DEFINIZIONE:
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Forma italianizzata del soprannome nome latino Philippus Aureolus
Theophrastus Paracelsus, attribuito al naturalista e filosofo svizzero Philipp
Theophrast Bombast von Hohenheim, medico e mago (Einsiedeln, Svizzera 1493 -
Salisburgo 1541). Seguendo le teorie animistiche del Rinascimento, P. considera
la realtà animata da un principio spirituale, che si articola in forze od
arcani. Vi è perfetta corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo, e questo
principio ermetico fonda la possibilità concreta di esercitare influenze
benefiche sull'organismo umano attraverso l’impiego delle forze cosmiche. La
medicina si basa perciò sulla teologia, la filosofia, l'astronomia e l'alchimia.
Viene generalmente riconosciuto a P. un vivo interesse sperimentale
nell'osservazione dei fenomeni naturali. Scrisse varie opere, tutte fatte
pubblicate dai molti seguaci dopo la sua morte, come: l'Opus paramirum (1562),
il Paragranum (1565) ed il Volumen paramirum (1575). Suo padre, Guglielmo
Bombast di Hohenheim, era un medico discendente dell'antica e celebre famiglia
Bombast detta di Hohenheim dalla sua antica residenza, conosciuta come
Hohenheim, un castello presso il villaggio di Plinningen, nelle vicinanze di
Stoccarda, nel Wurttemberg. Il nonno di Paracelso, Giorgio Bombast di Hohenheim,
era Gran Maestro dei Cavalieri dell'Ordine di San Giovanni. Guglielmo si
stabili, come medico, presso Maria-Einsiedeln e, nel 1492, sposò la direttrice
dell'ospedale appartenente all'abbazia del luogo. Il risultato del loro
matrimonio fu Paracelso, loro unico figlio. Dopo la prematura morte della
moglie, nel 1502 Guglielmo si trasferì a Villach in Carinzia, portando con sé
Paracelso; rimase qui per trentadue anni ad esercitare la sua professione di
medico. Non è mai stato accertato se Paracelso sia stato evirato nell'infanzia
in conseguenza di un incidente o da un soldato ubriaco, come narra la leggenda,
o se non sia stato evirato affatto,. È comunque certo che la barba non gli
crebbe sul volto, e che il suo cranio, ancora oggi esistente, abbia piuttosto la
conformazione di quello di una donna che di quello di un maschio. Nella prima
giovinezza, Paracelso ricevette un’istruzione scientifica da suo padre, che gli
insegnò i rudimenti dell'Alchimia, della chirurgia e della medicina. In seguito
continuò gli studi sotto la guida dei monaci del convento di Sant'Andrea (nella
valle di Savon) e sotto l'egida dei dotti vescovi Eberhardt Baumgartner, Mathias
Scheydt di Rottgach e Mathias Schacht di Freisingen. Successivamente fu istruito
dal celebre Johann Trithemius di Spanheim (Tritemio: 1462-1516), abate di San
Giacomo a Wurzburg (1461-1516), uno dei maggiori adepti della Magia,
dell'Alchimia e dell'Astrologia del suo tempo, venerato nel seicento, insieme ad
Agrippa von Nettesheim, come uno dei maggiori luminari dell’Arte Spagirica
(Alchimia Esterna). Sotto la guida di questo maestro Paracelso coltivò e mise in
pratica il suo talento ed il suo amore per l’occulto. Il giovane Theophrastus
assunse probabilmente in quel periodo il suo soprannome latinizzato
"Paracelsus", intendendo accentuare la sua convinzione di essere superiore
all’arte medica del passato. Nel 1509 andò a studiare a Vienna, sotto la guida
dell’umanista svizzero Joachin de Watt (Vadianus), dove, nel 1511, ottenne il
baccalaureato. In seguito Paracelso viaggiò molto: visitò la Germania, l'Italia
(dove forse si laureò in medicina presso l’Università di Ferrara), la Francia,
la Spagna, l'Olanda, la Danimarca, la Svezia, l’Inghilterra, la Polonia, la
Russia e molte altre regioni dell’est europeo. Forse si recò anche in India, e
dopo essere stato fatto prigioniero dai Tartari e portato al cospetto del Khan,
ne accompagnò il figlio a Costantinopoli. È probabile che Paracelso sia rimasto
presso i Tartari fra il 1513 e il 1521, perché secondo la relazione di Van
Helmont, giunse a Costantinopoli in quest'ultimo anno, e là ricevette la Pietra
Filosofale. La leggenda narra che l'adepto da cui Paracelso ricevette questa
pietra fu un certo Solomone Trismosinus (o Pleiffer) compatriota di Paracelso.
