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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «01343»

TERMINE: MITO
DEFINIZIONE:

Termine filosofico e religioso, derivato da mudoz, favola, racconto, leggenda, con cui si indica l’enunciazione in forme irrazionali e fantasiose di determinate verità morali, storiche, sociali e religiose. In senso religioso il M. e un racconto favoloso di avvenimenti od avventure che hanno come protagonisti personaggi divini, semidivini o sovrumani. Tale contenuto distingue il M. dalla saga e dalla semplice favola. Il M. non è mai opera di in individuo, ma di una collettività umana o di una società. In esso si esprimono le tradizioni culturali, il patrimonio spirituale e religioso della comunità, ed esiste solo nella tradizione vivente di questa. Spesso non è che la narrazione rituale delle origini e delle leggi di una tribù. Determinante è il problema dell’interpretazione del M., in quanto si distinguono in: · Interpretazioni filosofiche, giù in auge nell’antichità (Varrone), che spiegano i M. in base al significato etimologico dei nomi che in essi appaiono, o che studiano le connessioni tra le mitologie di uno stesso ceppo linguistico (Mller); · Interpretazioni storiche, che cercano di individuare dietro la veste favolosa l’enunciazione e la testimonianza di determinati eventi storici, sedimentati nella tradizione (fondazioni di città, migrazioni di popoli, ecc.). Già usato dagli storici antichi, ed in particolare da Erodoto, da Polibio, e dai Padri della Chiesa, tale metodo venne teorizzato dalla scuola di K.O. Mller, e divenne corrente nell’Ottocento; · Interpretazione naturalistica, che legge dietro i personaggi e le figure del M. i simboli di elementi naturali e di eventi fisici. Quest’ultima è la tendenza adottata dalla moderna scienza delle religioni, ed è chiaramente ispirata allo scientismo positivistico. Per il Petazzoni ad esempio, il M. sarebbe l’espressione favolosa di concezioni cosmologiche prescientifiche. Queste interpretazioni hanno originato diverse classificazioni dei M. in base sia al contenuto che al significato. Vengono così distinti: · M. teoretici, che descrivono l’origine degli dei (v. Teogonia) o degli uomini (Antropogonia), oppure danno ragione dei diversi fenomeni astronomici e naturali (così in Oriente il ciclo delle stagioni viene rappresentato dal dio che muore e risorge); · M. storici, che contengono un nucleo di verità storica (come la fondazione di Roma); · M. etiologici, che spiegano le origini di un rito (M. culturali), · il perché di una figurazione (M. iconici), · o l’etimologia di un nome (M.M. etimologici). Più filosoficamente importante è l’interpretazione del M. in rapporto al logos, ovvero al discorso della verità. Si tratta di una problematica che affonda le sue origini nella filosofia greca, confondendosi con le origini stesse della filosofia. Nel periodo della filosofia presocratica, assistiamo ad una critica di tipo razionalistico ed umanistico del M., che da Senofane giunge fino ai Sofisti. Viene criticato l’antropomorfismo dei M. in Omero ed in Esiodo, e viene riconosciuta l’origine umana della mitologia e della religione. Platone opera invece una restaurazione del M. tradizionale, riconoscendone la peculiare funzione filosofica, e mettendo in relazione M. e logos. Il M. assolve una importante funzione logica, in quanto supera l’insufficienza della ragione in rapporto a verità di ordine superiore e pratico, in quanto dotato di potere di suggestione che incanta l’anima e la invita a correre il rischio della fede (Fedone). Tuttavia esso resta ad un grado di conoscenza puramente verosimile nei riguardi di queste verità trascendentali. Il rapporto del M. rispetto al logos è insomma contemporaneamente di superiorità e di inferiorità. La concezione della realtà come mimesi che permea il pensiero dell’ultimo Platone, tende infine a spostare a favore del M. questo rapporto di equilibrio. Nel Timeo il filosofo giunge a presentare la propria visione del mondo come un M. verosimile. Aristotele polemizza con la concezione platonica del M., e lo identifica con la favola, che la scienza deve sfatare seguendo un metodo rigorosamente razionale. Nel Medioevo prevale l’interpretazione allegorica del M., come offuscamento della verità di fede. Bacone resta ancora legato all’interpretazione allegorica, mentre Cartesio, profeta di un nuovo razionalismo, relega il M. tra gli orpelli poetici. Solo con il Vico, e soprattutto con l’idealismo romantico, ritroveremo una rivalutazione filosofica del M: Per il Vico M., poesia e linguaggio sono invenzioni storiche di un’umanità ancora legata ad uno stadio prelogico e fantastico. Il M. non corrisponde alla storia, ma ne è la prima manifestazione. Per Schlegel il M., in quanto manifestazione spontanea, è l’analogo della spontaneità creatrice della natura, e costituisce l’essenza della poesia ingenua degli antichi: la poesia moderna dovrà trovare i suoi miti nella filosofia (idealismo). Suggestioni romantiche rivivono, ma con irrazionalistici e naturalistici, in Nietzsche ed in Rosemberg: il M. diventa espressione dellla volontà di potenza. All’opposto Sorè, che cerca di dare un’interpretazione rivoluzionaria del M. (sciopero generale), in cui vede un’aspirazione collettiva di gruppi e società storiche. La reazione all’irrazionalismo si esprime in una svalutazione del M. come forma di pensiero opposto alla ragione. Per Paci il M. è una falsa forma di fuga di fronte all’angoscia, che viene superata nella dialettica del lavoro. Un ritorno alla posizione platonica è invece riscontrabile in Cassirer, che postula una comune matrice simbolica tra M. e pensiero razionale: il M. è una funzione simbolica che non si conosce come tale; la matrice del M. è il sentimento, comune a M. e religione. Le interpretazioni sociologiche di Durkheim riducono il M. ad una forma prelogica di pensiero, corrispondente ad un livello di fusione animistica con la natura. La società è invece l’origine del M. nelle interpretazioni più recenti di Malinowsky, per il quale il M. è una giustificazione delle origini culturali di un gruppo: come tale non è una forma di pensiero limitata ai primitivi, ma tende a riprodursi nelle varie culture.

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