DEFINIZIONE:
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Profanazione di un atto di culto, di oggetti o di persone investite
di carattere sacro. Costituisce il più grave dei peccati, in quanto
contaminazione del sacro (v.). Presso i popoli primitivi, S. era la violazione
di un divieto sacro (v. tabù): come l’offesa fatta al totem (v.) del gruppo. In
quanto offesa al sacro, il significato di S. è legato all’ambiguità della
nozione del sacro: p. es. presso i Lapponi è insieme azione gloriosa e colpa da
espiare, per cui il cacciatore viene recluso in un ambiente dove si purifica
camminando in cerchio intorno ad un fuoco, prima d’essere riammesso nella
comunità. Anche più tardi, nella gnosi e nella mistica ebraica, si riscontrano
forme di antinomismo, per cui la violazione della Legge sacra è anche la via di
elezione verso la più alta e perfetta forma di santità (seguaci di Carpocrate;
Sabbatai Zewi, v. Sabbatianismo); il S. si qualifica così come violazione della
legge, ma anche come assunzione in sé dell’elemento sacro. Tale ambiguità è
presente anche nel mito di Edipo che, dopo il parricidio e l’incesto sacrileghi,
entra nel territorio di Atene in posizione di proscritto, ma anche come fonte di
benefici. Successivamente il S. assume significato prevalentemente negativo.
Tipici sacrilegi sono il furto di oggetti sacri, l’ingresso il luoghi proibiti
(moschee per l’Islam, il Sancta Sanctorum del tempio per gli Ebrei), la presenza
di profani alle cerimonie riservate agli adepti (culti misterici), l’uso
cultuale di elementi impuri, la mancata osservanza dei rituali, la violazione di
tombe e del diritto di asilo. Presso gli antichi Greci e Romani, in relazione al
carattere statale della religione, il S. era punito con la morte o con l’esilio.
Nell’Antico Testamento si comminava la pena di morte ai violatori del sabato
ebraico (v.). Il diritto canonico cattolico distingue tre tipi di S.: reale, che
consiste nella profanazione di cose sacre; personale, che consiste nella
profanazione e nel trattamento indegno di persone sacre; locale, consistente
nella profanazione di luoghi sacri (chiese, cimiteri, ecc.). Il Corpus Iuris
Canonici stabilisce pene gravissime contro chi commette S. Nel campo del
diritto, in quello romano il termine sacrilegium indicava il furto di cosa
sacra. Mentre nell’età più antica era considerato delitto contro la divinità,
assunse gradatamente il carattere di reato contro un interesse della comunità e,
nel diritto imperiale, fu concepito come furto qualificato. Solo nel tardo
impero assunse il significato attuale.
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