Si dice che questi fosse anche in possesso della Panacea Universale; e si
afferma che sia stato visto, ancora vivo, da un viaggiatore francese, alla fine
del XVII secolo. Tra il 1521 e il 1524 Paracelso viaggiò lungo le regioni
danubiane e venne in Italia, al servizio di Venezia, dove lavorò come chirurgo
militare nell'esercito imperiale, partecipando a molte spedizioni militari di
quei tempi. Dopo avere viaggiato per dieci anni, talora esercitando la sua arte
di chirurgo, altre volte insegnando o studiando Alchimia o Magia, nel 1524, a
trentadue anni, tornò nuovamente in Germania, a Salisburgo, dove divenne presto
famoso grazie alle sue meravigliose cure. Nel 1525 Paracelso giunse a Basilea, e
nel 1527, per raccomandazione di Ecolampadio, fu nominato dal Consiglio
Cittadino professore di fisica, medicina e chirurgia, ricevendone un onorario
notevole. Le sue lezioni non erano come quelle dei suoi colleghi: semplici
ripetizioni delle teorie di Galeno, Ippocrate e Avicenna. Paracelso insegnava le
sue proprie dottrine indipendentemente dalle opinioni altrui, ottenendo il
plauso dei suoi studenti e facendo inorridire i suoi ortodossi colleghi. Il 24
giugno del 1527 bruciò pubblicamente in piazza gli scritti di Galeno e di
Avicenna, ripetendo le parole sacramentali: "Così ogni mala cosa si disperda nel
fumo".La crescente ostilità dei medici accademici ed una lite giudiziaria
costrinsero Paracelso, nel febbraio del 1528, ad abbandonare Basilea. Paracelso
riprese la sua vita randagia vagabondando per il paese, come aveva fatto in
gioventù, vivendo in villaggi, taverne e osterie. Numerosi discepoli lo
seguirono, attratti dal desiderio di sapere o dalla brama di acquisire la sua
arte e valersene a proprio profitto. Il più noto dei suoi seguaci fu Johannes
Oporinus, che per tre anni lo servì come segretario, e che poi divenne
professore di greco, scrittore conosciuto, libraio e stampatore a Basilea.
Paracelso era decisamente reticente nel confidare i suoi segreti, anche con i
propri discepoli. Oporinus, dopo aver abbandonato il proprio maestro, parlò
duramente di lui, schierandosi con i suoi nemici. Ma dopo la morte di Paracelso,
egli si rammaricò della propria indiscrezione, ed espresse grande venerazione
per lui. Paracelso fu a Colmar nel 1528, ad Esslingen ed a Norimberga tra 1529 e
il 1530. I "medici regolari" di Norimberga lo denunciarono come ciarlatano ed
impostore. Per confutare le loro accuse egli chiese al Consiglio Cittadino di
affidargli la cura di alcuni pazienti che erano stati dichiarati incurabili. I
successi ottenuti da Paracelso non mutarono la sua fortuna, ma accrebbero le
ostilità degli accademici, condannandolo a nuovi e continui vagabondaggi. Nel
1530 lo troviamo a Noerdlingen, a Monaco, a Regensburg, ad Amberg ed a Merano.
Nel 1531 è a San Gallo, e nel 1535 a Zurigo. Andò poi a Maehren, a Kaernthen, a
Krain ed in Ungheria, e finalmente approdò a Salisburgo dove era stato invitato
dal Principe Palatino, il duca Ernst di Baviera, grande amante e studioso di
Esoterismo e di Alchimia. Là Paracelso raccolse finalmente i frutti delle sue
lunghe fatiche e della sua vasta fama. Ma non era destinato a godere a lungo il
riposo da lui tanto meritato perché, il 24 settembre 1541, mori all'età di
quarantotto anni e tre giorni in una stanzetta della locanda del "Cavallo
Bianco" lungo il fiume. Il suo corpo fu sepolto nel cimitero della chiesa di San
Sebastiano, conformemente alla sua volontà. Il Principe Arcivescovo ordinò due
solenni funerali. Sulla tomba fu eretta una piramide, al centro della quale fu
posto il suo ritratto. Grava ancora un mistero sulla sua morte: molti biografi
sostengono che egli morì di morte violenta, dovuta a veleno od a ferite. Nulla
avvalora però questa tesi. Il cranio di Paracelso fu ripetutamente esaminato:
esso presentava in realtà una frattura lungo l'osso temporale, ma non ci sono
prove che facciano supporre che tale ferita gli sia stata inferta in vita.
Paracelso non ebbe pace nemmeno nella tomba: fu dissepolto innumerevoli volte
(sono documentati almeno sette spostamenti delle spoglie) e le sue ossa furono
scompigliate e trafugate. Giovanni Huser, dottore in medicina a Grossglogau,
intraprese un esame critico delle sue opere, su richiesta dell'arcivescovo
principe Ernst di Colonia. Egli raccolse con gran fatica tutti gli autografi di
Paracelso ed i manoscritti originali dei suoi discepoli quali poterono essere
trovati, li ordinò, li revisionò e li pubblicò a Colonia in una edizione
generale negli anni 1589 e 1590. Questa collezione comprende le seguenti opere
(in totale sono 106): 1. De Tinctura Physica: 2. Liber Vexationum, Manoscritti;
3. Thesaurus Alchemistarum; 4. De Cementis. (Autografo); 5. Cementum super
Venerem et Marte. (Autografo); 6. Das Manuale de Lapide Philosophorum e 7 Ratio
extrahendi ex omnibus metallis Mercurium, Sulphur, et Cocrum. Y (Massoneria) La
figura di P. è stata introdotta nel Rituale Massonico per il passaggio al grado
di Compagno d’Arte, insieme a quelle di Mosé, Platone, Ermete Trismegisto e
Pitagora, nel quadro posto a Settentrione del Tempio. Il Rituale stesso li
definisce simboli della continuità, attraverso i tempi, della Tradizione
Iniziatica.
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