DEFINIZIONE:
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Denominazione del primo sistema filosofico indiano, che si sviluppò
sulla base del Brahmana (v.), i testi esegetici del sacrificio vedico. La M. si
pone come fine l’indagine circa l’atto sacrificale (karman) e, più
genericamente, circa l’azione dell’uomo, scaturente dalla libera volontà di
questi. Parte dal presupposto che sia il sacrificio che l’azione sviluppino una
forza invisibile (adrsta) che, nel primo caso, funge da tramite fra il mondo
degli uomini e quello degli dei, nel secondo invece produce il karman (v.), come
destino che lega l’uomo alla necessità di nuove incarnazioni, fino alla sua
liberazione. Secondo oggetto dell’indagine condotta dalla M. sono i Veda, la
raccolta dei più antichi testi sacri indiani, che vengono divisi secondo cinque
parti fondamentali. Prescrizioni (vidhi), proibizioni (nisedha), formule od inni
metrici (mantra), nomi (namadheya) ed etimologie (arthavada). Tale filosofia fu
sistemata da Jaimini (II-III secolo d.C.) che scrisse i Mimamsa-sutra,
commentati fra il III ed il V secolo da Sabara-svamin, la cui opera fu a sua
volta commentata da Kamarila (VIII secolo d.C.) e da Prabhakara. Questi
filosofi, partendo dall’affermazione dell’eternità della parola rivelata nei
Veda, condussero una approfondita speculazione circa la parola e le categorie
grammaticali, e favorirono così lo sviluppo della logica indiana.
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