DEFINIZIONE:
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Detto anche Trimegisto, termine avente il significato di tre volte
grandissimo. Epiteto riferito ad Ermete, dal greco Hermes, per i latini
Mercurio, che sarebbe il nome attribuito dai Greci antichi a Thoth, il Dio
egizio lunare, patrono delle scienze, e considerato l’inventore della scrittura
geroglifica (v.), detta "Parola Divina". Era raffigurato antropomorfo, simile
all’uomo, con il capo dell’ibis, uccello a lui consacrato, e portava sul capo il
crescente lunare. Ermete Trismegisto (Hermes Trismegistos), considerato dai
filosofi stoici la personificazione della parola, o logos, in cui si racconta
una Cosmogonia accentrata sulla creazione dell'uomo, tendente a chiarire la sua
condizione attuale di incarnato vivente, nonché la condizione imprescindibile
per la sua totale e definitiva liberazione spirituale, ovvero al completamento
della sua "evoluzione", conseguibile soltanto attraverso la reale e completa
conoscenza della natura propria e di quella Divina. Sembra ormai accettato dagli
studiosi il fatto che Ermete sia vissuto in Egitto, "forse" come uomo, nei tempi
primordiali, probabilmente all'inizio delle prime dinastie, quindi molti secoli
prima di Mosé. Alcuni lo inquadrano addirittura come contemporaneo di Abramo.
Secondo alcune antiche tradizioni ebraiche, Abramo avrebbe addirittura attinto
da Ermete buona parte delle conoscenze mistiche per cui ci è noto. Resta il
fatto che l'intera cultura, tradizione e teologia dell'antico Egitto sono
impregnate dalla saggezza della sua dottrina, adottata e diffusa poi in tutto il
mondo conosciuto alcuni millenni prima della nostra era. Ermete risulta essere
un nome generico, designante al contempo un uomo, una casta ed un Dio. Come
uomo, Ermete T. viene considerato grande iniziato e primo grande iniziatore
dell’Egitto. Come casta, rappresenta il sacerdozio, depositario delle Tradizioni
più occulte. Come Dio, egli è Mercurio, assimilato ad una categoria di spiriti
iniziatori divini, così da presiedere alla regione sovraterrestre
dell’iniziazione celestiale. Tutte queste cose, nell’economia spirituale del
mondo, sono legate insieme da un filo invisibile, da affinità segrete, ed il
nome Ermete T. é talismano che li riassume, come pure suono che lo evoca. È da
questo peculiare aspetto che trae origine il suo immenso prestigio. Ermete T.,
tre volte maestro, veniva così definito dagli antichi greci, discepoli degli
Egizi, poiché riconoscevano in lui il Re, il Legislatore ed il Sacerdote,
avendolo eletto a simbolo dell’epoca magica in cui sacerdozio, legislatura e
regalità si trovavano raggruppate in un unico corpo di governo. Un fenomeno
unico nella storia dell’uomo, caratteristica di un’era che Manetone ha definito
"Regno degli Dei". Gli Egizi attribuivano ad Ermete T. ben 42 volumi, tutti
trattanti la scienza occulta, quale la dottrina del Fuoco-principio e del
Verbo-luce, racchiusa nella sua visione che resterà centro e vetta della stessa
iniziazione egizia. Sarebbero libri concernenti l’astrologia, la magia e la
filosofia religiosa (teosofia), tutte branche misteriose attribuite od almeno
rivelate da Ermete T., tramandate in termini oscuri, il cui pensiero risulta
sempre di ardua penetrazione. Rivelano comunque un sicuro rapporto tra
l’Ermetismo e lo sviluppo della Gnosi, pagana prima e cristica poi. Secondo
Maspero, la teologia risulta decisamente e rigidamente monoteista in tutti i
testi risalenti ai tempi dell’antico impero, quindi anche nella dottrina
ermetica. Dio è l’Uno unico, esiste per essenza ed è il solo che viva in
sostanza. È il solo generatore nel cielo e sulla terra che non sia generato.
Padre, madre e figlio ad un tempo, egli genera, partorisce e perpetuamente è.
Suoi principali attributi sono immensità, eternità, indipendenza, onnipotenza ed
illimitata bontà. Edoardo Schuré nel suo dotto volume "I grandi Iniziati", cita
quanto Asclepio, discepolo di Ermete, ci trasmette degli insegnamenti del tre
volte Maestro: "Nessuno dei nostri pensieri potrebbe mai concepire Dio, così
come nessuna lingua può definirlo. Incorporeo, invisibile, senza forma,
inconcepibile da parte dei sensi. La breve regola del tempo non può misurare
l’Eterno. Egli è ineffabile, e può infondere a pochi eletti la facoltà di
trascendere le cose naturali, e percepire il lontano irradiarsi della sua
suprema perfezione. Quegli eletti non sapranno mai trovare parola alcuna per
tradurre in linguaggio comprensibile ai più la visione immateriale che li ha
resi esultanti nella Luce. Potranno unicamente spiegare all’umanità le cause
secondarie della Creazione, che passano sotto i loro sguardi come immagini della
vita universale, ma la causa prima resterà celata nelle loro menti e nei loro
cuori, essendo comprensibili unicamente attraverso la morte". La morte del
Maestro vi viene descritta come la dipartita di un Dio: "Vide Ermete l’insieme
delle cose, e avendo veduto comprese, avendo compreso aveva il potere di
manifestarsi e rivelarsi. Quel che pensò egli scrisse, quel che scrisse in gran
parte nascose, tacendo con saggezza pur parlando, affinché l’umanità futura
ricercasse queste cose. Poi, ordinato ai suoi fratelli Dei di fargli da scorta,
egli salì alle stelle". Quando si accenna ad Ermete T., non si può ignorare la
famosa "Tavola di Smeraldo" (v.) a lui attribuita, nota anche come smeraldina o
smaragdina. Come precedentemente accennato, dal concetto filosofico scaturito
dai principi enunciati da Ermete T., è nata un'importante dottrina di natura
profondamente esoterica, nota come Ermetismo (v.).
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