DEFINIZIONE:
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Titolo che la Chiesa cattolica attribuisce al vescovo di Roma, designando
la potestà suprema della Chiesa universale. Il nome di P., in origine attribuito
a tutti gli ecclesiastici, venne circoscritto all’attuale significato a partire
dal IV secolo, ovvero dal 19° pontefice, Marcellino (296-304). Tuttavia in
Oriente permane l’uso di attribuire il titolo di P. a tutto il clero. Secondo la
dottrina cattolica, il primato del pontefice romano si fonda su quello concesso
da Cristo a Pietro nei confronto degli altri Apostoli (Concilio Vaticano, sess.
IV, c. 3). Organo elettivo del P. è il Conclave (v.), formato da cardinali (v.):
per consuetudine, fra questi viene eletto il nuovo pontefice, che deve ottenere
i due terzi più uno dei voti. Nell’esercizio della potestà giurisdizionale, il
P. accentra la massima potestà legislativa, giudiziaria ed amministrativa. Come
legislatore supremo, non è sottoposto alle leggi ecclesiastiche, e può emanare,
per tutta la Chiesa e per le singole chiese, leggi, precetti, conferire
privilegi, concedere esenzioni ed autorizzare consuetudini giuridiche. Il P. può
esercitare questi diritti da solo oppure in unione con un concilio ecumenico,
ferma restando la sua posizione di supremazia in seno al concilio stesso (v.
Papi).
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