DEFINIZIONE:
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Terzo re di Israele (065-928 a.C.),
figlio di Davide e Betsabea: Proclamato successore del padre in seguito ad una
congiura di palazzo ordita ai danni del fratellastro Adonia, ebbe un lungo regno
di pace. Con abilità politica concretò alleanze con il re d’Egitto (ne sposò la
figlia), con Fenicia, Ammon ed Arabia. Stabilì un’efficiente amministrazione a
scopo difensivo ed erariale, dividendo il territorio dello stato in dodici
distretti, come le tribù giudaiche. Costruì varie città fortificate come Gezer,
Beth Horan, Hazor e Megiddo. A Gerusalemme fece innalzare il palazzo reale ed il
famoso Tempio, centralizzando così il culto. S. fu un vero principe orientale;
unì alla saggezza di giudice e letterato la capacità di accentramento politico;
promosse un notevole movimento commerciale, sfruttando le miniere di rame di
Etzion Geber e stabilendo scambi con i paesi confinanti. A questi aspetti
positivi si contrapposero però il sistema impositivo troppo gravoso, il lusso
smodato, le numerose concubine, e la corte corrosa dalle congiure. Il
malcontento sociale ed il non sopito spirito tribale provocarono alla sua morte
la scissione del suo dominio in due regni: Giuda a NE ed Israele a SO. S. ebbe
fama di uomo giusto e di letterato: gli sono state attribuite molte opere
bibliche ed apocrife, come il Cantico dei Cantici, l’Ecclesiaste, i Proverbi, la
Sapienza, i Salmi e le Odi. Nella letteratura rabbinica e cristiana S. è
protagonista di molte leggende. Nel Medioevo fu considerato un mago, mentre nel
Corano appare come dominatore dei demoni, simbolo dell’uomo che sa controllare i
propri impulsi inferiori, e precursore di Maometto. Al riguardo i versetti della
Sura XXXIV (12-13) evidenziano come egli seppe imporre ai demoni (ginn) di
cooperare nella lavorazione del rame ed in varie opere costruttive Y
(Massoneria) Nell’impianto massonico S è stato inserito come simbolo,
considerandone il ruolo di committente del Tempio, ed alla sua funzione
simbolica di ordinatore dell’Arte e, per estensione, del mondo intero. Re di
saggezza e di pace, è l’immagine del sovrano universale, nel quale regalità e
sacerdozio sono indissolubilmente saldati, ed ha il suo prototipo in
Melkitzedek, sovrano di Salem, che appare solo fugacemente nella Genesi. La
tradizione templare (XII secolo) gli ha accostato la regina di Saba, e dalla
loro unione sarebbe nato Menelik, salvatore dell’Arca dell’Alleanza (v.), poiché
da lui trasportata nella lontana Etiopia, ove si troverebbe tuttora. L’alchimia
medievale utilizzò il simbolo di S. per indicare la sapientia che feconda la
materia prima purificata (rappresentata dalla biancovelata regina i Saba),
dunque come partner nelle nozze chimiche. Tale interpretazione alchemica del
grande saggio israelita trova pieno riscontro nella tradizione esoterica
ebraica, ad esempio nello Zohar (III, 107a), dove a proposito dei simboli
salomonici della Rosa di Sharon e del Giglio delle Valli (Cant, 2: 1) si afferma
che essi rappresentano rispettivamente la comunità dell’Israele spirituale,
ricettacolo della presenza divina nel mondo, prima e dopo la congiunzione con il
suo Re (Dio). La Massoneria appare così l’ultima fruitrice in ordine di tempo di
un simbolo biblico antropico in cui la regalità spirituale si coniuga ad
un’esuberante fecondità e ad una proiezione universale; tali caratteristiche
fanno di S. uno strumento offerto esotericamente al mistico, perché, superata la
contingenza fenomenica, vi scorga un messaggio utile all’evoluzione del Sé.
Fuori da quest’accezione c’è solo la vicenda, più o meno illuminata o
grossolana, di un despota mediorientale i cui costumi ed il cui comportamento
spiazzerebbero oggi i parametri morali dei più. Occorre infine ricordare il
cosiddetto Sigillo di S., definito anche Scudo di Davide, costituito da due
triangoli equilateri intrecciati, uno bianco con vertice rivolto verso l’alto ed
uno nero con vertice verso il basso, che formano così l’Esagramma (v.), simbolo
dell’Arco Reale, dello stato d’Israele e più genericamente dell’ebraismo.
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