DEFINIZIONE:
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Dal cinese tao, via della felicità, retto cammino, principio, metodo,
ordine universale. Rappresenta il concetto fondamentale del pensiero filosofico
cinese. Tao indica il flusso che forma la realtà, muovendosi tra due principi
opposti, quello femminile dello Yin (v.), passivo e freddo, e quello maschile
dello Yang (v.), attivo e caldo. È il sistema filosofico sviluppatosi in Cina
nel VI secolo a.C., dal quale ebbe poi origine una religione. Fondatore del T. è
comunemente ritenuto Lao-tzu, cui si attribuisce la tzu, cioè la redazione del
Tao-te-ching (v.). Altri grandi rappresentanti del T. furono Chuang-tzu (IV
secolo a.C.) e Lieh- (III secolo a.C.). La trasformazione del T. da filosofia a
religione organizzata è opera di ChangTao-ling (I-II secolo d.C.). Il T. si
presenta come una concezione individualistica, il cui fine è la conservazione
dell'esistenza del singolo, evitando ogni possibile danno alla propria persona
attraverso la fuga dal mondo ed il ritiro a vita eremitica. Nel Tao-te-ching
sono aforisticamente esposte le regole dell'autoconservazione, in base ai
principi della prudenza, dell'umiltà, delle modeste pretese e del disinteresse
per i beni mondani. Concetto base è quello del wu-wei, la non volontà e
l'inazione, che ognuno può raggiungere attraverso lo svuotamento di sé, ovvero
il disimpegno di fronte a tutti i legami, i problemi ed i conflitti materiali,
che possono far entrare in contrasto con l'ordine cosmico portando
all'insuccesso, e quindi alla perdita della tranquillità personale. Per questo
il governante saggio non si preoccupa di istituire molte leggi e divieti, ma
prende solo le iniziative indispensabili, lasciando al popolo la libertà di fare
ciò che vuole. Per conseguire la perfezione interiore l'individuo vivente deve
dare valore soltanto a sé stesso, e non agli oggetti della sua esperienza,
condannati a restargli irrimediabilmente estranei. All'epoca delle grandi lotte
tra i regimi feudali (IV-III secolo a.C.) il T. costituì un momento di
opposizione contro la logica del predominio. Al tempo della dinastia Han (206
a.C.-220 d.C.) il T. si sviluppò, raccogliendo nuovi fedeli con la promessa
della vita eterna, conseguibile in questa vita attraverso pratiche di vario tipo
(alchemiche, dietetiche, ginnastiche, respiratorie e sessuali) capaci di
sostituire gli organi corruttibili con altri immortali. Sotto l'influenza del
buddhismo, il T. si organizzò in forme conventuali, favorito dai governanti che
intendevano opporre una religione indigena alla penetrazione del buddhismo
straniero. In seguito gli imperatori della dinastia T'ang (618-907) aderirono al
T., ed anche la rinascita del confucianesimo (v.) avvenne grazie alla simbiosi
con elementi fondamentali della dottrina taoistica. L'alto clero del T.
osservava il celibato, e faceva vita conventuale nelle grandi città od in
monasteri, mentre il basso clero praticava le arti divinatorie. Tutti si
dichiaravano dipendenti dal T'ien-shish (maestro del cielo), che risiedeva su un
monte nell'interno della Cina. Con l'avanzata delle lotte rivoluzionarie cinesi
il T. entrò in progressiva decadenza. Il suo pensiero ebbe grande influenza
sull'arte e sulla religione cinese, trasmettendovi il senso dell'individualismo,
il disprezzo della vita materiale, e soprattutto l'esercizio dell'ironia come
arte del distacco dalle caduche cose del mondo.
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