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SEZIONE: « DIZIONARIO ESOTERICO »

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DIZIONARIO ESOTERICO SCHEDA N. «01952»

TERMINE: SILENZIO
DEFINIZIONE:

Mancanza assoluta di suoni, voci e rumori. Regola religiosa che impone di tacere e non produrre alcun rumore. Rappresenta una delle regole fondamentali dell'esoterismo. Y (Massoneria) La Libera Muratoria impone all’Apprendista il S. nel Tempio, soprattutto per agevolare la sua assimilazione dei principi e dei costumi, ovvero l'apprendimento lento e graduale attuato nell’osservazione e nell’ascolto di Tavole e dello scambio di opinioni dei Fratelli più anziani. Per ogni Libero Muratore il S. consiste nell’astenersi dal parlare inutilmente, per il semplice piacere narcisistico di sentire la propria voce o di manifestare la propria presenza, anche quando si è coscienti di non essere in grado di aggiungere alcunché di rilevante alla trattazione corrente. Occorre però aggiungere che qui si tratta del S. del cuore, consistente nel far tacere le passioni ed i giochi esasperati dell’immaginazione, nonché il pensiero foriero di utilità o costruttività nei confronti degli eventi, delle cose e degli esseri. Anche questo è un aspetto compreso nell’esclusione dei metalli dal Tempio, requisito indispensabile per l’instaurazione della sacralità rituale, ovvero per la consacrazione dello stesso Tempio. Cos’è dunque il S.? Una semplice condizione ambientale che possiamo creare e mantenere? Oppure si tratta di una condizione surreale, simile a quella descritta da certi professionisti subacquei arrivati a descrivere stati d’animo sperimentati nel S. assoluto degli abissi? Oppure si tratta di stati particolari d’animo, definiti con termini come timore, paura, sgomento, quiete, calma, distensione, contemplazione, riflessione e meditazione, per culminare magari in esaltazione, una condizione simile alla beatitudine se non addirittura alla felicità? Un antico proverbio recita che "A forza di tenere aperta la bocca, si sono chiuse le orecchie", un detto che nasconde una profonda verità. La parola è il mezzo ordinario di comunicazione fra gli esseri umani, è il veicolo d’ogni affetto che sottintende la relazione analitica. Proprio perché esprime e provoca questi affetti la parola, o certe parole, acquistano in particolari circostanze significati particolari. Un valido psicanalista, Nacht, ammonisce che "come la parola unisce accomunando gli uomini, per l’inconscio dell’individuo può diventare quanto separa più profondamente". Realizzare il S. non è né facile né infantile, specie nel corso di questa nostra esistenza satura di rumori di varia natura, esterna ed interiore. Mentre non è facile la soppressione di quelli esterni, risulta ancor più difficoltosa l’eliminazione degli interni, dovuti a sensazioni, sentimenti e pensieri. Quanti sperimentano la concentrazione sanno però bene come Un esempio forse banale il ronzio della mosca come lo scricchiolio d’un mobile siano percepiti come il rombo di un cannone. Al contrario piccoli pensieri ed emozioni acquistano una particolare importanza. Per conseguire il vero S., che nulla ha da spartire con il S. di chi tace perché ha la mente vuota o perché teme di sbagliare, occorre sforzarsi di praticare, di operare ogni giorno. Se parliamo non possiamo udire. Bisogna far tacere le nostre voci, spogliarci dei pregiudizi e trovare la capacità di ascoltare con mente e cuore assolutamente liberi. Le tecniche di concentrazione sono innumerevoli, ma la più diffusa e certo quella Yoga (v.). Infatti il termine sanscrito Yoga significa unione, non solo con il divino, ma integrazione con sé stessi, col proprio Io interiore, ovvero con la nostra componente spirituale e creativa. Lo Yoga distingue quattro diversi stati di coscienza: 1) Stato di veglia; 2) Stato di sogno; 3) Stato di sonno profondo; 4) Stato Turiya, che è l’unione dei primi tre. A parte le modalità e le difficoltà di realizzazione, risulta evidente che ad ogni stato di coscienza corrisponde un livello di S.. Quanto più si riesce a raggiungere livelli di coscienza profondi, tanto più creativa diventa la condizione di S. acquisita. "La parola crea comunicazione, mentre il S. crea comunione". Lo stato di meditazione può essere definito condizione psico fisiologica di attività passiva e di quiete creativa. Non si tratta di una definizione oscura o contraddittoria, trattandosi di una parte della mente che viene mantenuta sospesa, in attesa passiva del materiale che le perverrà da un’altra parte che, in apparenza, costituisce la componente attiva. Solo apparentemente però, poiché in realtà è proprio l’atteggiamento di attesa che si dimostra in certo qual modo attivo, stimolando l’emergere (passivo) ed il fluire del materiale associativo. Il S. ha come base questa contraddizione di opposti, tipica dell’essere umano, perché il semplice rilassamento porta inevitabilmente al sonno. Il voler restare svegli ad ogni costo fa perdurare lo stato cosciente, non consentendo allo stato cosciente stesso di arrivare al S.. Il segreto sta nel saper oscillare continuamente tra uno stato di veglia ed uno di sonno, fino a trovare un equilibrio stabile tra le due opposte condizioni. Analizzando lo sviluppo umano, si nota che esso non è altro che un continuo progresso dal sonno. Da quello quasi continuato del neonato si va verso un progressivo risveglio della coscienza, alla crescita dell’Io corrisponde sempre una diminuzione della necessità di dormire. L’iniziato è anche definito risvegliato, perché ha la capacità quasi mai sfruttata di restare sempre sveglio, anche nel sonno, anche se questa è una condizione essenzialmente diversa dal semplice essere sveglio. È un vero salto di qualità, un vivere contemporaneamente a due livelli diversi. Questa necessità di equilibrio fra due opposti è stata espressa nella Tradizione iniziatica con vari simboli. Uno dei più conosciuti è il Caduceo ermetico, rappresentazione grafica della teoria indù della Kundalini (v.), l’energia sessuale che, destata con opportuni esercizi, risale lungo la colonna vertebrale lungo due opposti canali che si incrociano nei centri sottili, appunto come il caduceo. Altro simbolo è costituito dall’Androgino ermetico, dal Rebis di Basilio Valentino, in cui natura maschile e femminile, positivo e negativo, materiale e spirituale, sono perfettamente bilanciati. Vi è un ulteriore simbolo, forse ancor più semplice e noto. In questo gli opposti sono graficamente rappresentati da due segmenti che si incrociano, uno orizzontale esprimente la passività ed il materialismo, e l’altro verticale esprimente l’attività e la spiritualità. Si tratta del simbolo della croce, dai molteplici significati ben noti a tutte le scuole iniziatiche.

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