato, mentre le speranze in un avvenire migliore
vengono riportate ad una specie di acceso nazionalismo, che si prospetta
nell’instaurazione del Regno di Dio senza alcuna mediazione. Durante la
persecuzione di Antioco IV Epifane, (168-167 a.C.) s’incomincia a concepire un
regno dove Dio riunisce tutti quelli che avranno avuto fede in Lui: questo regno
è dominato da un personaggio enigmatico, "simile ad un figlio dell’uomo", il
quale riceve la sua investitura direttamente da Dio. La letteratura giudaica
extrabiblica e postbiblica (Enoch, IV Esedra) adotta un nuovo genere letterario,
l’apocalisse, già utilizzato dall’autore di Daniele (7, 13-14): il Messia guida
la lotta contro le potenze del Male, e la sua vittoria finale viene associata
alla resurrezione del genere umano, al giudizio finale ed alla successiva
instaurazione del nuovo mondo, con una nuova Genesi ed un nuovo Patto. Gli
Apostoli ed i primi cristiani credettero che la resurrezione di Gesù Cristo (v.)
provasse la verità delle sue affermazioni: egli era cioè il Messia atteso e,
proprio con la sua comparsa, cominciano a realizzarsi i tempi messianici. Allo
stesso modo, altri testi vetero testamentari vengono interpretati ad usum
evangelii: Gesù, nato dalla vergine Maria, corrisponde all’annuncio della
vergine che avrebbe partorito il Messia (Isaia 9, 1-6; 11, 1-9); la nascita di
Gesù a Betlemme è stata annunciata da Michea (5, 1-5); il regno del Messia viene
descritto nei Salmi (22, 30 ss.); il suo sacerdote ancora nei Salmi (110); la
passione di Gesù, annunciata in Isaia, mostra che il Messia instaurerà un regno
in cui la sofferenza avrà il primo posto e la gloria umana non potrà essere
accolta. L’elemento di trascendenza insito nel M. trova la sua massima
espressione nel supremo atto di fede: Gesù Cristo è "figlio di Dio". Anche se
molti sacerdoti ebrei aderirono alla fede cristiana (Atti 6, 7), la massa del
popolo si rifiutò di credere in Gesù, e continuò ad attendere la venuta di un
Messia. Fra i più celebri rappresentanti del nuovo M. vi fu Bar Kokheba, capo
della seconda rivolta giudaica (132-135 d.C.). Alcuni messia vennero
riconosciuti nel corso dei secoli: Abraham Abulafia di Saragozza (XIII secolo);
Dawid Re’ubeni (XVI secolo); Shabbetay sebi (XVII secolo) e Ya’aqob Frank (XVIII
secolo). Anche la liturgia giudaica attuale è tutta pervasa dall’attesa
messianica. Per estensione si dice M. anche ogni tipo di dottrina ed ideologia
che susciti negli adepti una sorta d’attesa escatologica, analoga al M.
propriamente detto.
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