DEFINIZIONE:
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Termine derivato dal greco scisma, fenditura, spaccatura, scissione.
Nell’ambito della dottrina cristiana, significa rottura dell’unità ecclesiale,
secondo la definizione di Ireneo (Adversus haereses 4, 33, 7), determinata dal
prevalere di interessi particolari sull’unità della Chiesa e l’amore fraterno
tra i fedeli. Talvolta lo S. è connesso all’eresia (v.), ma non sempre. Infatti
la ribellione può toccare il solo campo disciplinare, senza intaccare il dogma.
I primi S. si verificarono in seguito al dibattito religioso ed alle
controversie dottrinali dei primi secoli; tra il IV ed il V secolo si ebbe la
separazione dei donatisti, degli ariani e dei monofisiti che, pur allontanando
una parte dei credenti dalla comunità cristiana, non compromisero l’unità e la
stabilità della Chiesa. Ma durante le controversie sul monofisismo, si
determinarono le premesse di una separazione ben più grave tra la Chiesa
d’Oriente e quella d’Occidente. Quando nel 482 l’imperatore Zenone fece
pubblicare l’Henoticon (editto di unione) per conciliare ortodossi e monofisiti,
il patriarca di Costantinopoli rese vano il tentativo di pacificazione,
originandola prima vera frattura tra chiesa romana ed orientale (S. di Acacio,
482-519), riaffermata dall’appoggio dato dall’imperatore Costante II al
monotelismo, con la pubblicazione del Tipo o Regola intorno alla fede (648) e
dalla successiva lotta iconoclasta. Le cause dello S. d’Oriente furono
molteplici: contrasti dottrinali, tendenza dei patriarchi di Costantinopoli ad
emanciparsi dalla guida del papa di Roma, tensioni politiche che opposero gli
imperatori orientali alla dinastia franca che, appoggiata dal papato, non
nascondeva le mire espansionistiche verso Oriente. Imperatori e patriarchi
operarono in senso convergente, per determinare lo S. che si svolse in due
tempi: dapprima si ebbe lo S. temporaneo (881- 886), in seguito lo S. definitivo
(1054). Nell’857 il patriarca di Costantinopoli Ignazio, e3nergico oppositore
della politica corrotta della corte, venne messo al bando e sostituito da Fozio,
legato alla famiglia imperiale, il quale, nonostante la fedeltà del popolo al
legittimo pastore, con pressioni e minacce riuscì a farsi riconoscere patriarca
nel sinodo di Costantinopoli. Ignazio allora si appellò a Nicolò I, che dichiarò
illegittima la nomina di Fozio, privandolo di ogni dignità ecclesiastica. (863).
Fozio reagì, convocando tutte le chiese d’Oriente ad un concilio generale, che
dichiarò decaduto Nicolò I e comminò la scomunica a quanti l’avevano seguito.
Fra le accuse rivolte alla Chiesa d’Occidente da parte di Fozio vi era quella di
eresia per l’introduzione nel Credo dell’espressione filioque, e quindi della
tesi che lo Spirito procede non solo dal Padre, come affermavano alcune chiese
orientali, ma anche dal Figlio. Dopo aver inutilmente tentato di coinvolgere
nella disputa l’imperatore germanico Lotario II, Fozio venne relegato in un
convento, ed Ignazio, ripreso possesso della cattedra vescovile, convocò a
Costantinopoli un concilio ecumenico, che condannò Fozio e riconobbe
definitivamente la legittimità della carica di Ignazio (877). Dopo la morte di
Ignazio (877), Fozio riuscì ad installarsi di nuovo nella sede patriarcale con
l’approvazione di Giovanni VIII, quindi indisse un sinodo che disconobbe le
conclusioni del precedente concilio ecumenico. Nell’886 l’imperatore Leone fece
rinchiudere Fozio in un convento, dove morì nell’891. Ma in seguito, a causa del
quarto matrimonio dell’imperatore Leone, si rinfocolarono i contrasti tra
Oriente ed Occidente, finché il patriarca Michele Cerulario determinò lo S.
definitivo, facendo chiudere tutte le chiese ed i monasteri di rito latino, e
riaffermando le accuse dottrinali contro la chiesa d’occidente. Nel 1954 Leone
IX scomunicò il patriarca ed i suoi seguaci, i quali a loro volta scomunicarono
il papa di Roma, rendendo irreparabile lo S. Nel XIV-XU secolo un altro grande
S. minacciò la Chiesa d’occidente. Alla morte di Gregorio IX (1378), che aveva
posto fine alla cattività avignonese riportando la sede pontificia a Roma, i
cardinali romani chiesero l’elezione di un papa italiano come garanzia della
presenza papale a Roma. Ma l’eletto, il vescovo di Bari Bartolomeo Prignano,
divenuto papa con il nome di Urbano VI, per la sua politica assolutistica
suscitò molte opposizioni, che sfociarono nella nomina di un antipapa nella
persona di Roberto di Ginevra, il quale, assunto il nome di Clemente VII,
stabilì di nuovo la sua sede ad Avignone. Seguì un periodo di grande confusione
per la Chiesa occidentale, divisa tra due curie e due obbedienze. Neppure la
morte dei due pontefici riportò l’unità: il Sacro Collegio di Roma elesse
successivamente Bonifacio IX (1389-1404), Innocenzo VII (1404-06) e Gregorio XII
(1406-15); quello di Avignone Benedetto XIII (1394-1417). Una nuova
complicazione venne quando, per porre fine allo S., fu riunito il concilio di
Pisa (1409) dal quale, anziché la pacificazione, venne fuori un terzo pontefice,
Alessandro V (1409-10), a cui successe Giovanni XXIII (1410-15). Con l’appoggio
dell’imperatore Sigismondo d’Ungheria, Giovanni XXIII convocò un concilio a
Costanza (1414-18) con l’intento di estirpare l’eresia hussita (v.) che si stava
diffondendo in Boemia, di mettere fine allo S. e di operare una profonda riforma
della Chiesa, il cui prestigio era stato molto scosso dagli avvenimenti confusi
degli ultimi anni. Gregorio e Benedetto non si presentarono a Costanza, ed anche
Giovanni, che pure aveva convocato il concilio con l’illusione di uscirne
vittorioso, fuggì da Costanza per l’ostilità che si era creata intorno a lui a
causa delle sue pretese di dominio. Il concilio continuò sotto la presidenza a
turno dei cardinali, che costrinsero Giovanni XXIII a ricomparire per essere
processato e deposto (1415). Allora Gregorio XII rinunciò al papato per far
cessare lo S., mentre Benedetto XIII, irremovibile nella difesa della sua
carica, venne pure deposto dal concilio (1417). L’11.11.1417 il conclave elesse
il nuovo pontefice Martino V, mettendo così fine al lungo S., e riportando
ordine nella vita della Chiesa. Ma i pericoli suscitati dall’affermazione
dell’autorità assoluta dei pontefici e dai conseguenti abusi, indussero i
cardinali riuniti a costanza a stabilire l’indizione periodica di concili che
controllassero l’operato del papa, rivendicando la superiorità di ogni decisione
dogmatica e dottrinale.
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