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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «01903»

TERMINE: SCISMA
DEFINIZIONE:

Termine derivato dal greco scisma, fenditura, spaccatura, scissione. Nell’ambito della dottrina cristiana, significa rottura dell’unità ecclesiale, secondo la definizione di Ireneo (Adversus haereses 4, 33, 7), determinata dal prevalere di interessi particolari sull’unità della Chiesa e l’amore fraterno tra i fedeli. Talvolta lo S. è connesso all’eresia (v.), ma non sempre. Infatti la ribellione può toccare il solo campo disciplinare, senza intaccare il dogma. I primi S. si verificarono in seguito al dibattito religioso ed alle controversie dottrinali dei primi secoli; tra il IV ed il V secolo si ebbe la separazione dei donatisti, degli ariani e dei monofisiti che, pur allontanando una parte dei credenti dalla comunità cristiana, non compromisero l’unità e la stabilità della Chiesa. Ma durante le controversie sul monofisismo, si determinarono le premesse di una separazione ben più grave tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Quando nel 482 l’imperatore Zenone fece pubblicare l’Henoticon (editto di unione) per conciliare ortodossi e monofisiti, il patriarca di Costantinopoli rese vano il tentativo di pacificazione, originandola prima vera frattura tra chiesa romana ed orientale (S. di Acacio, 482-519), riaffermata dall’appoggio dato dall’imperatore Costante II al monotelismo, con la pubblicazione del Tipo o Regola intorno alla fede (648) e dalla successiva lotta iconoclasta. Le cause dello S. d’Oriente furono molteplici: contrasti dottrinali, tendenza dei patriarchi di Costantinopoli ad emanciparsi dalla guida del papa di Roma, tensioni politiche che opposero gli imperatori orientali alla dinastia franca che, appoggiata dal papato, non nascondeva le mire espansionistiche verso Oriente. Imperatori e patriarchi operarono in senso convergente, per determinare lo S. che si svolse in due tempi: dapprima si ebbe lo S. temporaneo (881- 886), in seguito lo S. definitivo (1054). Nell’857 il patriarca di Costantinopoli Ignazio, e3nergico oppositore della politica corrotta della corte, venne messo al bando e sostituito da Fozio, legato alla famiglia imperiale, il quale, nonostante la fedeltà del popolo al legittimo pastore, con pressioni e minacce riuscì a farsi riconoscere patriarca nel sinodo di Costantinopoli. Ignazio allora si appellò a Nicolò I, che dichiarò illegittima la nomina di Fozio, privandolo di ogni dignità ecclesiastica. (863). Fozio reagì, convocando tutte le chiese d’Oriente ad un concilio generale, che dichiarò decaduto Nicolò I e comminò la scomunica a quanti l’avevano seguito. Fra le accuse rivolte alla Chiesa d’Occidente da parte di Fozio vi era quella di eresia per l’introduzione nel Credo dell’espressione filioque, e quindi della tesi che lo Spirito procede non solo dal Padre, come affermavano alcune chiese orientali, ma anche dal Figlio. Dopo aver inutilmente tentato di coinvolgere nella disputa l’imperatore germanico Lotario II, Fozio venne relegato in un convento, ed Ignazio, ripreso possesso della cattedra vescovile, convocò a Costantinopoli un concilio ecumenico, che condannò Fozio e riconobbe definitivamente la legittimità della carica di Ignazio (877). Dopo la morte di Ignazio (877), Fozio riuscì ad installarsi di nuovo nella sede patriarcale con l’approvazione di Giovanni VIII, quindi indisse un sinodo che disconobbe le conclusioni del precedente concilio ecumenico. Nell’886 l’imperatore Leone fece rinchiudere Fozio in un convento, dove morì nell’891. Ma in seguito, a causa del quarto matrimonio dell’imperatore Leone, si rinfocolarono i contrasti tra Oriente ed Occidente, finché il patriarca Michele Cerulario determinò lo S. definitivo, facendo chiudere tutte le chiese ed i monasteri di rito latino, e riaffermando le accuse dottrinali contro la chiesa d’occidente. Nel 1954 Leone IX scomunicò il patriarca ed i suoi seguaci, i quali a loro volta scomunicarono il papa di Roma, rendendo irreparabile lo S. Nel XIV-XU secolo un altro grande S. minacciò la Chiesa d’occidente. Alla morte di Gregorio IX (1378), che aveva posto fine alla cattività avignonese riportando la sede pontificia a Roma, i cardinali romani chiesero l’elezione di un papa italiano come garanzia della presenza papale a Roma. Ma l’eletto, il vescovo di Bari Bartolomeo Prignano, divenuto papa con il nome di Urbano VI, per la sua politica assolutistica suscitò molte opposizioni, che sfociarono nella nomina di un antipapa nella persona di Roberto di Ginevra, il quale, assunto il nome di Clemente VII, stabilì di nuovo la sua sede ad Avignone. Seguì un periodo di grande confusione per la Chiesa occidentale, divisa tra due curie e due obbedienze. Neppure la morte dei due pontefici riportò l’unità: il Sacro Collegio di Roma elesse successivamente Bonifacio IX (1389-1404), Innocenzo VII (1404-06) e Gregorio XII (1406-15); quello di Avignone Benedetto XIII (1394-1417). Una nuova complicazione venne quando, per porre fine allo S., fu riunito il concilio di Pisa (1409) dal quale, anziché la pacificazione, venne fuori un terzo pontefice, Alessandro V (1409-10), a cui successe Giovanni XXIII (1410-15). Con l’appoggio dell’imperatore Sigismondo d’Ungheria, Giovanni XXIII convocò un concilio a Costanza (1414-18) con l’intento di estirpare l’eresia hussita (v.) che si stava diffondendo in Boemia, di mettere fine allo S. e di operare una profonda riforma della Chiesa, il cui prestigio era stato molto scosso dagli avvenimenti confusi degli ultimi anni. Gregorio e Benedetto non si presentarono a Costanza, ed anche Giovanni, che pure aveva convocato il concilio con l’illusione di uscirne vittorioso, fuggì da Costanza per l’ostilità che si era creata intorno a lui a causa delle sue pretese di dominio. Il concilio continuò sotto la presidenza a turno dei cardinali, che costrinsero Giovanni XXIII a ricomparire per essere processato e deposto (1415). Allora Gregorio XII rinunciò al papato per far cessare lo S., mentre Benedetto XIII, irremovibile nella difesa della sua carica, venne pure deposto dal concilio (1417). L’11.11.1417 il conclave elesse il nuovo pontefice Martino V, mettendo così fine al lungo S., e riportando ordine nella vita della Chiesa. Ma i pericoli suscitati dall’affermazione dell’autorità assoluta dei pontefici e dai conseguenti abusi, indussero i cardinali riuniti a costanza a stabilire l’indizione periodica di concili che controllassero l’operato del papa, rivendicando la superiorità di ogni decisione dogmatica e dottrinale.

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