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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «01844»

TERMINE: SACRIFICIO
DEFINIZIONE:

Termine che definisce l’offerta di doni ad un dio, ad un essere umano divinizzato come ad un defunto, un evento presente in tutte le religioni. Attraverso la rinuncia ad un proprio bene, che viene offerto o bruciato sul fuoco, si intende rinsaldare, come anche restaurare, un rapporto di comunione con l’essere a cui il S. è dedicato. L’oggetto del S. è reso sacro dallo stesso atto sacrificale. La pratica del S. generalmente prevede tre diverse fasi: · la preparazione in luogo consacrato, effettuata con particolari riti, la consacrazione della vittima e la purificazione del celebrante; · l’azione, ovvero l’uccisione rituale della vittima; · l’uscita, comprendente la desecrazione degli strumenti del rito. Mentre per la teoria animistica il S. è un dono dell’offerente per ottenere in cambio benefici, e per quella totemistica è all’origine un fenomeno di comunione, secondo altri è un dono vivente, offerto alla divinità quando l’uomo deve usare i frutti della terra. Presso i popoli primitivi il S. assume soprattutto la forma di offerta alla divinità delle primizie del raccolto o della caccia, riconoscendo il potere e la proprietà del dio sulle cose, di cui si riscatta l’uso proprio attraverso il S. Presso le culture che riconoscono il sangue come sede della forza vitale, si sviluppa il S. cruento con uccisione di animali e uomini. L’offerta di S. umani avviene in varie forme, tra cui l’antropofagia come conclusione di un’uccisione rituale, destinata a mantenere od a ripristinare l’ordine cosmico. Il S. umano può anche assumere la forma di accompagnamento di un defunto nell’al di là (da parte di mogli o schiavi) o del ristabilimento dell’ordine turbato da azioni sacrileghe, come presso Balti, Slavi e Germani, che seppellivano gli omicidi con il cadavere della vittima. In India la casta sacerdotale brahminica aveva la specifica funzione di celebrare i S. Nel Rgveda il S. è indicato come lo strumento fondamentale per impetrare grazie e benefici dalla divinità. L’ascetismo indiano pre-buddista predicava l’autosacrificio celebrato con la morte nel fuoco, in base alla credenza che il fuoco e la fiamma avessero il potere di rendere gli asceti superiori agli dei stessi o capaci di ottenere grandi benefici. Presso gli Iranici, prima della riforma di Zoroastro, erano diffusi i S, di animali, ma anche l’offerta di fiori e frutta. In seguito si offrì il succo dell’heoma, un liquore inebriante, agli dei celesti e terrestri, a Zarathustra ed agli spiriti dei morti. Presso i popoli semitici il S. consisteva nell’offerta fatta a dio di incensi, cibi e bevande; talvolta i S. erano cruenti, con l’uccisione di animali ed anche di uomini. Anche nell’antica Grecia si verificavano S. incruenti (con l’offerta di primizie, focacce, libagioni di miele, vino, latte, olio o combustione di profumi) oppure cruenti (uccisione di buoi, capre, pecore, maiali od altri animali commestibili). Il sacerdote, coperto di infule e talvolta inghirlandato di fiori, sgozzava la vittima, lasciando colare il sangue sull’ara; le viscere e altre parti del corpo venivano bruciate in onore della divinità, poi sacerdoti ed astanti consumavano il resto. In origine forse anche i Greci praticavano S. umani, come farebbero pensare i miti di Ifigenia, Polissena, Eretteo e Codro. Analogamente, presso i Romani vi erano offerte incruente di farro, miele, vino, latte e focacce. Nei S, cruenti le vittime (tori, buoi, capre, pecore, a volte cani e pesci) non dovevano avere difetti fisici, e venivano dichiarate idonee al S. dopo un loro esame ufficiale. Plinio e Plutarco testimoniano l’esistenza anche di S. umani, sopravvissuti poi solo in forma simbolica. Durante la cerimonia degli Argei venivano buttati nel Tevere ventisette fantocci di paglia, sostituti di antiche vittime umane. . Presso gli Ebrei antichi i S. erano offerti dal sacerdote, che operava per il sacrificante, nei templi più antichi sull’altare, in varie località del paese, più tardi nel solo tempio di Gerusalemme. Vi si praticavano giornalmente tre S.: il quotidiano, il vespertino ed il mattutino. Nell’Antico Testamento il S., atto di obbedienza e mezzo di espiazione, è considerato una forma di comunione tra il sacrificante e Dio, mentre è assente l’idea, diffusa nel mondo semitico, che esso servisse ad alimentare la divinità. Per il cristianesimo, nel S. dell’eucarestia si verifica l’identità della vittima sacrificale con la divinità; la consumazione del corpo di Cristo rappresenta l’incontro mistico tra Dio e la comunità dei fedeli.

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